"L'ammiraglio Salvini" alla battaglia navale contro le Ong
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"L'ammiraglio Salvini" alla battaglia navale contro le Ong

Matteo Salvini, ha incontrato l’Ammiraglio Nicola Carlone, comandante generale della Guardia Costiera. Per Salvini "è stato un lungo e proficuo incontro» per fare il punto della situazione, anche a proposito di immigrazione"

"L'ammiraglio Salvini" alla battaglia navale contro le Ong
Matteo Salvini
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Ottobre 2022 - 14.18


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L’avevamo scritto a caratteri cubitali. Salvini-Piantedosi: uno-due contro le Ong. La guerra è iniziata. E a dichiararla è l’”ammiraglio Salvini”. 

Battaglia navale

Scrive Andrea Gagliardi su Il Sole24Ore: Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Matteo Salvini, ha incontrato l’Ammiraglio Nicola Carlone, comandante generale della Guardia Costiera. Il Corpo – si legge in una nota – vanta un personale con 10.800 donne e uomini e centinaia di uffici e comandi in tutta Italia. Per Salvini «è stato un lungo e proficuo incontro» per fare il punto della situazione, anche a proposito di immigrazione: attualmente in area Sar libica – puntualizza la nota – ci sono due imbarcazioni Ong.

118 su 2 navi Ong, prime prove per nuovo Governo 

Due navi umanitarie si trovano al largo della Libia con a bordo complessivamente 118 migranti soccorsi in mare. La Ocean Viking (bandiera norvegese) e la Humanity One (bandiera tedesca) saranno le prime a sperimentare la linea – che si annuncia dura – del nuovo Governo di centrodestra nel caso sollecitassero alle autorità italiane l’indicazione di un porto di sbarco. Sulla Ocean Viking della Ong tedesca Sos Mediterranee sono presenti 73 persone; sulla Humanity One di Sos Humanity (anch’essa tedesca) ce ne sono 45. Entrambi i salvataggi sono avvenuti in acque internazionali in zona Sar maltese

Di chi sarà la competenza sui porti?

Uno dei primi nodi che la leader di Fdi dovrà sciogliere è quello della competenza sui porti. 
A chi spetterà? A Nello Musumeci, ministro per le Politiche del Mare? O a Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile? Domanda non di secondo piano, visto che la gestione dei porti è molto “cara” – dal punto di vista politico – al segretario leghista, in quanto strettamente connessa al tema dell’immigrazione, come si visto nel corso del governo Conte I, quando – pur al Viminale – Salvini portò avanti la politica dei “porti chiusi” alle navi di salvataggio delle Ong, anche facendo pressing sull’allora ministro, per l’appunto delle Infrastrutture, Danilo Toninelli

L’ultima parola a Giorgia Meloni

Ora, con la delega diretta, avrebbe teoricamente maggiore mano libera per disporre la serrata dei porti, ma ecco che nell’esecutivo è comparsa la nuova delega al Mare, assegnata all’ex governatore della Sicilia. La competenza, quindi, a chi spetterà?
«Le deleghe del ministro Musumeci non assorbiranno alcuna competenza attualmente in capo al ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile», hanno fatto sapere fonti della Lega. «Avremo tempo.per parlare anche di questo». Così invece il ministro del Sud Nello Musumeci (Fdi). L’ultima parola, però, come si è rivelato chiaro in questi ultimi giorni, spetterà ancora una volta a Giorgia Meloni.

Porti, Salvini: torneremo a far rispettare confini

Ma Salvini insiste: «Torneremo a far rispettare i confini». Lo ha detto il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, Matteo Salvini, durante la registrazione di Porta a Porta, che andrà in onda questa sera. «Non è pensabile che le navi di tutto il mondo agiscano in tutto il mondo e poi arrivino unicamente in Italia. Onori ed oneri vanno condivisi», ha sottolineato Salvini, aggiungendo che «se c’è una nave norvegese si fa un colpo di telefono in Norvegia, se c’è una nave tedesca si fa un colpo di telefono a Berlino».

