Il governo Meloni sta spingendo per ridurre gli obblighi di trasparenza sulle esportazioni di armamenti, ma per riuscirci deve ottenere il via libera definitivo a una riforma molto contestata da opposizioni e associazioni. Il provvedimento, che ha già superato l’esame del Senato, sarà discusso nuovamente alla Camera mercoledì 5 marzo. La legge in questione è la n. 185 del 1990, che regola la tracciabilità e il controllo del commercio di armi. I critici temono che le modifiche in discussione rendano impossibile monitorare i flussi finanziari legati alla vendita di armamenti, compromettendo la trasparenza del settore.
Accelerazione parlamentare dopo il vertice di Londra
L’accelerazione del dibattito arriva all’indomani dell’incontro a Londra tra i leader europei, durante il quale è stato deciso di rafforzare le capacità militari dell’UE. Il 6 marzo, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presenterà un piano di riarmo davanti al Consiglio europeo straordinario. Nel frattempo, il Parlamento italiano procede spedito: le commissioni Affari Esteri e Difesa della Camera riprenderanno l’analisi del disegno di legge, che entrerà in aula il 17 marzo. L’obiettivo della maggioranza è approvare definitivamente il testo entro l’inizio della primavera.
Il nodo della trasparenza finanziaria
La modifica più contestata riguarda il contenuto della relazione che il governo deve presentare al Parlamento. Il nuovo testo elimina l’obbligo di riferire in modo dettagliato alle commissioni parlamentari e rimuove anche la necessità di includere informazioni sulle transazioni bancarie legate alla vendita di armi.
Sergio Costa, vicepresidente della Camera e deputato del Movimento 5 Stelle, denuncia il rischio di una completa mancanza di controllo: “Viene meno non solo il controllo ma anche la trasparenza. Parliamo di un giro d’affari enorme, con interessi finanziari, oltre che economici, ingentissimi”.
Secondo Costa, la vendita di armi italiane all’estero nel 2023 ha raggiunto un valore di 6,3 miliardi di euro, segnando un aumento del 19% rispetto al 2022. Inoltre, sottolinea come il 69% delle transazioni sia stato gestito da tre istituti bancari: Unicredit, Deutsche Bank e Intesa Sanpaolo. A livello globale, il settore delle armi è dominato da colossi finanziari americani come Vanguard, State Street e BlackRock, che guidano gli investimenti nel comparto.
Se la modifica della legge 185/90 verrà approvata, Costa avverte che “tutte queste informazioni, ed altre ancora, non saranno più disponibili per i cittadini”. Secondo il deputato, si tratterebbe di un grave arretramento democratico, in un momento storico in cui le priorità del governo sembrano orientate esclusivamente verso l’aumento della spesa militare, a scapito di settori cruciali come sanità, scuola e ambiente. Per questo, conclude Costa, “dobbiamo lottare tutti per non perdere terreno sulla strada della democrazia”.
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