La chiusura delle liste è inevitabilmente un momento convulso. Si sommano stati d’animo diversi, con una conclusione finale simile ad una lunga e complicata maratona.
Mai del tutto liberatoria però perché restano problemi e insoddisfazioni di vario genere, anche di carattere personale e amicale , di preferenze discutibili che favoriscono alcuni a inevitabile danno ad altri e che possono provocare conseguenze negative nello sviluppo della campagna elettorale e nel risultato complessivo per la lista.
Tutto questo è forse in gran parte inevitabile, ma questa volta è stato reso più grave e pesante a causa di una legge elettorale pessima, accoppiata all’infelice decisione cinque stellata di riduzione dei parlamentari votata però da tutti i parlamentari incapaci di motivare all’opinione pubblica l’assurdità di una riduzione così drastica dei rappresentanti senza almeno una più ragionata e ragionevole valutazione sugli effetti complessivi che una tale riduzione di senatori e deputati avrebbe comportato.
Ma la causa maggiore di disagio e di insoddisfazione risiede prima di tutto nel modo improvviso e irragionevole con cui si sono create le condizioni per arrivare all’elezioni anticipate e di conseguenza le modalità e gli stessi tempi limitati di preparazione delle liste per il voto anticipato.
Non sono mancati gesti discutibili di accordi e disaccordi gestiti in breve tempo con clamorose rotture, mutamenti di candidature, sorprese con ripescaggi e tentativi di recupero di voti dell’ultima ora. Una certa impressione tra l’altro rimane per qualche candidatura femminile, una sorta di compagna di viaggio , trascinata o collocata in lista dal compagno più autorevole e più forte, garante in ultima analisi del risultato positivo con stipendio ed indennità a carico dei contribuenti.
Il rammarico e la preoccupazione più grossi derivano dalla scarsa qualità sia dei protagonisti in gioco, sia dai temi del dibattito e dalla sostanza del confronto. Anche su temi enormi come quello del fascismo e dell’antifascismo e quello non meno rilevante del presidenzialismo e della forma parlamentare.
Del resto purtroppo anche sulla tragica condizione della guerra russa in Ucraina è apparso progressivamente ridursi il valore dell’impegno e della scelta di solidarietà europeista e atlantica. Questioni certo non semplici ma rispetto alle quali almeno la scelta di campo e la collocazione di fondo dell’Italia dovrebbero essere fuori discussione.
Una forte impressione negativa, almeno che non maturi una improvvisa inversione di tendenza nell’ultimo mese fino al 25 settembre, è ancora oggi rappresentata da una scarsa o quasi nulla partecipazione giovanile accompagnata da una età media dei candidati che supera abbondantemente i 40 anni.
Una democrazia che fatica ad alimentare le idealità e le tensioni di rinnovamento da parte delle nuove generazioni è forse il segno più preoccupante della sua fragilità e della incapacità, per responsabilità soprattutto degli adulti di trovare e individuare le ragioni di un impegno di rifondazione e rinnovamento.
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