La sconfitta elettorale in Abruzzo non smonta l’ottimismo per il futuro del centrosinistra, che ha nel cosiddetto campo largo l’unica speranza per costruire una reale alternativa alla destra. Ne ha parlato con il Corriere della Sera Giovanni Legnini, che nel 2019 fu candidato in Abruzzo tra le file del Pd. «Comunque vada a finire non si possono mettere in discussione le scelte fatte, le uniche che potevano consentire una possibilità di vittoria».
«All’inizio della campagna sembrava una partita chiusa prima di essere giocata. C’è stata invece una rimonta rilevante, che ha reso il risultato incerto fino alla fine».
«Nel 2019 c’era tutto un altro clima e un contesto tripolare, con una distanza significativa di consensi tra centrodestra e centrosinistra. Correvo per il Pd e una coalizione ristretta composta da una serie di liste civiche. Il M5S in Abruzzo prese il 40% alle Politiche e il 20% alle Regionali» mentre la sua coalizione «quasi il 32%, dieci mesi prima, alle Politiche del 2018, il centrosinistra si era fermato al 18%. Con il M5S avremmo superato di molto il centrodestra».
Nell’attuale coalizione che ha corso in Abruzzo «si è verificata una spinta unitaria e molta generosità politica dimostrata sia dal Pd che dalle altre forze politiche. Sono prevalse le ragioni territoriali rispetto alle divisioni nazionali. La scelta del candidato presidente, una figura molto credibile, ha aiutato tale sforzo unitario».
Se le Regionali in Abruzzo «siano o meno un modello lo vedremo. Ciò che è sicuro è che senza una coalizione larga come quella abruzzese non sarà semplice riaprire la sfida del governo del Paese».
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