Migranti, Tajani e Piantedosi giocano al poliziotto buono e poliziotto cattivo
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Migranti, Tajani e Piantedosi giocano al poliziotto buono e poliziotto cattivo

Piantedosi dice peste e corna delle Ong e giustifica i porti aperti arrampicandosi sugli specchi e Tajani va a fare da paciere

Migranti, Tajani e Piantedosi giocano al poliziotto buono e poliziotto cattivo
Salvini, Meloni, Tajani e Piantedosi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

11 Dicembre 2022 - 13.04


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Matteo Piantedosi e Antonio Tajani. I due ministri giocano al poliziotto buono e poliziotto cattivo. Solo che il loro “gioco” riguarda il futuro, e la vita stessa di migliaia di persone.

Le navi attraccano

La buona notizia. Alle 8,30 la nave ‘Humanity 1’ è arrivata nel porto di Bari che le è stato assegnato dal governo per far sbarcare i 261 migranti che ha soccorso nei giorni scorsi in mare. I migranti provengono da 22 nazioni, in prevalenza Camerun, Costa d’Avorio, Egitto e Siria.

A bordo ci sono 40 donne, 28 adulte e 12 minorenni. In totale ci sono 93 minorenni, 67 dei quali non accompagnati; 23 bambini sotto i 14 anni, tre neonati. Sulla nave anche tre donne incinte. . La macchina dell’accoglienza, coordinata dalla Prefettura di Bari, è pronta per le operazioni di sbarco, assistenza sanitaria e identificazione. Questura, guardia di finanza, carabinieri e polizia locale, con 118, Asl, Usmaf, Croce rossa e Caritas stanno predisponendo le attività. I primi a sbarcare saranno i migranti che necessitano di cure. Poi toccherà ai minori non accompagnati e ai nuclei famigliari con bambini. Saranno sottoposti a tampone e poi agli altri accertamenti sanitari. All’interno del terminal crociere si svolgerà il fotosegnalamento per l’identificazione. Quindi a bordo di bus i migranti lasceranno il porto e saranno distribuiti in diversi centri di accoglienza d’Italia. In Puglia resteranno i minori non accompagnati e pochi altri migranti.  A bordo della nave Humanity 1 ci sono persone con evidenti segni di tortura. Non ci sono malati o feriti gravi ma molti hanno comunque bisogno di cure mediche. Ci sono anche persone che hanno subito abusi sessuali, e con ustioni dovute alla miscela di benzina e acqua salata. Altri hanno disturbi da stress post traumatico. Molte ferite riportate in Libia sono state curate dallo staff di Sos Humanity.  

E al porto di Bari è arrivata la nave della organizzazione non governativa Sos Humanity a bordo della quale hanno viaggiato 261 persone, di cui 93 minorenni, 140 uomini e 28 donne. Si tratta di migranti salvati dai naufragi nel Mar Mediterraneo. A terra la Asl del capoluogo pugliese ha predisposto un piano sanitario e di protezione civile.

Dietrofront? Ma quando mai…

E qui entrano in gioco il poliziotto buono (Tajani) e quello cattivo (Piantedosi)

 Sull’immigrazione, nessun dietrofront, fanno sapere fonti del Viminale, perché l’assegnazione del place of safety è avvenuto perché l’approssimarsi del maltempo e le condizioni del mare avrebbero a breve esposto le persone a bordo a rischi. Le ong, come già accaduto precedentemente, proseguono le fonti, “ne avrebbero tratto un pretesto per dichiarare lo stato di emergenza a bordo e avrebbero così fatto ingresso nei porti della Sicilia, i cui centri di accoglienza sono già congestionati di presenze, rimanendo peraltro in prossimità dei loro scenari operativi”.

Ieri il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, ad Alicante per sostituire Giorgia Meloni al vertice dei 9 Paesi Ue del Mediterraneo, aveva parlato di una Italia “solidale”, a patto che si rispettino “sempre e comunque le regole, anche da parte delle ong”. Un incontro che doveva servire anche a smorzare le tensioni con Parigi.

