I sondaggi dammo i democratici in grande ripresa ma quello che conterà sul serio è il voto alle prossime europee: il pressing del Partito Democratico cresce man mano che si avvicina l’inizio della discussione delle proposte di legge sul salario minimo, in Commissione alla Camera.
Domani è previsto il primo appuntamento a cui i dem si presentano con le proposte Laus, Serracchiani e Orlando. L’ex ministro del lavoro si augura «ci sia un’iniziativa comune» delle opposizioni perché «il salario minimo è uno strumento essenziale in questa fase.
La crisi salariale che conosciamo da tempo è diventata un dramma con la crescita dell’inflazione, il lavoro povero che prima riguardava il 12% della forza lavoro è cresciuto ulteriormente. È inaccettabile, significa veder crescere il malessere sociale e si continua ad alimentare un esodo di giovani verso altri Paesi», spiega Orlando per il quale «questa proposta è anche un grimaldello importante per scardinare l’impianto proposto dal governo, quello di una competizione basata su bassi investimenti in ricerca e innovazione, bassi salari, tolleranza verso il nero. Una ricetta da paese arretrato, di svalutazione competitiva del lavoro».
La proposta di legge di Orlando sul salario minimo prevede che la retribuzione proporzionata e sufficiente sia quella prevista dai contratti collettivi sottoscritti dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.
Si riconosce dunque un ruolo centrale alle parti sociali. Se manca il contratto collettivo che individua la retribuzione proporzionata e sufficiente si prevede l’intervento del ministro con un decreto che tuttavia il ministro adotta dopo avere consultato una Commissione Interistituzionale (composta da rappresentanti del Cnel, del Mlps e dell’Inps).
Al tempo stesso si prevede una soglia minima al di sotto della quale non si può andare che non può essere inferiore a 9,50 euro all’ora anche nel caso ci siano alcuni contratti collettivi nazionali di settore che hanno una paga oraria inferiore a 9,50 euro l’ora (o perché scaduti da anni oppure perché inferiori per altri motivi).
Della necessità di «un fronte comune delle opposizioni» su questo tema parla anche il senatore Francesco Boccia, già responsabile dei rapporti politici della mozione Schlein: «Io penso che sia doveroso da parte di tutti costruire un fronte comune tra le opposizioni, Schlein ha proposto un tavolo di coordinamento», spiega l’ex ministro degli Affari Regionali: «Hanno detto tutti sì davanti a migliaia di persone e mi auguro che si possa fare insieme».
E, in quanto al ruolo dei sindacati, Boccia rassicura: «Sappiamo che ci sono cose da chiarire con il sindacato, ci sono parti che non sono favorevoli, spingono sui contratti collettivi, e siamo d’accordo, ma ci sono milioni di lavoratori che non hanno la fortuna di essere assistiti dai contratti collettivi. L’asticella porrebbe essere 9,50 l’ora come ha proposto Orlando, o dieci euro.
L’importante è che ci sia una soglia sotto la quale si va nell’illegalità», aggiunge Boccia. Parole che arrivano dopo quelle pronunciate dalla segretaria Pd al congresso della Cgil. Il salario minimo è «uno dei temi su cui tutte le opposizioni in Parlamento hanno presentato mozioni e proposte di legge», ha ricordato Schlein, «e io sono disposta da subito a ragionare di come cambiare la nostra proposta e di come trovare una proposta unitaria».
Intanto, la segretaria lavora agli assetti del partito. La prima tessera da sistemare è quella dei capigruppo. La telefonata avuta oggi con Stefano Bonaccini è il primo passo. Fonti parlamentari del Pd spiegano che si punta a chiudere sulle presidenze dei gruppi questa settimana, per poi dedicarsi agli assetti interni al partito, a cominciare dalla segreteria.
L’obiettivo comune di segretaria e presidente è quello di arrivare a una gestione unitaria del Pd, viene confermato. Le due partite dei capigruppo e della segreteria rimangono per questo legate, ma la prima dovrebbe concretizzarsi prima della seconda. Per la segreteria, infatti, potrebbe essere necessario qualche tempo in più, probabilmente una settimana. Intanto tra gruppi parlamentari si attende ancora il primo incontro con la segretaria. In passato, infatti, il segretario appena insediato convocava l’assemblea dei gruppi parlamentari per una prima ricognizione, prima di procedere all’indicazione e all’elezione dei nuovi uffici di presidenza.
