Real politik. Queste sono le forze in campo e bisogna farci i conti.
«Mi pare che la Von der Leyen voglia tenere i voti dei Verdi e per questo non molli sul Green Deal come le ha chiesto Meloni, che peraltro è stato forse la parte migliore della sua scorsa presidenza. Non so se Meloni o altri settori della destra alla fine la voteranno, ma è possibile, magari sottobanco, per non agevolare troppo il progetto di Orbàn. Meloni ha giocato la partita del dopo elezioni nel peggiore dei modi possibili. È troppo «fascia» per i popolari, e troppo poco «fascia» per i fasci. Pensando di fare il ponte fra due mondi, si è trovata a non parlare più né con l’uno né con l`altro. E questo l`ha condannata a una sconfitta. Qualunque cosa faccia pagherà un prezzo: se la vota, la destra la contesterà, se non la vota rischia la marginalizzazione del nostro paese. Il vero problema di Meloni non è quello che farà, è quello che è già avvenuto».
Lo dice il deputato Pd ed ex Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in una intervista a Il Domani.
«È un passaggio da sdrammatizzare – sostiene poi Orlando rispondendo ad una domanda sul voto contrario dei 5Stelle alla Von der Leyen – questo voto non è una vittoria dei socialisti, Von der Leyen è il male minore, l`imperativo è impedire che la destra antieuropea entri nella cabina di regia dell`Ue. Ma la nostra prospettiva deve essere anche a livello europeo un campo progressista, nel dialogo con i Verdi e con le altre forze progressiste. Dobbiamo muovere da un europeismo critico, che difende la prospettiva dell`integrazione ma critico sul fatto che fin qui sia avvenuta senza un necessario pilastro sociale, e senza politiche industriali. E il patto di stabilità è l`emblema di quest`Europa dalle scarse ambizioni che si affida solo al mercato per il processo di integrazione. Non dobbiamo lasciare che il tema del malessere per le diseguaglianze sia interpretato solo dalla destra antieuropeista».