La strage di Bologna è fascista: Meloni e il suo 'cerchio magico' smettano di negare la verità sull'offesa alla Nazione

Con la condanna definitiva all’ergastolo di Gilberto Cavallini, confermata ieri dalla Corte di Cassazione, si chiude il cerchio che congiunge la verità giudiziaria alla verità storica sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.

La strage di Bologna è fascista: Meloni e il suo 'cerchio magico' smettano di negare la verità sull'offesa alla Nazione
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Claudio Visani Modifica articolo

16 Gennaio 2025 - 11.28


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Con la condanna definitiva all’ergastolo di Gilberto Cavallini, confermata ieri dalla Corte di Cassazione, si chiude il cerchio che congiunge la verità giudiziaria alla verità storica sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.

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Gli ultimi processi agli esecutori e ai mandanti del più grave atto di terrorismo del dopoguerra hanno via via delineato con sempre maggiore chiarezza come si sia trattato di una strage fascista, politica e di Stato, eseguita dai terroristi neri, pensata e finanziata dalla P2 di Licio Gelli con la copertura dei Servizi segreti deviati per seminare terrore, destabilizzare la nostra democrazia e impedire così l’ascesa al potere del Partito comunista.

Una strategia della tensione che trovava sponda, se non la regia, nell’”Amico Americano” e che aveva portato due anni prima al rapimento e all’assassinio di Aldo Moro. La sentenza di ieri conferma l’intero impianto accusatorio della magistratura inquirente, in sintonia con ciò che il Paese aveva già capito da tempo, nonostante i depistaggi e la perseverante campagna innocentista della destra post-fascista oggi al potere, a cominciare dalla Presidente del Consiglio e dal suo Cerchio magico. Ora manca solo la conferma in Cassazione dell’ergastolo a Paolo Bellini per chiudere quel cerchio, anche se mancano ancora diversi tasselli per avere piena verità e giustizia. 

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“Io so ma non ho le prove”, scriveva Pierpaolo Pasolini 50 anni fa, dopo le stragi fasciste di Milano (Piazza Fontana) e Brescia (Piazza della Loggia), all’inizio della strategia della tensione. “Sappiamo la verità e abbiamo le prove”, avevano invece scritto il 2 agosto scorso i familiari delle vittime nel manifesto del 44esimo anniversario della strage che provocò 85 morti e più di 200 feriti. Era stata da poco confermata nel processo d’appello la condanna all’ergastolo di Paolo Bellini, figlio di un ufficiale della Folgore, ex “primula nera” di Avanguardia Nazionale, coinvolto in diversi misteri d’Italia, ladro di opere d’arte e killer di ‘Ndrangheta, indagato per le stragi del 1993 e per l’attentato di Capaci, ritenuto “senza ombra di dubbio alcuno” tra i terroristi neri presenti alla stazione quel maledetto sabato, poco prima delle 10.25, quando la bomba esplose nella sala d’aspetto di seconda classe.

Riconosciuto dalla moglie nel fotogramma di un filmato amatoriale e ritenuto dai giudici “il quinto uomo” dell’attentato, quello preposto “a trasportare, consegnare e collocare quantomenoparte dell’esplosivo”, in ogni caso “a fornire un supporto materiale all’azione”.

Gli altri erano Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, tutti e tre condannati in via definitiva come esecutori materiali (e già da tempo in libertà) e il “quarto uomo”, Gilberto Cavallini, pure lui terrorista dei Nar con il compito di dare supporto logistico all’operazione, già condannato in primo e secondo grado all’ergastolo, considerato dai magistrati inquirenti “in contiguità con i Servizi deviati e con ambienti massonici cui pure è riconducibile la strage”. 

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Ieri la Corte di Cassazione ha stabilito che ci sia “la certezza assoluta” della sua colpevolezza per aver ospitato Mambro, Fioravanti e Ciavardini a casa sua, a Villorba di Treviso, il giorno prima della strage, aver procurato loro false patenti e documenti di identità, oltre all’auto per raggiungere Bologna e rientrare dopo la strage. 

Tutti e cinque avevano piena consapevolezza della finalità di quell’azione e della strategia politica eversiva che l’ispirava. Altro che banda di “spontaneisti” e di “guerrieri romantici” che si muovevano in autonomia per sovvertire il sistema, come hanno sempre cercato di accreditarsi i terroristi condannati per la strage. I processi ai mandanti e ai depistatori hanno clamorosamente smentito la loro tesi.

La verità giudiziaria, a lungo inseguita dai familiari delle vittime che ieri sono accorsi numerosi a Roma in attesa della sentenza, è un’altra: l’attentato del 2 agosto 1980 faceva parte di una precisa e condivisa strategia eversiva a cui parteciparono non solo i terroristi dei Nar (Fioravanti, Mambro, Ciavardini, Cavallini) ma anche altre formazioni dell’estrema destra dell’epoca (Ordine Nuovo, Terza Posizione, Avanguardia Nazionale), finanziate dai soldi distratti dal Banco Ambrosiano da Licio Gelli e Umberto Ortolani e coperte dai Servizi segreti deviati, con il contributo del capo degli ufficio Affari Riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato e del giornalista del Msi, Mario Tedeschi. 

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Tutti perfettamente consapevoli di quel che si andava a fare a Bologna e delle finalità della strategia della tensione. È scritto nelle motivazioni della condanna all’ergastolo di Cavallini: “L’incontro dei coimputati (Fioravanti, Mambro, Ciavardini e Cavallini) la sera del 31 luglio e le successive condotte unitariamente tenute sono la riprova di una meticolosa preparazione di un evento che li accomunava”. E poiché Cavallini “rivestiva un ruolo apicale” nei Nar, “il gruppo non avrebbe mai aderito (a commettere l’attentato) senza il suo pieno consenso e la sua diretta partecipazione”.

Tutti sicuri della copertura dei Servizi, che hanno sempre lavorato in tutti questi anni per depistare le indagini, e della destra ex missina impegnata ad accreditare altre fantomatiche piste (la più gettonata è stata “la pista palestinese”) e a negare la verità giudiziaria difendendo ad oltranza, anche dopo le condanne definitive, i responsabili di quell’orribile crimine. Chissà se anche dopo la sentenza di ieri della Cassazione – che rende giustizia ai famigliari delle vittime, a Bologna e alla Repubblica italiana nata dalla Costituzione antifascista – la premier Dio, Patria e Famiglia continuerà a sostenere l’innocenza dei suoi ex camerati e a negare l’offesa sanguinaria che con la strage è stata fatta a quella Nazione che un giorno sì e l’altro pure si prodiga a difendere.   

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