Una mozione della Camera che impegna il governo ad attivarsi per la concessione della cittadinanza allo studente di Bologna detenuto da 17 mesi al Cairo. La stessa mozione, già adottata in Senato, è stata accolta dall’esecutivo, e in questo modo potrà essere avviato l’iter procedurale: uno scatto in avanti, dopo mesi in cui le uniche novità sulla vicenda del giovane egiziano hanno riguardato soltanto le proroghe della sua custodia cautelare.
A Montecitorio la mozione pro-Zaki è stata approvata all’unanimità, con la sola astensione di Fratelli d’Italia. Nel documento si richiede al governo di “avviare tempestivamente mediante le competenti istituzioni le necessarie verifiche al fine di conferire a Patrick George Zaki la cittadinanza italiana”. E di “continuare a monitorare, con la presenza in aula della rappresentanza diplomatica italiana al Cairo, lo svolgimento delle udienze processuali a carico di Zaki e le sue condizioni di detenzione”, che Amnesty ha definito disumane.
Il sì alla cittadinanza italiana per Zaki – già richiesto dal Senato lo scorso aprile – ha ottenuto il consenso bipartisan dei partiti, a parte la formazione di Giorgia Meloni .
Ma con quali motivazioni il partito della Meloni si è astenuto?
Già ad Aprile la Presidente di Fratelli d’Italia aveva detto: “Noi siamo molto solidali con la vicenda, ma nonostante tutto credo che il voto di Fratelli d’Italia sarà un voto di astensione. Questo perché, ai fini della soluzione della vicenda, io non sono convinta che una ingerenza del Parlamento italiano lo aiuti. In queste questioni è la geopolitica a dover lavorare perché le questioni diplomatiche sono molto delicate. Quindi, bisogna fare attenzione a come ci si muove”. Ieri, durante le dichiarazioni di voto in aula, Wanda Ferro deputata Fi ha ribadito che “Di fronte a tanto complesse e delicate situazioni che riguardano la vita del giovane ricercatore, incarcerato ingiustamente, si debbano mettere da parte le battaglie ideologiche, soprattutto se queste rischiano di irrigidire le posizioni da parte dell’Egitto e, sostanzialmente, finiscono di creare un danno a chi, invece, si vorrebbe aiutare”.
Ha poi specificato che: “Condanniamo fermamente le violenze perpetrate ai danni del giovane, arrestato solo per avere espresso le proprie opinioni, e riteniamo doveroso altresì agire affinché la vertenza possa trovare una rapida soluzione. Resta, però, un elemento oggettivo che non possiamo non considerare; a differenza di Giulio Regeni, Zaki è un cittadino egiziano che risiedeva in Italia per motivi di studio. È stato fermato sul suolo egiziano; dunque è l’Egitto ad avere piena ed esclusiva giurisdizione. Il nostro timore più grande nasce dalla ovvia considerazione che qualunque Stato sovrano ritiene che uno Stato estero che si metta a sindacare le proprie scelte relative all’esercizio della giurisdizione sui propri cittadini pone in essere una pressione indebita”. Poi ha aggiunto: “La concessione della cittadinanza italiana non aggiunge comunque nulla alle possibilità di offrire tutela consolare a Zaki, atteso che, in caso di doppia cittadinanza, prevale quella di appartenenza. La cittadinanza italiana, dunque, non rende Zaki avulso dal suo contesto di origine, dovendosi comunque considerare, a tutti gli effetti un cittadino egiziano”.
“E’ evidente che quella di cui stiamo discutendo è una manovra che potrebbe essere vista come un’operazione di marketing politico, impregnata di motivazioni ideologiche, ma che non solo non aiuta, ma rischia di compromettere le azioni diplomatiche che bisogna porre in essere per giungere all’auspicata scarcerazione dello studente” ha concluso. “Anzi, secondo noi espone Zaki ad ulteriori rischi derivanti dall’esigenza, da parte dell’Egitto, di dimostrarsi autorevole sul piano internazionale. Nessuno può ragionevolmente pensare che le decisioni del Governo egiziano su un proprio cittadino possano essere influenzate positivamente da azioni di questo tipo, anzi, è ingenuo pensare che la concessione della cittadinanza italiana non lo spinga nella direzione opposta e contraria, proprio per affermare la sua indipendenza, ma soprattutto la sua sovranità”.
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