L’impressione è che la luna di miele del governo Meloni stia già finendo. Gli ultimi sondaggi premiano ancora i Fratelli d’Italia (30%) e danno le opposizioni ferme al palo (Pd al 20, M5s al 17, Azione sotto il 4%), ma segnalano un calo consistente, rispettivamente di otto e tre punti, della fiducia nell’esecutivo e nella premier (oggi attorno al 40%) rispetto al debutto.
Chi si era rifugiato nelle ricette salvifiche della destra sperando che servissero a esorcizzare le paure in questo mondo inquieto che sta cadendo a pezzi e a raddrizzare questo nostro sfiduciato Paese, oggi deve già fare i conti con le prime disillusioni.
Su immigrazione, sicurezza, e benzina il fallimento è clamoroso. Sull’alluvione in Emilia-Romagna l’inadeguatezza e i ritardi (malevoli) dell’azione di governo sono sotto gli occhi di tutti. Così come sono evidenti i pasticci sull’abolizione del reddito di cittadinanza e sulla gestione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Questo mentre Meloni che abbraccia Orban e il polacco Morawiecki “per difendere Dio, Patria e Famiglia” e Salvini che si allea con la Le Pen e l’estrema destra tedesca isolano l’Italia nel contesto internazionale e la allontanano sempre più dall’Europa.
L’ultimo video registrato ieri da una Meloni visibilmente irritata è lo specchio della debacle sui migranti. La marea di sbarchi di questi giorni a Lampedusa, i duemila e passa morti annegati dall’inizio dell’anno, il raddoppio dei flussi rispetto al 2022 sono lì a testimoniare che la strategia dei porti chiusi, della guerra alle navi Ong, dei respingimenti e della caccia sul globo terracqueo ai trafficanti non può reggere di fronte agli sconvolgimenti in atto. Chi è vittima delle guerre, della crisi climatica e della fame scappa e non c’è nulla che possa fermarlo.
L’appello di Meloni ai migranti a non partire sotto la minaccia di un irrealizzabile blocco navale e di nuovi lager dove tenere prigionieri i migranti per diciotto mesi, hanno un che di patetico. Sono, a ben vedere, la destra solo chiacchiere e distintivo. Lo stesso si può dire dei blitz a Caivano, nei quartieri spagnoli di Napoli e a Tor Bella Monaca: sceneggiate con risultati imbarazzanti che non incidono sul degrado, la criminalità e il disagio di quelle periferie disperate.
Sul prezzo dei carburanti la figura rimediata è atomica. Dal video della premier alla pompa e dalla promessa condivisa con Salvini di togliere tutte le accise, alla benzina che oggi costa due euro e rotti al litro con cancellazione perfino dello sconto istituito a suo tempo dal governo Draghi. Sull’alluvione in Romagna, infine, all’inadeguatezza della risposta a quella che è la più grave tragedia nazionale degli ultimi decenni si è affiancata una manovra politica dallo sgradevole sapore punitivo contro il governo di centrosinistra della Regione.
Prima il no a Bonaccini commissario, poi i “non siamo un bancomat” del ministro Musumeci e i “non ci fidiamo” del sottosegretario Bignami. Risultato: sono stati stanziati la metà dei fondi necessari (4,5 miliardi in tre anni a fronte di danni stimati in 8-9 miliardi), i comuni sono stati lasciati per mesi da soli ad affrontare l’emergenza, cittadini e imprese non hanno ancora visto un euro di ristoro e il commissario Figliuolo ha annunciato pochi giorni fa che solo dopo la metà di novembre saranno pronti i moduli per poter presentare le domande di rimborso. Una vicenda a dir poco vergognosa sulla pelle degli alluvionati.
Con il fondato sospetto che sia stata gestita ad arte per mettere in difficoltà le amministrazioni locali e preparare l’attacco all’Emilia-Romagna “rossa” alle prossime amministrative e regionali. Ma tra chi è finito sott’acqua, chi accoglie i migranti e chi fa il pieno di benzina non ci sono solo “i comunisti”. Ed è difficile pensare che chi tra questi ha votato la destra sia contento. Se poi la sinistra smetterà di stare su Marte e le opposizioni si ricorderanno di essere tali e come si fa, come qualche primo timido segnale lascia sperare, può anche darsi che non moriremo post-fascisti.
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