Sinistra, se ci sei adotta l'Agenda Bergoglio
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Sinistra, se ci sei adotta l'Agenda Bergoglio

Agenda Bergoglio” è molto più progressista di quella “Draghi”. Più di “sinistra”. Più umana. E “rivoluzionaria”. E forse è proprio per questo che non verrà adottata.

Sinistra, se ci sei adotta l'Agenda Bergoglio
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Luglio 2022 - 18.51


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Statene certi: la guerra sarà degradata ad argomento di polemica interna, della peggior specia, fatta di accuse tipo “tu che hai fatto saltare il governo Draghi sei al servizio di Putin”, e l’accusato che ribatte: “zitto te che hai venduto gli interessi del Paese all’America”. Così siamo ridotti. E così è ridotta gran parte della stampa e dei media televisivi.

Altra certezza: le maratone no stop sulla guerra saranno sostituite da quelle sulle elezioni. Cambia l’argomento ma non attori e comparse. D’altro canto, il “tuttologismo” è sport nazionale, e i suoi praticanti affollano i talkshow televisivi, spacciandosi una volta per virologi, un’altra per strateghi militari, e ora per scienziati della politica.  Scrivono: la caduta del governo Draghi è un regalo a Putin”. Come se nel futuro prossimo dell’Italia vi possa essere un monocolore Salvini. A parte il fatto che lo stesso capo leghista prova a mondarsi del peccato originale putiniano, cercando di riaccreditarsi come fan degli States nei circoli atlantici che contano per davvero. Diciamocelo brutalmente: anche se il 26 settembre dovesse materializzarsi l’incubo peggiore, Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, non è che vedremmo cosacchi abbeverare i loro cavalli a San Pietro. Quanto a filoatlantismo (magari con l’aggiunta di un sovranismo nazionalpopulista) la leader di Fratelli d’Italia ne dà ampia prova.  Non deve fare poi tanta fatica: il filoatlantismo più duro è parte della storia del Msi, di cui Meloni è il portato.

Quanto poi al centrosinistra, sposare l’”Agenda Draghi” significa anche mantenere ferma la barra riarmista e continuare nelle forniture di armi all’Ucraina e nell’incremento delle spese militari. Sulla guerra il pensiero unico è trasversale agli schieramenti in formazione. In questo schema, il pensiero pacifista è un intruso. Se qualche briciola entrerà nel centrosinistra, sarà dalla porta di servizio, magari con qualche candidatura di bandiera. Resta un mondo solidale senza una significativa rappresentanza politica. Il che fa dell’Italia un’anomalia nell’Europa democratica. In Francia, tanto per fare un esempio, il pensiero pacifista, e le sue espressioni organizzative, ha trovato spazio e risalto nella coalizione Nupes di Mélenchon.

In Germania, il pacifismo si ritrova nei Verdi, nella Linke e anche in settori non marginali della stessa Spd. E questo avviene anche in Spagna e in Grecia. E da noi? Da noi sarebbe davvero paradossale se certe critiche verso l’iperatlantismo fossero rappresentate da uno come Di Battista, la cui soria e agli antipodi di quella della sinistra, vecchia e nuova. I massimi dirigenti del Partito democratico, a cominciare dal segretario Letta, continuano a ripetere che il 25 settembre si dovrà scegliere da che parte stare: “di qua o di là”. Vorremmo chiedere loro: il suddetto assunto vale anche per la guerra? Di qua o di là rispetto alla pace, allo stare, e come starci, nella Nato? Vale sulla riduzione delle spese militari e sulla convinzione che un mondo con più armi è un mondo meno sicuro? E ancora. Stare di qua o di là, vale anche per il riconoscimento unilaterale dello Stato di Palestina nei confini del 67? Vale nel considerare un crimine continuare a finanziare la cosiddetta Guardia costiera libica che fa il lavoro sporco per conto nostro, quello dei respingimenti? Di qua o di là dal richiedere verità e giustizia per Giulio Regeni, anche a costo di congelare le relazioni diplomatiche, e gli affari, con il regime di al-Sisi. Di qua o di là considerare Erdogan per quel che è, un autocrate liberticida, facitore della pulizia etnica nel Rojava curdo-siriano, e non, come ha fatto Draghi in una delle sue ultime sortite internazionali, un partner affidabile?

