Maurizio Ferrini a “Quelli della Notte” l’avrebbe spiegata così: “Lo dice la parola stessa”. E il mitico Vujadin Boskov probabilmente così: “Coalizione è quando coalizione c’è”. Per la Treccani coalizione significa “accordo, unione, intesa, più o meno temporanea fra partiti, su un programma concordato, per la formazione di un governo”. Quindi una coalizione presuppone che più partiti si alleano per governare insieme un paese, una regione, una città, in questo caso Bologna, con obiettivi comuni. Se poi la coalizione è di centrosinistra, dovrebbe essere scontato che i partiti che la compongono siano portatori di idee e valori simili, o quanto meno concordanti. In tale contesto, le primarie di coalizione dovrebbero rappresentare il cemento dell’alleanza, con i partiti alleati che chiamano i loro elettori ai gazebo – i loro, non quelli di altri – per scegliere il candidato sindaco più forte in vista delle elezioni vere del prossimo autunno.
C’è questa alleanza a Bologna? No, non c’è. C’è una coalizione di centrosinistra? No, non c’è. Di certo, al momento, c’è solo il Pd. Se le primarie le vincerà Matteo Lepore – il candidato dem considerato più di sinistra e delfino del sindaco Virginio Merola – ci saranno anche la sinistra sinistra (Coalizione civica e Coraggiosa) ed entreranno i Cinquestelle, ma è probabile che si sfilerà Italia Viva e certo che resteranno fuori Azione di Calenda e i centristi di Bologna civica (area Casini, i commercianti di Giancarlo Tonelli). Se le vincerà Isabella Conti, sindaco in carica di San Lazzaro e figura simbolo di Italia Viva, i Cinquestelle resteranno fuori ed è probabile che si sfilerà anche la sinistra sinistra, mentre è certo che ci sarà Italia Viva e probabile che entreranno anche parte i civici che ora gravitano sul centrodestra.
Quindi, se l’alleanza ancora non c’è e la coalizione di centrosinistra è così ballerina, che primarie sono quelle del 20 giugno? A cosa servono esattamente? Non a mobilitare la coalizione, dal momento che la sua composizione dipenderà da chi sarà il vincitore. E nemmeno a scegliere il candidato sindaco più forte del centrosinistra, dal momento che se vince la Conti la futura giunta probabilmente non sarà nemmeno più di centrosinistra. Con tanti saluti all’alleanza che il Pd sta faticosamente cercando di costruire con il M5S.
Clamorosa è poi la posizione assunta da Bologna civica: Tonelli ha dichiarato che andrà ai gazebo a votare Conti, e se vincerà Lepore si candiderà a sindaco contro di lui con una sua lista.
Una situazione kafkiana, specchio dello stato di confusione in cui versa il Pd, in cui gongolano soltanto Renzi e il centrodestra, già al lavoro per mandare i propri elettori ai gazebo a votare Conti e condizionare così l’esito delle primarie. Un caos favorito da un regolamento “tafazzi” che prevede la preiscrizione all’albo degli elettori del centrosinistra soltanto per il voto online, e solo per chi ha lo Spid, mentre ai gazebo è richiesta soltanto una firmetta in calce a un manifesto di intenti al momento del voto.
Una gestione disastrosa, dunque. In un anno e più il Pd prima non è riuscito a individuare un candidato forte che si imponesse da sé (il “briscolone” di bersaniana memoria), e dopo non ha trovato l’accordo su un candidato unitario, diviso com’è tra ex comunisti, ex democristiani e renziani in sonno. Per un anno sono stati in pista i “semplici bastardi” del sindaco Virginio Merola: gli assessori Lepore, Alberto Aitini e Marco Lombardo (entrambi della corrente post renziana Base Riformista). Poi è arrivato Lo Renz d’Arabia, ha piazzato la sua polpetta avvelenata lanciando la candidatura di Isabella Conti e ha mandato in tilt il Pd. Due dei tre candidati Dem, Lombardo e Aitini, che era anche segretario cittadino del Pd, sono già saliti sul suo carro. E con la candidata di Renzi si sono schierati anche l’ex segretario delle federazione (Francesco Critelli), un consigliere regionale (Giuseppe Paruolo) e l’europarlamentare Elisabetta Gualmini, che si è offerta di costruire assieme il programma per Bologna assieme alla Conti. La quale sorvola sul fatto che ha ancora tre anni di mandato a San Lazzaro e che se vince il suo Comune verrà commissariato. Intanto cerca di smarcarsi dal suo scomodo sponsor sostenendo che “non è renziana ma isabelliana”, ma una parola una sul Rinascimento arabo o l’Autogrill non l’ha ancora pronunciata.
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