Anche sulle Ong non c’è nessun ripensamento perché sempre dal Viminale, guidato dal ministro Piantedosi, arriva la stoccata. Le azioni delle Ong “spesso rischiose e provocatorie favoriscono in molti casi l’ingresso in Italia di migranti economici che non hanno alcun diritto a entrare e rimanere in Italia. È questo a prescindere dai dichiarati intenti umanitari. Le Ong rappresentano un fattore che incentiva i migranti a partire. Fanno pattugliamento sistematico. Portano in acque italiane migranti raccolti in acque di altri Paesi. Raccolgono in mare persone che hanno pagato uno scafista, dunque un criminale, per entrare illegalmente in Italia”. Alcune Ong, si sottolinea, “finiscono per rappresentare, anche loro malgrado, un elemento chiave della filiera che ingrossa l’immigrazione irregolare in Italia“. La salvaguardia delle persone, proseguono le fonti, “orienterà sempre le decisioni del Governo, anche di fronte alle azioni provocatorie e rischiose delle Ong.

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La linea del Governo è chiara: 1) contrasto all’immigrazione irregolare; 2) inserimento e integrazione dei migranti regolari, con appositi accordi con i paesi di transito e di partenza”. Chi entra in Italia, proseguono, “spesso non fugge da situazioni di pericolo. Si pensi alla nave Louise Michel che ha raccolto in mare una trentina di persone, tutte provenienti, da un primo esame, da situazioni che li qualificano come migranti economici. Non provengono da Paesi martoriati, si sono messi in viaggio senza alcun diritto di entrare e permanere in Italia. Ora ce ne dovremo far carico dal punto di vista dell’assistenza, pur non essendo tenuti a farlo e con gli scarsi risultati conseguiti sinora sul fronte della solidarietà europea”. Il governo, concludono al Viminale, “ha l’obiettivo di incidere su questa situazione con risultati da conseguire già nei prossimi mesi. ”Il Viminale è già al lavoro per presentare nuove norme per garantire la sicurezza delle frontiere e stroncare la tratta degli esseri umani che arricchisce gli scafisti e non solo. Dobbiamo arrivare a un sistema di ingressi regolari, nell’interesse degli stessi aventi diritto“.

Testimonianze dall’inferno 

“Sono stato detenuto in Libia. Ho visto persone morire davanti ai miei occhi”. Darius (nome di fantasia) è uno dei 261 migranti a bordo della Humanity1, lo scorso 6 dicembre dal ponte della nave umanitaria ha visto la Guardia costiera libica ‘agganciare’ una carretta del mare in difficoltà e prendere i migranti a bordo. “I militari libici hanno fermato con la forza un gommone con a bordo circa 50 persone – denuncia Sos Humanity -. Sei persone sono rimaste in acqua a seguito della rischiosa manovra, mentre le altre sono state portate con la forza a bordo della motovedetta e riportate in Libia”. “Qui stavamo urlando – dice adesso Darius dal ponte della Humanity 1 – ma non potevamo fare niente. In quel momento abbiamo capito che i nostri fratelli avrebbero sofferto di nuovo. Sappiamo cosa succede in Libia. Sarà un incubo. Saranno puniti per aver tentato di fuggire. Difficilmente riesci a trovare le parole per spiegare cosa accade laggiù. Vendono la gente come fosse pane”.  

L’impunità e i il ricatto

E’ l’ennesimo scoop del giornalista che della Libia e dei traffici di esseri umani che si consumano nel Mediterraneo, sa più e meglio: Nello Scavo. Scrive Scavo su Avvenire: “Erano state rinnovate a novembre le sanzioni contro i boss del “Libyagate”, il grumo di interessi internazionali che lucra denaro e posizioni di potere con il traffico di persone, il contrabbando di petrolio, stupefacenti e armi. Ma il primo ministro libico Dbeibah chiede adesso il ritiro delle restrizioni e la libertà di viaggiare per Abdurahman al-Milad, nome di battaglia: Bija.