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Una sinistra, nel centrosinistra, che sia tale dovrebbe adottare un’Agenda. Ma non quella Draghi. L’”Agenda Bergoglio”.

L’agenda di chi, dopo aver  h annullato la propria partecipazione ad un incontro promosso dalla conferenza episcopale italiana e dal comune di Firenze, con la partecipazione di vescovi e sindaci di tutto il Mediterraneo, nel suo discorso a La Valletta (4 aprile 2022) ha ripreso la figura che era al centro di quell’incontro: “Più di sessant’anni fa, a un mondo minacciato dalla distruzione, dove a dettare legge erano le contrapposizioni ideologiche e la ferrea logica degli schieramenti, dal bacino mediterraneo si levò una voce controcorrente, che all’esaltazione della propria parte oppose un sussulto profetico in nome della fraternità universale”, ha detto Jorge Mario Bergoglio. “Era la voce di Giorgio La Pira, che disse: ‘La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi’. Sono parole – ha chiosato il papa – attuali: quanto ci serve una ‘misura umana’ davanti all’aggressività infantile e distruttiva che ci minaccia, di fronte al rischio di una ‘guerra fredda allargata’ che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni!”.

“Quell’infantilismo, purtroppo, non è sparito”, ha proseguito il papa argentino. “Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri. Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace, siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che – ha puntualizzato il papa – anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi”.

“Ed è triste – ha proseguito – vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza. E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche. Ma la soluzione alle crisi di ciascuno è prendersi cura di quelle di tutti, perché i problemi globali richiedono soluzioni globali. Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato, ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno! E – ha detto il Papa concludendo il ragionamento – gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione”.

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“Faccio appello ai capi delle Nazioni e delle organizzazioni internazionali perché reagiscano alla tendenza ad accentuare la conflittualità. Il mondo ha bisogno di pace. Non di una pace basata sull’equilibrio degli armamenti, sulla paura reciproca. No, questo non va. Questo vuol dire far tornare indietro la Storia di 70 anni”. “La crisi ucraina avrebbe dovuto essere – ma se lo si vuole può ancora diventare – una sfida per statisti saggi, capaci di costruire nel dialogo un mondo migliore per le nuove generazioni”, ha aggiunto ancora Bergoglio, poco dopo il suo rientro a Roma.  “Bisogna passare dalle strategie di potere politico, economico e militare a un progetto di pace globale. No a un mondo diviso tra potenze in conflitto, sì a un mondo unito tra popoli e civiltà che si rispettano”. “Bisogna passare dalle strategie di potere politico, economico e militare a un progetto di pace globale”

“Malta è un luogo-chiave per quanto riguarda il fenomeno delle migrazioni”, ebbe ha sottolineare il Papa ripercorrendo nell’udienza di oggi le tappe del suo viaggio apostolico a Malta ha raccontato come “nel Centro di accoglienza Giovanni XXIII ho incontrato numerosi migranti, che sono approdati sull’isola dopo viaggi terribili”. “Non bisogna stancarsi di ascoltare le loro testimonianze, perché solo così si esce dalla visione distorta che spesso circola nei mass-media e si possono riconoscere i volti, le storie, le ferite, i sogni e le speranze di questi migranti”, l’appello di Francesco: “Ogni migrante è unico, non è un numero, è unico come ognuno di noi: il migrante è una persona con la sua dignità, le sue radici, la sua cultura. Ognuno di essi è portatore di una ricchezza infinitamente più grande dei problemi che pure comporta”. “E non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dalle migrazioni”, ha aggiunto a braccio.  “Certo, l’accoglienza va organizzata, va governata, e prima, molto prima, va progettata insieme, a livello internazionale”, ha precisato il Papa: “Perché il fenomeno migratorio non può essere ridotto a un’emergenza, è un segno dei nostri tempi. E Come tale va letto e interpretato. Può diventare un segno di conflitto, oppure un segno di pace. Dipende come lo prendiamo, dipende da noi”.

