Il Pd cambia marcia: opposizione dura subito senza aspettare il governo e gli altri

Letta ha giudicato sconcertanti le prime mosse del governo a cominciare dal contante. Renzi e Calenda hanno già un piede a destra e quindi i democratici non vogliono perdere tempo

Il Pd cambia marcia: opposizione dura subito senza aspettare il governo e gli altri
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27 Ottobre 2022 - 18.17


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Basta tentennare mentre il governo reazionario va avanti a testa bassa, Calenda e Renzi hanno un piede nella maggioranza di destra e attaccano il Pd e la sinistra un giorno sì e l’altro pure e M5s ha un atteggiamento ostile, nella speranza di trasformarsi da partito post-ideologico né di destra né di sinistra (il governo con Salvini docet) in una forza in grado di calamitare lil mondo progressista.

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Far marciare insieme congresso costituente e azione di opposizione al governo Meloni. È questa la sfida e la missione che il segretario Enrico Letta si è dato prima di passare il testimone alla nuova segreteria. Passaggio che, calendario e timing del congresso alla mano, potrebbe realizzarsi a marzo, comunque prima della fine dell’inverno. Una data buona per le primarie, date queste indicazioni, potrebbe essere quella del 19 marzo. Ma la questione è ancora tutta aperta, bisogna attendere la direzione di domani e, soprattutto, la prossima assemblea dem ancora da convocare. Oggi il segretario ha riunito l’esecutivo dem.

Una riunione di tre ore durante la quale i membri della segreteria assieme ai capigruppo di Camera, Senato e componente dem al Parlamento Europeo si sono soffermati principalmente sull’organizzazione dell’opposizione rispetto a un governo che, con le prime mosse’ fatte, ha già dato una idea di quale sarà la caratterizzazione della politica economica dell’esecutivo. Un’idea e poco altro. Perché, come è stato sottolineato in segreteria le priorità che il Governo ha dato sono difficili da identificare: «la presidente del Consiglio ci ha detto chi è ma non cosa intende fare», ha osservato Letta. Nel corso della riunione, il segretario si è detto «sconcertato per le prime mosse del governo. Tutto avrei pensato», ha spiegato il segretario, «tranne che la prima misura di politica economica fosse l’innalzamento del tetto del contante. Nella condizione di emergenza che stiamo vivendo, con l’inflazione alle stelle e la recessione alle porte, aumentare questa soglia significa fare una scelta dissennata che peggiorerà la situazione con l’unico effetto di far aumentare il nero e far diminuire le entrate fiscali».

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 L’impressione, al Nazareno, è che la premier abbia voluto dare un «contentino» alla Lega: il via libera alla soglia alta ma in cambio niente quota 101, niente flat tax modello Carroccio, niente accondiscendenza verso le mille promesse elettorali irrealizzabili. E questo, per i dem, solo per un motivo: le risorse non ci sono. Lo stato maggiore del Pd è mobilitato su questo: da Enrico Borghi a Francesco Boccia, passando per Andrea Orlando, tutti rimarcano come l’innalzamento al tetto del contante rappresenti una strizzata d’occhio ad evasori e criminalità organizzata. «Al di là dei proclami, contano i fatti. Il governo ha espresso la sua prima priorità di politica economica: aumentare l’uso del contante.

