Se c’è il Paradiso David Sassoli è già lì
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Se c’è il Paradiso David Sassoli è già lì

Chi ha conosciuto e frequentato negli anni Sassoli aveva già avuto un sussulto, dopo la doccia fredda di metà settembre dell’anno passato, quando una grave polmonite l’aveva colpito.

Se c’è il Paradiso David Sassoli è già lì
David Sassoli
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Vincenzo Vita Modifica articolo

13 Gennaio 2022 - 19.43


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La scomparsa di David Sassoli (David Maria, in omaggio a David Maria Turoldo) lascia sgomenti, oltre che commossi. Le morti sono tutte uguali, ci mancherebbe. Tuttavia, l’espressione forte e indelebile di un giornalista così serio che fu conduttore della principale testata italiana – il Tg1- è diventata una sequenza del nostro immaginario. Un volto e un sorriso che hanno contribuito a migliorare la reputazione  della Rai, rendendo più plausibile ed accettabile l’informazione resa dalla fonte storicamente più paludata e sottomessa al potere.

Ma proprio nell’ultima apparizione pubblica prima delle feste natalizie, in occasione della conclusione del mandato di Presidente del parlamento europeo, i segni della malattia apparivano chiari. Il corpo non mente mai. Chi ha conosciuto e frequentato negli anni Sassoli aveva già avuto un sussulto, dopo la doccia fredda di metà settembre dell’anno passato, quando una grave polmonite l’aveva colpito. E all’ultima notizia di un pericoloso venir meno delle difese immunitarie, a causa di un mieloma ritornato a corrodere un corpo via via indebolito.

Torniamo alla parte pubblica di una vita intensa e variegata attività. Raccogliere in breve una biografia densissima, pur conclusa così prematuramente, non è facile.

L’inizio fu nella città natale – Firenze – sotto la stella e l’influenza di Giorgio La Pira e di quel cattolicesimo aperto e lontano dalle logiche gerarchiche che ha segnato la crescita del giovane Sassoli. Cresciuto, poi, a Roma, vicino nel liceo Virgilio al movimento degli studenti credenti e laici, maturò l’esperienza dell’associazione scoutistica Agesci e della cosiddetta Rosa bianca, su impulso di quel Paolo Giuntella (pure scomparso, purtroppo) che animava un universo di persone attente ai diritti negati degli strati deboli e dimenticati.

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L’impegno civile varcò il confine della politica, attraverso la Lega democratica diretta – tra gli altri – da Pietro Scoppola. Eravamo nella stagione a cavallo tra gli ottanta e i novanta del secolo scorso, quando alla crisi delle ideologie storiche si tentava generosamente di rispondere attraverso il valore della morale e dell’etica.

Nel frattempo, Sassoli aveva cominciato l’attività giornalistica, transitando dal quotidiano Il Tempo, ad un’agenzia come l’Asca, alla redazione romana de Il Giorno, fino al Tg3. Fu nel 1992, grazie all’intuizione rabdomantica di Sandro Curzi assistito da Barbara Scaramucci. Lì iniziò la stagione televisiva, passata per un po’ alla rete due del servizio pubblico, fino al Tg1 di cui è stato il popolarissimo testimone. Ma non solo. Insieme si avviò un rilevante ruolo sindacale: nel comitato di redazione della testata, nel sindacato dei giornalisti della Rai e in seguito nell’associazione della stampa romana, che presiedette nel 2004. Fu nel 2002 tra fondatori di Articolo21, con adesione convinta e duratura alle manifestazioni contro censure, querele temerarie ed editti bulgari.

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Seguì l’incontro con il partito democratico, che lo candidò con successo nel 2009 al parlamento di Strasburgo. Fu riconfermato nel 2014 (malgrado l’esito infelice delle primarie per il Campidoglio nel 2013) e nel 2019. Dapprima capodelegazione del Pd, poi vicepresidente, fino al massimo vertice dell’assemblea. Proprio a dicembre aveva annunciato di volere la rotazione dell’incarico, per non compromettere la maggioranza che aveva permesso l’elezione di Ursula von der Leyen (tra le prime personalità a spendere parole sentite dopo la morte) alla responsabilità nella Commissione.

Non è stata l’avventura europea una formalità. Al contrario, Sassoli ha svolto una funzione significativa nel ridare credibilità ad un paese ancora oggetto di battute feroci dopo l’epopea berlusconiana. Se l’Italia ha ottenuto il cospicuo finanziamento del Piano di rilancio e resilienza (PNNR) e ha cominciato a pesare in misura maggiore, il merito è anche suo.

Va ricordato, alla vigilia di un delicato voto per il successore di Sergio Mattarella insidiato dalla pandemia, che proprio dalla presidenza  europea è venuta un’indicazione utile. Pur nel dilagare del virus, lassù aula e commissioni hanno continuato a lavorare con votazioni a distanza, mediante appositi accorgimenti tecnici. Un precedente importante, che potrebbe fare giurisprudenza in materia.

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In diversi dibattiti Sassoli si era dimostrato sensibile alle critiche dei Trattati che hanno imbrigliato l’Unione, soggiogandola a logiche meramente finanziarie. Così per ciò che concerne i rigidi parametri del bilancio, se gli scostamenti fossero finalizzati alla ricerca e all’aumento delle capacità conoscitive, al superamento delle disuguaglianze. L’origine solidaristica e sociale ha caratterizzato la disponibilità costante al dialogo e all’attenzione verso le persone, gli esseri umani magari semplici e negletti.

Negli auguri per il Natale, che sarà ricordato come il discorso di addio, Sassoli parlava di superare e di abbattere i muri, di rispettare le diversità, di dare una speranza a chi non ce l’ha.

Nel settembre del 2019 Sassoli non mancò di dissociarsi  dalla pessima risoluzione votata a Strasburgo, in cui si equiparavano nazismo e comunismo. In un’efficace intervista rilasciata al periodico dell’associazione nazionale partigiani (ANPI), si sottolineava il valore fondante per la stessa Unione europea della lotta antifascista. Un testamento da incorniciare. 

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