Autonomia, Zaia attacca la Cei: "La critica perché non ha capito la riforma"
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Autonomia, Zaia attacca la Cei: "La critica perché non ha capito la riforma"


Luca Zaia replica all'intervista di Francesco Savino, vicepresidente per l'Italia Meridionale della Conferenza episcopale italiana, che definisce la riforma dell'Autonomia differenziata come «un pericolo mortale». 

Autonomia, Zaia attacca la Cei: "La critica perché non ha capito la riforma"
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28 Agosto 2024 - 16.11


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«Sono sorpreso e rammaricato. Siamo abituati a una Chiesa che indica la via, la rispettiamo, ma stavolta la direzione è sbagliata, alimentata almeno in parte da un’informazione di parte». 

Luca Zaia, intervistato da Libero, guarda così all’intervista a Repubblica, anticipata ieri nell’edizione on line, di Francesco Savino, vicepresidente per l’Italia Meridionale della Conferenza episcopale italiana, che definisce la riforma dell’Autonomia differenziata come «un pericolo mortale». 

«È importante capire se si tratta di un’opinione isolata o di una posizione ufficiale della Cei. Se fosse stata approfondita meglio la portata della riforma, nei suoi aspetti tecnici e amministrativi, sono convinto che il vicepresidente avrebbe espresso una valutazione più chiara e diversa», ribatte il presidente della Regione Veneto che annuncia anche di mettere «a disposizione i nostri esperti per qualsiasi confronto. Questo allo scopo di chiarire qualsiasi dubbio».

 Ad Alessandra Todde, governatrice della Sardegna che a sua volta impugnerà la legge sull’Autonomia davanti alla Corte Costituzionale, l’esponente leghista manda a dire che «ci sono due modi per fare il presidente di Regione: o lo fai pensando che i tuoi cittadini sono tutti uguali e cerchi di essere super partes, o lo fai pensando che sia solo un’occasione per fare politica. Ricordo che noi siamo usciti dal governo perché i 5 stelle erano contrari alla riforma. Mi batto perché chi ha l’autonomia la mantenga, e il popolo sardo è eccezionale. Dopodiché, se la governatrice andrà alla Consulta noi ci presenteremo parte lesa per rispondere alle argomentazioni che porterà la Sardegna. E avviso già: il Veneto – rilancia Zaia – renderà pubbliche le argomentazioni della Todde. Ci si confronterà sui dati reali, e allora vedremo».

Il Governatore del Veneto osserva anche che «la Regione Sardegna non fa ricorso per tutelare la sua autonomia, che non è in discussione, ma per bloccare quella altrui. Inoltre va detto che le Regioni a Statuto speciale, come le Province autonome, possono applicare la legge se la ritengono conveniente, non c’è alcun obbligo. E ricordo che anche la Sardegna gode dei trasferimenti nazionali che provengono dal Veneto».

 Il fonte del no annovera anche Emilia-Romagna e Campania: «Più che altro – osserva Zaia – dovrebbero spiegare agli italiani perché nei dieci anni che hanno governato dalla caduta di Berlusconi non hanno mostrato la loro idea di riforma. Ricordo che il centrosinistra in precedenza aveva giustamente votato per esplicitare l’autonomia in Costituzione, il Titolo V. Questo governo invece ha dimostrato coerenza e serietà. In quindici mesi ha reso, obbligatori i Lep, i livelli essenziali di prestazione che dovranno essere garantiti da Nord a Sud. Abbiamo scritto la legge in un anno e mezzo». 

«Il Pd e gli altri che oggi vorrebbero affossare la legge – ragiona l’esponente della Lega – sono gli stessi che nel 2014, governo Renzi, hanno impugnato la mia legge referendaria sull’autonomia del Veneto, quella che ha portato 2 milioni e 300mila veneti a votare per la riforma. Il sì ha vinto col 98%. Quel referendum del 2017, lo ricordo, è stato approvato dalla Corte Costituzionale. 

Non paghi di aver perso, poi Gentiloni, subentrato a Renzi, e il sottosegretario Bressa ci hanno vietato l’uso della tessera elettorale per la consultazione: la più grande porcheria dell’Italia democratica, hanno voluto far credere ai cittadini che andavano a una gazebata e non a un voto legittimo. Ci hanno fatto pagare persino il servizio di sicurezza ai seggi». Una riforma che spacca l’Italia? «In 76 anni di storia repubblicana questo Paese ha accumulato 3mila miliardi di debito pubblico, ha cittadini costretti a farsi curare fuori regione, sacche di disservizi indegni di una nazione civile. I bimbi quando nascono sanno già che destino avranno in base al luogo d’iscrizione all’anagrafe. Mi sembra immorale. È questa la vera Italia a due velocità: è figlia – conclude Zaia – di un modello che non ha funzionato. Possiamo pensare che il modello sia finalmente quello della responsabilità?».

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