Chi ha seguito e segue con attenzione le cose di mafia, ha sempre prestato grande interesse ai codici di comunicazione all’interno della Cosa nostra e alla comunicazione della Cosa nostra all’esterno.
Per queste cose, la mafia al suo interno ha ruoli, vie, codici e formule ben studiate. I “pizzini” sono stati un elemento centrale della comunicazione di Cosa nostra ed anche oggi, seppure aggiornati, legati ai più sofisticati e riservati strumenti di comunicazione, sopravvivono e si affinano.
Servono a comunicare, ad avvertire, a intimidire, ad annunciare decisioni, quelle che non ti auguri.
Andrea Camilleri – era il 2007 – sui “pizzini” ci scrisse un libro, Voi non sapete. Materia troppo ghiotta per sfuggire al più popolare dei nostri scrittori. Siciliano e grande conoscitore del dizionario mafioso, dei “movimenti” di mafia e delle parti che all’interno di un’organizzazione come la mafia, la stessa mafia ritaglia.
C’è il mazziere, c’è chi va oltre la mazzata, c’è chi avverte, c’è chi vien dopo, apparentemente bonario e conciliante, quando il messaggio è stato recapitato e ha fatto il suo effetto intimidatorio.
In questa drammatica messinscena, i “pizzini” hanno sempre avuto un ruolo centrale.
I “pizzini”, quelli di Bernardo Provenzano di cui parla Camilleri, sono dei semplici pezzetti di carta su cui si scrivono annotazioni e messaggi. Semplice, quasi sempliciotto, ma geniale sistema con cui il boss sapeva far arrivare le sue determinazioni, i suoi avvisi.
Ai famosi “pizzini” ci han fatto pensare i due messaggi che si sono mossi da Mosca, uno dietro l’altro, indirizzati al nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Li ha mossi Maria Zakharova, portavoce del ministro degli Esteri Lavrov. Quel “Non resterà senza conseguenze”, riferito all’analisi storica che il nostro Presidente aveva fatto sulle sciagure del Novecento – sciagure dettate dalla forza violenta, dalla prepotenza, e sui rischi che nuove sciagurate prepotenze si consumino oggi, sul modello di quelle che l’Italia aveva subito col fascismo – appare inquietante.
Anche perché reiterato, anche perché assegnato volutamente a una figura che comunque è da seconda se non da terza fila.
Come era prevedibile, il nostro Presidente al primo messaggio aveva risposto facendo sapere di essere sereno. Nient’altro, come era prevedibile.
Questo al primo attacco, con la solidarietà del caso e con la tiepida risposta di Salvini. Ma questo era largamente prevedibile, per i motivi che sappiamo.
È chiaro che chi attacca Mattarella sa quanto Mattarella sia nel cuore degli italiani.
Per questo, nel momento in cui sembra essere partito un grande attacco, su tutti i fronti, alle democrazie (il vice di Trump è arrivato a dire che l’Europa non è democratica, solo perché non sorride a vecchi e nuovi fascismi), gli attacchi puntano in alto, prendono di mira i bersagli più difficili, i baluardi più forti delle democrazie.
Ecco perché Mattarella, e gli attacchi trovano sereno il Capo dello Stato.
Ma non devono lasciare sereni noi.
Per mettere inquietudine su inquietudine, questa mattina ci hanno pensato gli hacker filorussi che hanno sferrato un attacco ai siti italiani.
Il gruppo è il NoName057(16), che ha rivendicato quel che ha fatto a rappresaglia delle dichiarazioni di Mattarella.
A suo modo anche questo messaggio è da ricondurre al sistema dei “pizzini”.
E le vicende di mafia e le storie di lotta alla mafia insegnano che ai messaggi che vorrebbero far paura c’è un solo modo di rispondere: non avendo paura.
Così come era scritto, da una mano giovane, su un foglietto a forma di cuore che accompagnava, ieri, un mazzo di tulipani portati alla tomba di Alexei Navalny, nell’anniversario della sua uccisione.
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