La destra fa paura, la sinistra è dispersa e depressa, il Pd che si sposta ancor più al centro, chiude a Conte e candida Casini è la medicina amara difficile da mandare giù. E’ questa l’aria che si respira tra la gente e sui social a Bologna, “la città più progressista d’Europa” secondo il sindaco Matteo Lepore, e in quella che fu l’Emilia rossa.
La destra spaventa per le posizioni sovraniste e sull’Europa, i suoi riferimenti internazionali (Trump, Bolsonaro, Orban), il futuro da Italietta di ritorno che si può immaginare con la triade Meloni, Berlusconi, Salvini al potere (“Dio, patria e famiglia”, presidenzialismo, regionalismo differenziato, populismo a go-go), le connivenze mai superate con gli ambienti del neofascismo e del malaffare, l’arretramento annunciato sul tema dei diritti (“Prima gli italiani”, cittadinanza, aborto, fine vita, lgbt).
Ma fa paura soprattutto per i danni che potrebbe arrecare al sistema Paese con la pessima classe dirigente che si ritrova. La sinistra della scomposizione dell’atomo ha depositato una decina di simboli ma mai come questa volta una speranza, un’idea alternativa credibile di cambiamento del paese, del mondo o anche solo dello status quo. L’argine alla prevedibile vittoria della destra doveva essere il “campo largo”, che invece è diventato un campo di battaglia dove ciascuno coltiva il proprio orticello cercando di avvelenare i pozzi del vicino: un ring dove i potenziali alleati di ieri (Letta, Conte, Calenda, Renzi) gridano bau bau alla destra mentre si menano tra loro cercando di perdere ai punti e non per ko, di rimanere comunque in piedi con la speranza che l’arbitro di Bruxelles squalifichi i vincitori e rimetta sul quadrato i perdenti, tra qualche mese o anno.
La prima conseguenza di questa situazione è la crescente sfiducia nella politica, che probabilmente si tradurrà, il 25 settembre, in un aumento consistente dell’astensionismo e del voto di protesta. La decisione di Letta di imporre la candidatura di Casini nel collegio senatoriale blindato della città capoluogo è la ciliegina sulla torta dello scoramento a sinistra. Quattro anni fa fu Renzi ad imporla. Nonostante il partito fosse allora tutto o quasi schierato col segretario, la scelta provocò parecchi mal di pancia negli elettori.
Molti turandosi il naso lo votarono, diversi altri no. Nelle urne non andò bene. Casini fu eletto ma nel collegio il Pd perse il 10% dei voti. Ora Letta, che nel frattempo ha fatto un discreto repulisti di renziani nelle liste, lo ha confermato con la motivazione che la sua “sarà una voce importante a difesa della Costituzione”.
La sensazione, scorrendo i commenti sui social, è che questa volta andrà peggio. “Errare è umano, perseverare è diabolico: non avrà il mio voto”. “Letta dà per scontata la vittoria della destra e si tiene Casini per difendere la costituzione: sai che partigiano!”. “Era il delfino di Forlani, la destra Dc, poi campione di trasformismo, da quarant’anni in Parlamento, ha definito incivili i matrimoni gay, è nemico della comunità Lgbt: cosa c’entra quell’uomo con la sinistra?”. “Mi spiace ma questa volta non voterò il Pd: se vado a votare annullo la scheda, o faccio il voto disgiunto tra Camera e Senato”.
Questo l’umore a sinistra e anche tra elettori storici del Pd, che contestano a Letta di non aver ascoltato la base e di aver annunciato la candidatura di Casini con una lettera a Repubblica Bologna invece di andare a confrontarsi nel territorio. “E’ stata una scelta di Letta, e io sono orgogliosa della mia base”, si limita a dire la segretaria provinciale, Federica Mazzoni.
Il sindaco Lepore, contrario alla ricandidatura, non commenta. Il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, invece, invita tutti a spegnere le polemiche e a fare quadrato per battere la destra. Ma è lo stesso che pochi giorni fa aveva fatto incavolare chi vorrebbe un Pd più di sinistra: “Io non ho nostalgia dei Ds”, aveva tagliato corto. “Se le cose andranno male e verrà presentato il conto a Letta, Bonaccini è già bello pronto a sostituirlo. Ma chi pensa che porterà il Pd più a sinistra si sbaglia di grosso”, dicono i maligni.
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