Migranti: altro che "green" quando sente parlare di pass, Salvini vede "red"
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Migranti: altro che "green" quando sente parlare di pass, Salvini vede "red"

Vale per le vaccinazioni anti-Covid e non meno, anzi, per il ronzino di battaglia del capo della Lega: l’”invasione” di migranti.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Settembre 2021 - 16.12


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Altro che “green”. Quando sente parlare di Pass, Matteo Salvini vede “red”. Vale per le vaccinazioni anti-Covid e non meno, anzi, per il ronzino di battaglia del capo della Lega: l’”invasione” di migranti.

Bordate sul Viminale

“Un incontro con la Lamorgese e il premier è urgente e necessario. Sul ministro lasciamo parlare i numeri”, sentenziano fonti della Lega, che hanno quindi ricordato “gli sbarchi del 2021 (39.410), del 2020 (19.339) e del 2019 quando Salvini era al Viminale (5.135)”.

Ieri in conferenza stampa, il presidente del Consiglio, Mario Draghi,  aveva difeso l’operato del titolare del Viminale, non chiudendo però alla possibilità di un incontro che si rivelerebbe di “interesse”. “Lamorgese lavora molto bene, il problema è molto difficile, e io non ho visto nessuno che abbia la bacchetta magica. I numeri non sono spaventosi, abbiamo avuto anni peggiori e credo che la ministra Lamorgese faccia il suo lavoro e lo faccia bene”, aveva affermato Draghi affrontando così l’argomento immigrazione e la domanda sulle critiche della Lega al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese per la gestione dei flussi migratori.  Argomento su cui Draghi è tornato in seguito, rispondendo a un’altra domanda sulla possibilità di un incontro a tre con Salvini e Lamorgese: “E’ un’opinione personale, dovrei chiedere al ministro Lamorgese, ma dovrebbe essere un chiarimento interessante, in cui Salvini e Lamorgese possono dire i loro punti di vista… Soprattutto – è la notazione di Draghi – se quel che non va è raffrontabile a quello che non andava 3, 4 o 5 anni fa. Ovviamente non all’anno della pandemia, perché lì si è fermato tutto, anche i migranti. Se il ministro Lamorgese lo vorrà si farà volentieri, magari non in tv o in streaming”.

Salvini, il ministro dell’Interno? È assente 

Un passo, breve, indietro nel tempo. Dieci agosto.Interpellato all’esterno della caserma Ferrari Orsi di Caserta, sede della Brigata Bersaglieri Garibaldi, dove ha effettuato una visita all’hub vaccinale più grande della Campania, Salvini ha messo in evidenza che “non è possibile che ci sia un ministro dell’Interno assente, che si preoccupa di mandare i controlli agli italiani che vanno al bar e che sta facendo sbarcare anche in queste ore centinaia di immigrati irregolari non vaccinati». E ancora: “Io le persone le giudico dai fatti e come sbarchi di clandestini stiamo tornando ai numeri disastrosi di qualche anno fa. Limitare gli sbarchi si può, invito il ministro a darsi una mossa. Non si capisce perché  navi straniere devono sbarcare il loro carico in Italia, basta fare tre telefonate non occorre la scienza”, conclude il senatore “telefonista”.

Una Norimberga del Mediterraneo

Sul banco degli imputati dovrebbero sedersi anche i leader europei. Per i morti causati dai respingimenti, per aver svuotato il Mediterraneo dalle navi salvavita delle Ong, per aver finanziato aguzzini in divisa per fare il lavoro sporco al posto nostro. Migliaia di rifugiati, compresi bambini in fuga dalle guerre, sarebbero stati respinti dai confini comunitari attraverso l’utilizzo di tattiche brutali e illegali dagli Stati membri dell’Ue, supportati dall’agenzia Frontex. Questo è quanto denuncia un’analisi condotta dal Guardian  sulla base dei dati delle Nazioni Uniti e di diverse Ong. Secondo il report, durante pandemia, i Paesi Ue avrebbero espulso circa 40mila richiedenti asilo dai confini dell’Europa e i metodi utilizzati, tra cui aggressioni durante detenzione o trasporto, avrebbero portato alla morte di oltre 2mila persone. L’analisi avrebbe rivelato che la regolarità delle pratiche disumane sarebbe aumentata notevolmente e che gli Stati europei sarebbero responsabili di cattiva condotta e operazioni illegali.  “

