Attenzione massima e cautela, perché si tratta di un’ipotesi controversa, preliminare, tutta da verificare. E soprattutto pericolosa, come chiariscono gli esperti dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Lo spiega bene su Today Violetto Gorrasi: Ma andiamo con ordine. L’ipotesi sulle presunte proprietà “protettive” della nicotina, di cui parla il quotidiano francese Le Monde in questo articolo, è seguita ad uno studio condotto da un team di esperti dell’ospedale parigino La Pitié Salpêtrière. Secondo i dati preliminari della ricerca scaturita dall’osservazione clinica nell’ospedale parigino, il tasso di fumatori tra i pazienti infetti da Sars-CoV-2 su un campione di 350 pazienti con età media di 65 anni sarebbe molto basso, circa il 5% del totale.
Il quotidiano Le Monde cita anche uno studio cinese pubblicato alla fine di marzo sul New England Journal of Medicine che aveva preso in esame un campione di più di mille persone infette. Ne era emerso che la percentuale di fumatori fosse del 12,6%, molto inferiore, per esempio, rispetto alla percentuale di fumatori totali registrata in Cina (28%). Ora, per verificare le loro tesi preliminari, gli esperti dell’ospedale di Parigi condurranno alcuni test sperimentali con cerotti alla nicotina sul personale medico-sanitario e sui pazienti ricoverati. “Il nostro studio trasversale suggerisce che i fumatori hanno una probabilità molto più bassa di sviluppare un’infezione sintomatica o grave rispetto alla popolazione generale. L’effetto è significativo: il rischio è diviso per cinque per i pazienti ambulatoriali e per quattro per i pazienti ricoverati. Raramente lo vediamo in medicina”, scrivono gli autori dello studio francese, tra cui l’epidemiologa Florence Tubach.
Jean-Pierre Changeux, neurobiologo membro dell’Istituto Pasteur, osserva: “L’ipotesi è che fissandosi sul recettore cellulare utilizzato anche dal coronavirus, la nicotina gli impedisca o lo trattenga dal fissarsi, bloccando così la sua penetrazione nelle cellule e il suo propagarsi in tutto l’organismo”. Gli studiosi francesi ipotizzano che il “recettore nicotinico dell’acetilcolina” abbia un ruolo centrale nel propagarsi del coronavirus e sia all’origine della varietà di sintomi di Covid-19, tra cui la perdita dell’olfatto e disturbi neurologici. L’epidemiologa Florence Tubach aggiunge una precisazione importante: “Sulla base di questi risultati, per quanto robusti possano essere, non dobbiamo concludere che ci sia un effetto protettore del fumo di tabacco, che contiene molti agenti tossici. Solo la nicotina o altri modulatori del recettore della nicotina potrebbero avere un effetto protettivo, e mantengo il condizionale perché il nostro lavoro rimane di osservazione”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha voluto sgombrare il terreno da dubbi sul tema. “Il fumo danneggia i polmoni e altre parti del corpo e ti rende più vulnerabile all’infezione da Covid-19. E’ il momento giusto per smettere di fumare per salvaguardare la salute – sono le parole apparse sui vari canali social ufficiali dell’Oms -. L’industria del tabacco sta creando polemiche e confusione riguardo l’uso di nicotina e prodotti legati al tabacco e il Covid-19. Gli esperti sanitari hanno avvertito che i fumatori con Covid-19 probabilmente soffrono di condizioni più gravi rispetto agli altri e che queste potrebbero portare a morte prematura”.
Altro che effetto protettivo, dunque: il tabacco è tra i fattori di rischio aumentato di fronte ad un’infezione come il nuovo coronavirus che provoca gravi insufficienze respiratorie, come sottolineato a più riprese da medici e scienziati. “E’ pericoloso anche solo ventilare che una pessima abitudine, come il vizio del fumo, possa aiutare a fronteggiare quella che oggi è la principale emergenza epidemica”, ha detto all’Agi Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia. Anche il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità si erano espressi sul tema. In questo articolo apparso proprio sul sito del ministero, gli esperti hanno detto che “i fumatori potrebbero essere più vulnerabili a contrarre l’infezione da nuovo coronavirus rispetto ai non fumatori. Questa maggiore vulnerabilità deriverebbe dall’atto stesso del fumo: le dita, ed eventualmente le sigarette contaminate, arrivano a contatto con le labbra e questo aumenta la possibilità di trasmissione del virus dalla mano alla bocca”.
I fumatori, inoltre, a causa del fumo possono anche avere una malattia polmonare sottostante o una ridotta capacità polmonare e questo aumenterebbe notevolmente il rischio di sviluppare forme di malattia gravi, come la polmonite. Per mettere in guardia i fumatori, l’Istituto Superiore di Sanità ha realizzato un poster ad hoc (qui il link) con informazioni sui rischi che corrono di sviluppare forme gravi di Covid-19: secondo studi recenti condotti in Cina, segnala il poster, vi sarebbe un aumento significativo del rischio (di almeno tre volte) di sviluppare polmonite severa da Covid-19 in pazienti con storia di uso di tabacco rispetto a non fumatori. La certezza, dunque, è una sola: fumare fa male sempre, ancor di più ai tempi del nuovo coronavirus.
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