Un regalo rispetto alle organizzazioni criminali e agli evasori fiscali», spiega il coordinatore della segreteria Pd, Marco Meloni: «La nostra prima proposta è ben diversa, rivolta alle persone e alle famiglie: aumentare la platea dei beneficiari delle agevolazioni fiscali delle riduzioni delle bollette di luce e gas», aggiunge Marco Meloni. «Avevamo portato il paese nel futuro con la fatturazione elettronica e con la tracciabilità dei pagamenti. Se ora dici che si può tornare indietro, è chiaro che stai strizzando l’occhio alla criminalità organizzata e agli evasori fiscali», rincara Francesco Boccia. Il senatore Enrico Borghi si sofferma anche sulle conseguenze che il `combinato disposto´ di flat tax e innalzamento al tetto per l’uso del contante avrà sull’economia del Paese: «Portare una soglia di reddito fino a 100 mila euro di fatturato» significa spingere «professionisti e piccole medie e imprese a non superare quella soglia, condannando al nanismo il tessuto economico e strizzando l’occhio al sommerso». Avanti con la costruzione dell’opposizione il parlamento, dunque. Ma, almeno per il momento, si tratta di una corsa in solitaria. Il dialogo con le altre forze di opposizione, infatti, rimane difficile se non apertamente conflittuale. Dopo l’intervento di Matteo Renzi al Senato, lo scontro con il presidente di Italia Viva raggiunge livelli di guardia.

«Non so se Renzi si possa annoverare tra le forze di opposizione», dice Andrea Orlando: «Uno che interviene al Senato nel giorno della fiducia al governo e attacca le altre forze di opposizione invece di fare dei rilievi al governo si colloca da solo», aggiunge. Più netto Boccia: «Renzi fa interposizione, non opposizione, fra maggioranza e futuri approdi».

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 Uno scontro, quello con il leader di Italia Viva, alimentato anche dall’entusiasmo con cui Renzi ha accolto l’apertura di Giorgia Meloni rispetto all’istituzione della commissione di inchiesta sulla gestione dell’epidemia. Uno strumento per «fare emergere le troppe zone grigie della gestione», soprattutto «sull’acquisto di mascherine e respiratori». Di fatto, un atto d’accusa nei confronti dell’ex ministro della salute Roberto Speranza e di quegli esponenti Pd in prima linea contro il Covid durante il governo Conte 2.

I dem, tuttavia, intendono andare a vedere il gioco di Renzi e rilanciano: «Facciamo la commissione Covid, ma non consentiremo che si infanghi la memoria di tanti servitori dello stato», avverte Boccia: «Non vedo l’ora che cominci il lavoro della commissione, così vedremo anche se ci sono delle responsabilità giudiziarie, anche nell’amministrazione di alcune regioni. Facciamola con poteri speciali, anche giudiziari. Così vedremo quanto questa destra che alimentava i cortei durante la pandemia sarà in grado di dire». I dem, in ogni caso, non abbandonano la via del dialogo nell’opposizione, anche se l’idea del coordinamento delle opposizioni sembra accantonata. «La questione non è il coordinamento delle opposizioni, ma lavorare assieme per i problemi che stanno a cuore agli italiani», dice il responsabile Economia, Antonio Misiani.

Orlando va anche oltre: «Se non si trova un patto di azione comune, ognuno farà il suo, non è che si aspetta». Pur sforzandosi di trovare un terreno comune con le altre forze di opposizione, «il Pd non deve perdere tempo ad inseguire chi evidentemente non vuole fare gioco di squadra ed essere invece molto forte nel lavoro in Parlamento, a partire dalla legge di bilancio e nell’individuazione delle battaglie nel Paese», spiegano dal Nazareno. «Il programma, con il focus su lavoro e giustizia sociale, diritti e conoscenza e sostenibilità ambientale, è una eccellente base di partenza», viene aggiunto: «Ora serve un approccio selettivo e non enciclopedico: isolare le proposte migliori (e ce ne sono molte, a partire dai temi di caro vita e salari su ciascuno dei quali abbiamo pronto un pacchetto di interventi) e su quelle concentrare la narrazione al Paese». Il tutto, come si è detto, raccordando in modo scientifico l’attività di partito con l’opposizione parlamentare. I due percorsi devono procedere contestualmente e anche il dibattito congressuale dovrà legarsi all’agenda nel Paese e in Parlamento. Un percorso che parte domani e che, nelle intenzioni del Nazareno, «non sarà un ennesimo cambio di segretario, ma qualcosa di più profondo. Sarà a tutti gli effetti costituente e nascerà il nuovo Pd».

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