Cosa che, ad oggi, non è ancora avvenuta, viene sottolineato. Lo schema, al momento, prevede prima la scelta dei capigruppo e in un secondo momento la composizione della squadra della segreteria. Sulla scelta dei presidenti dei gruppi parlamentari, l’ostacolo è rappresentato dalla carica di segretaria d’Aula ricoperta da Chiara Braga, uno dei nomi sui quali avrebbe puntato Schlein. Una carica da cui Braga dovrebbe dimettersi per fare la capogruppo. Ma l’ipotesi allarma gli eletti dem e non solo. Perché il clima in parlamento non è tale da lasciar sperare in un accordo politico con il resto delle opposizioni e la maggioranza per eleggere un altro esponente dem. Insomma, il rischio di perdere un posto alla Camera è concreto, viene spiegato da fonti Pd alla Camera
Intanto, la segretaria lavora agli assetti del partito. La prima tessera da sistemare è quella dei capigruppo. La telefonata avuta oggi con Stefano Bonaccini è il primo passo. Fonti parlamentari del Pd spiegano che si punta a chiudere sulle presidenze dei gruppi questa settimana, per poi dedicarsi agli assetti interni al partito, a cominciare dalla segreteria.
L’obiettivo comune di segretaria e presidente è quello di arrivare a una gestione unitaria del Pd, viene confermato. Le due partite dei capigruppo e della segreteria rimangono per questo legate, ma la prima dovrebbe concretizzarsi prima della seconda.
Per la segreteria, infatti, potrebbe essere necessario qualche tempo in più, probabilmente una settimana. Intanto tra gruppi parlamentari si attende ancora il primo incontro con la segretaria. In passato, infatti, il segretario appena insediato convocava l’assemblea dei gruppi parlamentari per una prima ricognizione, prima di procedere all’indicazione e all’elezione dei nuovi uffici di presidenza. Cosa che, ad oggi, non è ancora avvenuta, viene sottolineato. Lo schema, al momento, prevede prima la scelta dei capigruppo e in un secondo momento la composizione della squadra della segreteria. Sulla scelta dei presidenti dei gruppi parlamentari, l’ostacolo è rappresentato dalla carica di segretaria d’Aula ricoperta da Chiara Braga, uno dei nomi sui quali avrebbe puntato Schlein.
Una carica da cui Braga dovrebbe dimettersi per fare la capogruppo. Ma l’ipotesi allarma gli eletti dem e non solo. Perché il clima in parlamento non è tale da lasciar sperare in un accordo politico con il resto delle opposizioni e la maggioranza per eleggere un altro esponente dem. Insomma, il rischio di perdere un posto alla Camera è concreto, viene spiegato da fonti Pd alla Camera. D’altra parte è già successo in occasione dell’elezione dei segretari: i dem puntavano ad eleggere, assieme a Braga, anche Stefano Vaccari, ma i numeri non sono risultati sufficienti e, alla fine, è passato un nome della destra.
Stando così le cose, Schlein potrebbe decidere di puntare su un uomo alla Camera. Il nome che viene fatto è quello di Peppe Provenzano. In questo caso, però, dovrebbe rivedere anche la scelta del Senato, dove il nome più accreditato come capogruppo rimane quello di Francesco Boccia. In questo caso, l’ex ministro potrebbe essere sostituito da una senatrice come Cecilia D’Elia. Se, al contrario, dovesse passare una linea unitaria anche nella scelta dei capigruppo, la segretaria potrebbe decidere di riservare il posto della presidente dei deputati a Debora Serracchiani, che oggi dirige i deputati dem. . D’altra parte è già successo in occasione dell’elezione dei segretari: i dem puntavano ad eleggere, assieme a Braga, anche Stefano Vaccari, ma i numeri non sono risultati sufficienti e, alla fine, è passato un nome della destra.
Stando così le cose, Schlein potrebbe decidere di puntare su un uomo alla Camera. Il nome che viene fatto è quello di Peppe Provenzano. In questo caso, però, dovrebbe rivedere anche la scelta del Senato, dove il nome più accreditato come capogruppo rimane quello di Francesco Boccia. In questo caso, l’ex ministro potrebbe essere sostituito da una senatrice come Cecilia D’Elia. Se, al contrario, dovesse passare una linea unitaria anche nella scelta dei capigruppo, la segretaria potrebbe decidere di riservare il posto della presidente dei deputati a Debora Serracchiani, che oggi dirige i deputati dem.
Argomenti: Elly Schlein