L’allarme da Pozzallo

Scrive Rossana Lo Castro per Adnkronos: “Per il sindaco di Pozzallo occorre “un approccio più umano. Bisogna sempre tenere a mente che si tratta di essere umani e non di numeri di vuote statistiche”. E le prime uscite di Salvini? “Mi auguro che non siano conseguenziali al ritorno a politiche del passato che hanno determinato i decreti ‘insicurezza’”. Una speranza arriva dal neo ministro dell’Interno. “Mi auguro che Piantedosi, persona competente e di grande umanità, di cui ho grande stima, possa affrontare il fenomeno in un altro modo con il coinvolgimento dei sindaci maggiormente interessati dalla gestione dei flussi migratori”. Resta l’amarezza, però, per il rischio di una nuova stagione di criminalizzazione nei confronti delle ong. “Quel tipo di muro contro muro non porta che caos e disordine. Un giorno la storia saprà dare un giudizio più corretto. Attaccare chi salva vite in mare mettendo a rischio la propria è impensabile. Occorrerebbe, invece, potenziare le politiche di accoglienza e il soccorso in mare, organizzare corridoi umanitari per vie di accesso sicure e legali”. Nella ‘sua’ Pozzallo gli approdi sono quotidiani. “Qui tutti i giorni abbiamo sbarchi, senza che i giornali ne parlino – conclude -. E’ un fenomeno ormai dimenticato”. 

“Il mio timore è che si ritorni a un passato che speravo ormai archiviato. A una condizione di caos e disordine nella gestione del fenomeno migratorio”. Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, da sempre in prima linea sul fronte dell’accoglienza, non nasconde la propria “grandissima preoccupazione” di fronte alle prime dichiarazioni del neo vice premier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Il leader della Lega, che ieri ha incontrato il comandante generale della Guardia costiera, ammiraglio Nicola Carlon, è tornato a ribadire il ‘pugno di ferro’ contro gli sbarchi illegali. Nel mirino ancora una volta le Ong. “Torneremo a far rispettare leggi e confini”, ha detto durante la registrazione della puntata di ‘Porta a porta’ che andrà in onda questa sera. “Questo tipo di dichiarazioni non possono che determinare in un sindaco di una città di frontiera grandissime preoccupazioni – dice all’Adnkronos -. Come se tutti questi anni fossero passati invano”. Il timore di Ammatuna è che si ritorni di nuovo alle “navi bloccate in rada per giorni, con elicotteri e ambulanze a fare la spola per evacuare in emergenza i casi medici più urgenti”, agli “ordini improvvisi di sbarco in un clima di assoluto disordine”, ai “presunti accordi internazionali per la ricollocazione con i migranti per settimane bloccati negli hotspot e il rischio di disordini nel territorio. Speravo – ammette il primo cittadino – che, finita la campagna elettorale, non si parlasse più in questi termini e ci fosse, al contrario, un approccio diverso a un fenomeno che chiama in causa l’Italia e l’Europa, ma che richiede un’assunzione di responsabilità collettiva”. 

Matteo Salvini ci riprova. 

Annota Tommaso Coluzzi su fanpage.it: “Al Viminale alla fine non è riuscito a tornarci, ma poco cambia. La macchina della propaganda però, quella sì che è già tornata in funzione. Pieno regime. L’ormai celebre bestia non ha mai smesso di macinare contenuti e post contro i migranti, ma ora può fregarsi le mani davanti al piatto grosso. Il leader della Lega può tornare a fare ciò che sa fare meglio – e soprattutto ciò che gli ha dato più risultati a livello elettorale finora – ovvero accanirsi contro gli ultimi. E state pur certi che lo farà. La scelta del suo nuovo incarico ministeriale, infatti, non è certo casuale.

Salvini ha giurato sabato scorso come ministro delle Infrastrutture nel governo Meloni, dopo aver chiesto – praticamente per un’estate intera – di tornare all’Interno. Il tutto dopo una campagna elettorale disastrosa, in cui la Lega ha dilapidato una marea di voti crollando sotto ai nove punti percentuali alle elezioni. Nonostante Salvini ci abbia provato in tutti i modi, come dimostrato nel suo vergognoso blitz estivo a Lampedusa, la Lega è colata a picco e il suo leader con lei. Ora cercherà inevitabilmente il colpo per rialzarsi in piedi e rosicchiare a Meloni quei milioni di voti che a sua volta la presidente del Consiglio gli ha sottratto poco a poco. Come? Salvini la strada la conosce bene, perché ha funzionato anni fa e sa di poter recitare alla perfezione quel ruolo.

La retorica dei porti chiusi e la narrazione tossica sull’immigrazione, perciò, ricominceranno con più forza di prima. È solo questione di tempo, poi Salvini accantonerà Quota 100, le bollette, l’energia e punterà il dito di nuovo contro un nemico. Magari basterà un episodio, o magari servirà qualche settimana in più. Ma il suo ruolo da ministro delle Infrastrutture permette di prevedere già i post che verranno lanciati sui suoi social: cento, duecento o trecento migranti sulla nave dell’Ong di turno, ma il porto “l’ho chiuso io, a chiave”. Italiani siete al sicuro”.