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Dati recenti suggeriscono un aumento delle morti di migranti che tentano di raggiungere l’Europa e, allo stesso tempo, un aumento della collaborazione tra gli Stati membri con Paesi terzi come la Libia, che ha portato al fallimento di diverse operazioni di salvataggio”, rimarca Fulvio Vassallo Paleologo, esperto di diritti umani e immigrazione. “In questo contesto, le morti in mare dall’inizio della pandemia sono direttamente o indirettamente collegate all’approccio dell’Ue volto a chiudere tutte le porte”. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2020, quasi 100mila immigrati sono arrivati ​​in Europa via mare e via terra rispetto ai 130mila del 2019 e i quasi 200mila del 2017. Come si legge nel rapporto del giornale britannico, nonostante il calo numerico, Stati come Italia, Malta, Grecia, Croazia e Spagna da gennaio 2020 avrebbero accelerato i loro programmi di accoglienza dura, adottando chiusure parziali o complete delle frontiere per limitare la diffusione del coronavirus. Questi Paesi avrebbero quindi pagato Stati terzi e arruolato navi per intercettare le imbarcazioni e indirizzare i passeggeri nei centri di detenzione. Nell’analisi si parla di persone picchiate, derubate, abusate sessualmente, spogliate e lasciate addirittura in mare. Tuttavia, Frotex ha ribattuto “le autorità, inclusi noi, hanno fatto tutto ciò che era umanamente possibile per salvare i migranti” e ha respinto le accuse. 

Uno degli esempi più gravi evidenziato nel rapporto è quello della Croazia, che ha intensificato la violenza sistemica nei confronti dei migranti della Bosnia, iniziando addirittura a respingerli più frequentemente. Il Consiglio danese per i rifugiati (Rdc) ha registrato quasi 18mila esclusioni dall’inizio della pandemia. Alcuni migranti avrebbero riportato di essere stati verniciati a spruzzo con croci rosse in testa da agenti croati che dicevano loro che quella era la “cura contro il coronavirus”. “Nonostante l’impegno della Commissione europea con le autorità croate negli ultimi mesi, non abbiamo praticamente registrato alcun progresso, né sulle indagini, né sullo sviluppo di meccanismi indipendenti di monitoraggio delle frontiere”, afferma  Nicola Bay, direttore della Rdc per la Bosnia. “Ogni singolo respingimento rappresenta una violazione del diritto internazionale e dell’Ue, che si tratti di violenza o meno” ha spiegato Bay. 

Ma anche lo Stato greco ha aumentato le esclusioni e ha bloccato alla frontiera più di 6mila richiedenti asilo, secondo i dati di Border Violence Monitoring Network (Bvmn). Da gennaio 2020, la Grecia  ha respinto, dalle proprie spiagge, circa 6.230 richiedenti asilo, secondo i dati raccolti dal BVMN. Il rapporto dichiara che in circa l’89% dei respingimenti “Bvmn ha registrato un eccessivo e sproporzionato uso della forza. Questi numeri allarmanti dimostrano che l’uso della forza in maniera abusiva, e pertanto illecita, è divenuto una normalità […]”. “Esempi estremamente cruenti di violenza ad opera della polizia, documentati nel 2020, includono: percosse eccessive e prolungate (spesso su corpi nudi), immersione in acqua, abuso fisico di donne e bambini, l’uso di barre di metallo per infliggere lesioni”. Nelle testimonianze le persone descrivono che le loro mani fossero legate alle sbarre delle celle, ed i loro capi coperti con dei caschi, così da evitare lividi visibili.

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Una causa legale depositata nei confronti dello stato greco presso la Corte Europea dei Diritti Umani,  accusa Atene di abbandonare migliaia di migranti in zattere di salvataggio in mare, dopo che alcuni o alcune di queste sono stati picchiati. La causa sostiene che le pattuglie di controllo greche hanno rimorchiato i migranti verso le acque turche, abbandonandoli al mare senza cibo, acqua, giubbotti di salvataggio o alcuno strumento per richiedere aiuto.

Secondo Bvmn: “Che si tratti di usare la pandemia da Covid-19 o il coprifuoco nazionale per coprire i respingimenti, per costruire prigioni a cielo aperto, o per impedire alle barche di entrare nelle acque greche sparando colpi di avvertimento verso le stesse, le evidenze sottolineano il persistente rifiuto di aderire ai valori democratici, di rispettare i diritti umani e il diritto internazionale ed europeo.

 Inoltre, Unhcr ha detto che dall’inizio della pandemia, le autorità libiche, con il sostegno italiano, hanno intercettato e respinto a Tripoli più di 15mila richiedenti asilo. Questa strategia ha provocato il ritorno forzato di migliaia di persone nei centri di detenzione libici dove, secondo i rapporti, subiscono torture. 