Incurante persino dell’alert dell’Interpol, che mantiene attiva la ricerca dei sospettati libici, il governo di Tripoli attraverso il ministero della Giustizia ha presentato istanza di cancellazione delle sanzioni che sono state ribadite dal Consiglio di Sicurezza Onu, dall’Unione Europea insieme al Dipartimento di Stato Usa e al Foreign Office, il ministero degli Esteri di Londra. Con l’approvazione del primo ministro, è stato dato mandato al ministero degli Esteri di rimuovere al-Milad dall’elenco delle sanzioni internazionali. La notizia non sorprende le fonti Onu che da tempo seguono l’evoluzione delle dinamiche politiche e criminali in Libia e delle connessioni tra milizie, clan ed istituzioni ufficiali. 

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Che tra tutti i sanzionati venga richiesta la piena riabilitazione solo del maggiore al-Milad, conferma la sua crescente preminenza nello scenario libico. 

Bija è oramai il volto di punta della famigerata milizia al-Nasr di Zawiyah, guidata dai fratelli Kachlaf, che vede nel maggiore della Marina Abdurahman al-Milad (Bija). Uno degli esponenti di vertice Osama Al Kuni Ibrahim, direttore dei campi di detenzione ufficiali per migranti e cugino di Bija. Tutti i componenti di punta del clan sono destinatari di sanzioni internazionali e di “alert” dell’Interpol. Nel 2017 Bija, nonostante fosse già noto dai servizi segreti di vari Paesi e già allora indicato come trafficante di petrolio ed esseri umani anche in documenti ufficiali del Ministero della Difesa italiano, ottenne un visto per incontrare in Sicilia e a Roma le autorità del nostro Paese.

Dal luglio 2018 è sottoposto a sanzioni stabilite dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: in particolare, divieto di viaggio e blocco delle attività proprio per i crimini su cui indaga la Corte penale internazionale dell’Aja e ribaditi ancora una volta dal report annuale del “panel of expert”, il gruppo di ispettori incaricati dall’Onu per le indagini in Libia. «Le sue forze – si legge in uno dei documenti a disposizione dalla Procura presso la corte penale dell’Aja – erano state destinatarie di una delle navi che l’Italia ha fornito alla Lybian Coast Guard». 

Alcuni uomini della sua milizia «avrebbero beneficiato del Programma Ue di addestramento» nell’ambito delle operazioni navali Eunavfor Med e Operazione Sophia. Inoltre proprio Bija è sospettato di aver dato l’ordine ai suoi marinai di sparare contro navi umanitarie e motopescherecci.

Intervistato da Amedeo Ricucci nell’autunno del 2017, al-Milad all’inviato del Tg1 fece chiaramente intendere che in cambio di un ricco appalto per gestire la sicurezza dei siti petroliferi concessi ad aziende italiane, avrebbe smesso di doversi arrangiare con altri affari. Traffici che secondo gli esperti Onu si possono riassumere «nell’affondamento delle imbarcazioni dei migranti utilizzando armi da fuoco», la cooperazione «con altri trafficanti di migranti come Mohammed Kachlaf che, secondo fonti, gli fornisce protezione per svolgere operazioni illecite». 

Diversi testimoni in indagini penali italiane «hanno dichiarato – si legge nei report dell’Onu e dell’Aja – di essere stati prelevati in mare da uomini armati su una nave della Guardia Costiera chiamata Tallil (usata da Bija, ndr) e portata al centro di detenzione di al-Nasr, dove secondo quanto riferito sarebbero stati detenuti in condizioni brutali e sottoposti a torture». 