Il prefetto-ministro

Illuminante è lo scritto di Eleonora Camilli per Redattore Sociale: “L’immagine che circola di Piantedosi come un tecnico è azzardata e non reale. Il neo ministro dell’Interno ha avuto un ruolo molto forte sotto il ministero di Salvini, quindi la sua nomina ha un’importanza politica nettissima. E’ stato lui ad aver elaborato una delle norme a fortissimo contenuto ideologico: i decreti sicurezza, poi diventati oggetto di censure di incostituzionalità”. E’ quanto afferma Gianfranco Schiavone, direttore dell’Ics di Trieste e membro Asgi. Secondo Schiavone il nuovo responsabile del Viminale del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni non è una figura neutrale. 

“Tutti abbiamo dimenticato che da capo di gabinetto, a metà maggio 2020, firmò una direttiva di cui non venne mai data copia ai parlamentari, nonostante le insistenze di alcuni come Matteo Orfini. Quella direttiva diede vita alle riammissioni informali sul confine nord est italiano. Misure che sono illegali – spiega Schiavone -. Dunque, di fronte a un ministro dell’Interno famoso anche per questo non siamo sereni. Ci chiediamo se dobbiamo aspettarci anche una ripresa di questo tipo di attività o meno. Oggi che da quella rotta arrivano soprattutto persone partite dall’Afghanistan fuggite dal governo dei talebani sarebbe ancora più assurdo replicare quel tipo di azioni”. 

Per quanto riguarda gli altri ministeri e le altre misure che si potranno mettere in campo per fermare l’arrivo di migranti Schiavone si dice scettico. “La mia impressione è che questo esecutivo non ha nessuna idea di cosa fare sul tema: oscilla tra non sapere cosa fare e riproporre vecchie ricette. Ma il diritto ne ha già bocciate alcune, pensiamo ai decreti sicurezza o ai tentativi di chiudere i porti”.

Il Memorandum della vergogna

In Libia la situazione per quanto riguarda i diritti umani è “inaccettabile”. Soprattutto in merito alle condizioni di migranti e richiedenti asilo. A dirlo è il nuovo inviato speciale delle Nazioni Unite nel Paese, Abdoulaye Bathily, durante il suo primo intervento al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Un tema che diventa sempre più rilevante per l’Italia, con l’avvicinarsi del 2 novembre, data oltre la quale verrà automaticamente rinnovato il Memorandum di intesa con Tripoli per altri tre anni, a meno che le autorità italiane non decidano di intervenire.

“Purtroppo, la situazione dei diritti umani in Libia è ancora inaccettabile”, ha spiegato il diplomatico senegalese collegato in video dalla capitale libica. Bathily ha quindi lanciato un appello per “rilasciare immediatamente” le migliaia di migranti che vengono arrestati arbitrariamente e detenuti nei campi di detenzione in Libia. 

La situazione dei migranti in Libia

Diverse organizzazioni per i diritti umani da tempo chiedono all’Unione europea, e in particolare all’Italia, di sospendere la cooperazione con la Libia. Spesso infatti la conseguenza di questa attività è il respingimento di rifugiati e richiedenti asilo verso il Paese nordafricano, dove troppo spesso sono state documentate violazioni dei diritti umani dei migranti, tra detenzioni arbitrarie, stupri e torture.

“Negli ultimi cinque anni sono state oltre 85.000 le persone intercettate in mare e riportate in Libia: uomini, donne e bambini andati incontro alla detenzione arbitraria, alla tortura, a trattamenti crudeli, inumani e degradanti, agli stupri e alle violenze sessuali, ai lavori forzati e alle uccisioni illegali”, scrive Amnesty International in un appello. Per poi aggiungere: “Sono intrappolati in un Paese devastato dal conflitto, dove l’illegalità e l’impunità consentono alle bande criminali di prosperare. Molti, temendo per la propria vita e non avendo una via d’uscita sicura e legale dal paese, tentano di raggiungere l’Europa su fragili barche”.

Se entro il 2 novembre il Parlamento non casserà quel “patto infame”, esso sarà automaticamente rinnovato per altri tre anni. Una vergogna da cancellare. Ma dubitiamo che ciò avverrà. Una ragione in più per manifestare a Roma il 5 novembre. 

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