“Nel 2020 la pratica dei respingimenti violenti non solo è continuata, ma aumentata, con un ruolo sempre più importante svolto da Frontex, che con i suoi aerei avvista le barche in mare e comunica la loro posizione alla guardia costiera libica”, denuncia Matteo de Bellis, ricercatore sulla migrazione di Amnesty International. “Quindi, mentre l’Italia ad un certo punto ha persino usato la pandemia come scusa per dichiarare che i suoi porti non erano sicuri per lo sbarco delle persone soccorse in mare, non ha avuto problemi con la guardia costiera libica che ha rimpatriato le persone a Tripoli. Anche quando la Libia era sotto bombardamento o quando centinaia di persone sono attaccate a colpi d’arma da fuoco subito dopo lo sbarco “. “Le operazioni di push e pull-back sono diventate routine, così come le forme di abbandono marittimo in cui centinaia di persone sono state lasciate ad annegare”, ha detto un portavoce di Alarm Phone, un servizio di hotline per migranti in difficoltà in mare. ” Abbiamo documentato così tanti naufragi che non sono mai stati ufficialmente contabilizzati e quindi sappiamo che il vero bilancio delle vittime è molto più alto. In molti casi, le guardie costiere europee si sono rifiutate di rispondere: hanno preferito lasciare che le persone annegassero. Anche se tutte le autorità europee cercano di rifiutare la responsabilità, sappiamo che la morte di massa è il risultato diretto sia delle loro azioni che delle loro inazioni” ha aggiunto il  portavoce. 

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Nessun blocco alle frontiere è gratis

Uno degli argomenti più abusati nella narrazione farlocca sull’”invasione” dei migrantic e contro il salvataggio e l’accoglienza delle persone in cerca di asilo riguarda i costi necessari: 4,8 miliardi di euro nel 2018, anno di picco della spesa relativa. Il sottinteso di un simile ragionamento è che i respingimenti siano gratuiti, o quasi. Un salutare risparmio di risorse pubbliche. Di recente, però –un documentato rapporto di ActionAid – The Big Wall – ha cominciato a squarciare il velo sui vari capitoli di spesa, italiani ed europei, che finanziano il fronte della sorveglianza dei confini e della deterrenza verso i tentativi di ingresso, fossero pure quelli di chi fugge da guerre e persecuzioni.

Si tratta di cifre largamente incomplete, perché le spese sono spesso occultate sotto l’ombrello di voci di bilancio più ampie, oppure diluite nei finanziamenti delle forze dell’ordine, dei ministeri o di altri apparati. Anche se parziale, il dato fa comunque impressione: tra il 2015 e il 2020 l’Italia e l’Ue hanno speso 1 miliardo e 337 milioni di euro per cercare di fermare gli arrivi dall’Africa.

Il controllo delle frontiere assorbe quasi la metà del budget. Spese ingenti riguardano il dispiegamento di tecnologie sempre più sofisticate. Per esempio, nel mese di febbraio la polizia di frontiera ha assegnato un appalto per 6,9 milioni di euro al colosso aerospazial-militare Leonardo, al solo scopo di noleggiare un drone per la sorveglianza del Mediterraneo centrale. Almeno servisse a salvare le vite dei migranti in pericolo, ma non si è avuta notizia di un suo impiego per finalità umanitarie.

Altre spese di rilievo riguardano l’esternalizzazione delle frontiere, con il coinvolgimento dei paesi di transito lungo le rotte africane. Qui a fare la parte del leone è certamente la Libia, con circa 200 milioni di euro. La legge di bilancio del 2021, prevede un esborso di altri 66 milioni per la realizzazione di “infrastrutture” sul suolo libico. Segue a distanza il caso meno noto del Niger, attorno ai 100 milioni. Storico punto di snodo delle rotte che dal Golfo di Guinea conducono verso il Mediterraneo, il paese ha subito lo smantellamento dell’infrastruttura diffusa che forniva servizi ai viaggiatori in transito: acqua, cibo, ospitalità, trasporti. Un danno grave non solo per i trafficanti, capaci comunque di riconvertire le loro attività in altre direzioni, ma per molti pacifici operatori locali dell’economia formale e informale.

Insomma, il capo della Lega  è in “bad company”. Una compagnia affollata, agguerrita, di edificatori di muri anti-migranti. In Europa, ahinoi, gli Orban si sprecano. E pure i Salvini. 

 

 

 

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