Giovanni Toti e il senso dello Stato (si fa per dire) della destra

Da due mesi è agli arresti domiciliari nella sua casa di Amelia Toti ancora non ha avuto la dignità e sentito il dovere di dimettersi. Non ci pensa proprio

Giovanni Toti e il senso dello Stato (si fa per dire) della destra
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Claudio Visani Modifica articolo

12 Luglio 2024 - 11.45


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Sono passati due mesi dall’arresto del presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, accusato di corruzione e voto di scambio. Da due mesi è agli arresti domiciliari nella sua casa di Amelia ma ancora non ha avuto la dignità e sentito il dovere di dimettersi. Non ci pensa proprio, rimane testardamente in carica, chiede e ottiene la solidarietà della sua maggioranza.

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Per due volte ha chiesto la revoca degli arresti dicendo che lui ha sempre agito nell’interesse pubblico e non ha preso soldi. Per due volte i giudici, per ultimo oggi quello del Riesame, hanno respinto la sua istanza e confermato la misura cautelare “per il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove”.

Di più, i giudici sottolineano “la spregiudicatezza” di Toti, che ha agito e si comporta più come “un amministratore di una società privata che un pubblico amministratore”, dimostrando così “di non avere ancora compreso appieno la natura delle accuse”. E spiegano che dalle indagini è emerso “un quadro di un pubblico amministratore di rango apicale che, nel sollecitare costantemente finanziamenti per il proprio comitato elettorale, conversava amabilmente con gli stessi finanziatori di pratiche amministrative di loro interesse per le quali si impegnava a intervenire presso le sedi competenti”.

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Ma lui niente, non ci pensa proprio a dimettersi, resta al suo posto, con il sostegno e la complicità della sua maggioranza. La quale, invece di dirgli “ehi Gio, forse è il caso che ti fai da parte”, si danna l’anima per approvare in fretta e furia in Parlamento le riforme del ministro Nordio sull’abolizione del reato di abuso di ufficio, la stretta sulle intercettazioni telefoniche, il bavaglio ai media sulla loro pubblicazione.

Mentre Toti prende ancora tempo, chiede una riflessione alla sua maggioranza e continua l’attività politica in un modo che non si era mai visto: le riunioni della sua giunta e della maggioranza “sotto scorta”. Per quattro volte ha chiesto e ottenuto dalla Procura l’autorizzazione a incontrare assessori, leader politici locali e nazionali. Insomma, la politica ai domiciliari, sorvegliata dalla polizia giudiziaria. Senza ritegno.

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