“Penso ai centri di accoglienza: quanto è importante che siano luoghi di umanità!”. Lo aveva esclamato il Papa, nel discorso rivolo ai 200 migranti presenti nel Centro “Giovanni XXIII PeaceLab” di Hal Far, ultima tappa pubblica del suo viaggio apostolico a Malta. “Sappiamo che è difficile, ci sono tanti fattori che alimentano tensioni e rigidità”, ha ammesso Francesco: “E tuttavia, in ogni continente, ci sono persone e comunità che accettano la sfida, consapevoli che la realtà delle migrazioni è un segno dei tempi dove è in gioco la civiltà”. “E per noi cristiani è in gioco anche la fedeltà al Vangelo di Gesù, che ha detto ‘Ero straniero e mi avete accolto’”, il monito del Papa sulla scorta del Vangelo: “Questo non si crea in un giorno! Ci vuole tempo, ci vuole tanta pazienza, ci vuole soprattutto un amore fatto di vicinanza, di tenerezza e di compassione, come è l’amore di Dio per noi. Penso che dobbiamo dire un grande ‘grazie’ a chi ha accettato tale sfida qui a Malta e ha dato vita a questo Centro. Lo facciamo con un applauso!”. Al centro del discorso di Francesco, le testimonianze dei migranti, che partendo hanno dovuto staccarsi dalle proprie radici. “È uno strappo. Uno strappo che lascia il segno. Non solo un dolore momentaneo, emotivo. Lascia una ferita profonda nel cammino di crescita di un giovane, di una giovane. Ci vuole tempo per risanare questa ferita; ci vuole tempo e soprattutto ci vogliono esperienze ricche di umanità: incontrare persone accoglienti, che sanno ascoltare, comprendere, accompagnare; e anche stare insieme ad altri compagni di viaggio, per condividere, per portare insieme il peso… Questo aiuta a rimarginare le ferite”.

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Potremmo proseguire a lungo, citando altri discorsi del Papa sulla pace giusta, l’inclusione, la denuncia delle barbarie dei lager in Libia, a Lesbo, in ogni parte del mondo. Così come le sue considerazioni contro l’apartheid vaccinale, lo sfruttamento selvaggio della natura, causa di siccità, fame, disastri ambientali. La critica ad una idea di sviluppo che non conosce regole né limiti, ad una finanziarizzazione dell’economia per cui il 5% del pianeta detiene la ricchezza a scapito dell’altro 95%. 

Così si esprimeva nel 2013 Francesco, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium : “Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente tranquillità”. E questo accade “non soltanto perché l’iniquità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice”. Insomma, “il male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste, contiene sempre un potenziale di dissoluzione e di morte”. Siamo dunque lontani da un’analisi rassicurante sui possibili ‘aggiustamenti’ in senso perequativo del capitalismo, si dice piuttosto che è lo stesso sistema a produrre ingiustizia e violenza. Non solo: Francesco mette sotto accusa anche un pensiero in base al quale “ogni crescita economica favorita dal libero mercato” porti con sé una ricaduta positiva, cioè “una maggiore equità nel mondo”. Il Papa bolla così chi la pensa in questo modo: “Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante”, sottolineando ancora come l’attuale sistema di sviluppo sia fondato su «un’economia che uccide», per questo «non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato”.

Ecco perché l’”Agenda Bergoglio” è molto più progressista di quella “Draghi”. Più di “sinistra”. Più umana. E “rivoluzionaria”. E forse è proprio per questo che non verrà adottata.

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