A rafforzare la posizione di Bija nel contesto politico-criminale libico era stato il suo viaggio in Italia nel 2017, quando era stato ammesso a incontri ufficiali con esponenti delle autorità italiane. Una sorta di “legittimazione” che il giovane ufficiale della guardia costiera libica ha saputo rivendersi in casa. 

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Già l’inchiesta antimafia “Dirty Oil”, condotta nel 2017 dalla procura di Catania, aveva mostrato quale fossero le connessioni internazionali delle milizie libiche. Bija si vantava di avere fermato alcune petroliere che avevano rubato idrocarburi, passando per un cacciatore di contrabbandieri. 

In realtà, come hanno poi confermato le indagini, gli emissari maltesi si erano rivolti ai loro referenti a Zawiyah e Zuwara affinché impiegassero la Guardia costiera locale per fermare le navi dei contrabbandieri loro rivali. E a comandare quel dipartimento della guardia costiera c’era proprio Abdurhaman al-Milad”.

Così Scavo

Un report illuminante

Prigioni clandestine e pestaggi della polizia: per i migranti l’Europa è come la Libia.

E’ il titolo di un documentato report di Eleonora Mureddu su EuropaToday. Scrive Mureddu: “Calci, pugni, torture, umiliazioni, violenze sessuali, detenzioni arbitrarie. Oltre 16mila migranti sarebbero stati pestati e respinti dalla polizia in Europa, dalla Grecia all’Italia, fino in Spagna. Mentre in Bulgaria, Croazia e Ungheria è stata documentata l’esistenza di centri di detenzione clandestini per respingere i richiedenti asilo al di là dei confini Ue. È questa la nuova “normalità” che uomini, donne e bambini che tentano di entrare all’interno dell’Unione europea sono costretti a vivere ai confini del blocco, secondo quanto emerge da due inchieste pubblicate in questi giorni, che puntano il dito contro le “raccapriccianti ‘tattiche di dissuasione'” messe in atto dalle autorità dei Paesi dell’Ue, non solo nel silenzio di Bruxelles, ma anche usando fondi europei. 

Le detenzioni arbitrarie

Secondo un’inchiesta condotta dal collettivo di ricerca Lighthouse Reports, in collaborazione con diverse testate europee, in Bulgaria, Croazia e Ungheria esisterebbero vari “siti neri”, centri di detenzione clandestini, in cui rifugiati e migranti vengono trattenuti, prima di essere rimpatriati forzatamente, e viene negato loro il diritto di chiedere asilo. I migranti sono rinchiusi in gabbie, furgoni o container e prima di essere espulsi e subiscono abusi fisici. Durante il periodo di detenzione non hanno accesso ai servizi igienici, all’acqua corrente e non ricevono cibo e bevande. 

L’indagine ha dimostrato che non si tratta di casi isolati, ma di vere e proprie macchine di respingimenti, in parte finanziate dall’Ue e gestite sotto gli occhi dei funzionari di Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Unione europea. Il collettivo ha scoperto l’ubicazione di una gabbia nel sud della Bulgaria, nella quale i migranti sono sorvegliati dagli agenti di Frontex. La struttura, costruita con barre di ferro e disseminata di rifiuti, è visibile dalla strada. In cinque occasioni, tra il 15 ottobre e il 25 novembre, giornalisti hanno potuto filmarla. Ogni volta, un gruppo di uomini era imprigionato al suo interno.

Tra i documenti raccolti dal collettivo  – scrive ancora Mureddu – anche un video nel quale un giovane rifugiato siriano viene sparato dalle autorità di frontiera al confine tra Bulgaria e Turchia. Sofia afferma che le sue guardie di frontiera erano presenti sulla scena ma ha negato di aver sparato il proiettile, mentre l’indagine cita un esperto di medicina legale che afferma che le onde sonore del video mostrano che il proiettile è stato sparato direttamente verso i richiedenti asilo e proveniva dalla parte bulgara…”.

E questa sarebbe la “civile” Europa.

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