L’Ungheria lascia la Corte Penale Internazionale e Salvini applaude: “Scelta di libertà”
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L’Ungheria lascia la Corte Penale Internazionale e Salvini applaude: “Scelta di libertà”

Con un voto parlamentare atteso ma non per questo meno grave, oggi l’Ungheria ha ufficializzato il suo ritiro dalla Corte Penale Internazionale (CPI), segnando un nuovo punto di frizione tra Budapest e il diritto internazionale.

L’Ungheria lascia la Corte Penale Internazionale e Salvini applaude: “Scelta di libertà”
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29 Aprile 2025 - 18.58


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Con un voto parlamentare atteso ma non per questo meno grave, oggi l’Ungheria ha ufficializzato il suo ritiro dalla Corte Penale Internazionale (CPI), segnando un nuovo punto di frizione tra Budapest e il diritto internazionale. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha motivato la decisione definendo la CPI “politicizzata e priva di imparzialità”, un’affermazione che riecheggia le posizioni tipiche dei governi autoritari insofferenti al principio di giustizia sovranazionale.

La reazione in Italia non si è fatta attendere. Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, ha celebrato la decisione del governo di Viktor Orbán definendola “una scelta di giustizia e libertà, di sovranità e coraggio”. Un endorsement che, ancora una volta, conferma la sintonia tra l’estrema destra italiana e il modello illiberale promosso da Budapest.

La Corte Penale Internazionale, pur non immune da critiche, rappresenta uno dei pochi strumenti giuridici sovranazionali in grado di perseguire crimini di guerra e contro l’umanità. Uscirne non è una mossa neutra: è un segnale deliberato, il rigetto di un sistema di regole condivise nate proprio per limitare gli abusi del potere. È difficile non leggere in questa decisione un messaggio pericoloso: quello di un’Ungheria sempre più chiusa, refrattaria a ogni forma di controllo esterno, e di una destra europea che, da Salvini a Orbán, preferisce l’impunità all’obbligo di rispondere dei propri atti.

Il plauso di Salvini, già critico verso la CPI in passato – basti ricordare il suo sostegno all’ipotesi di una visita in Italia del premier israeliano Netanyahu nonostante un mandato d’arresto internazionale – evidenzia ancora una volta la distanza tra certa politica italiana e i valori fondamentali dello Stato di diritto.

In un momento storico in cui le guerre si moltiplicano e i civili pagano il prezzo più alto, ritirarsi dalla Corte Penale Internazionale non è solo un atto di cinico calcolo politico: è un colpo al cuore della giustizia internazionale. E chi lo applaude se ne assume la responsabilità morale e politica.


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