L’odierna Supermedia dei sondaggi non è certo uno scherzo, e anzi merita di essere analizzata con particolare accortezza. Per diversi motivi.
Vediamoli: innanzitutto c’è il dato che riguarda la Lega, che ancora una volta è un dato in (lieve) calo che porta il partito di Matteo Salvini – sia pure di un soffio – al di sotto del 23%, come non accadeva da quasi tre anni (maggio 2018). Il dato di Fratelli d’Italia è ancora più clamoroso, nonostante la sua crescita non sia certo una novità: ma è la prima volta che il partito di Giorgia Meloni supera la soglia 17%, dopo che per alcuni mesi era parso che la sua crescita si fosse ormai interrotta. Chi sale di più questa settimana è però il Partito Democratico, che vede proseguire di quello che abbiamo chiamato “effetto Letta”: nelle sue prime settimane da neo segretario, Letta ha dato prova di un certo attivismo (da ultimo, vincendo la battaglia interna per l’elezione di due donne [LINK https://www.agi.it/politica/news/2021-03-30/debora-serracchiani-nuova-capogruppo-pd-camera-11985763/ ] alla guida dei gruppi PD di Camera e Senato) che sembra aver avuto l’effetto di “riportare a casa” molti dei consensi che si erano allontanati all’indomani delle improvvise dimissioni di Nicola Zingaretti.
Un po’ a sorpresa, questa settimana cresce anche il Movimento 5 Stelle. Diciamo “a sopresa” perché il M5S nelle ultime settimane si è alquanto defilato dal dibattito pubblico: la rottura – dolorosa – con una fetta consistente dei suoi parlamentari in dissenso sulla fiducia al Governo Draghi non è stata sanata, e nel frattempo si è aperto un nuovo fronte interno con la Casaleggio Associati. Il Movimento fondato da Beppe Grillo può però contare su un “asset” non da poco, ossia Giuseppe Conte: l’ex premier continua infatti a essere uno dei leader politici più apprezzati, e la sua “graduale” investitura a leader (la formalizzazione potrebbe essere ormai questione di ore) ha fatto guadagnare al Movimento circa due punti da quando Draghi è entrato in carica – sostituendo proprio Conte alla guida del Governo.
Tutte queste variazioni producono un effetto a sua volta molto interessante: la distanza tra il primo e il quarto partito (cioè tra Lega e M5S) si è oggi ridotta a soli 6 punti. Se si considera che i sondaggi contengono sempre un margine d’errore – anche se la nostra Supermedia è elaborata proprio allo scopo di fornire una stima che sia la più attendibile che si possa fornire – possiamo dire che, se domani per assurdo si andasse ad elezioni, esiste una possibilità non irrilevante che vi siano ben 4 partiti a giocarsi il primo posto, intorno alla soglia del 20%. Un “quadripolarismo liquido” pressoché inedito per la storia politica italiana. L’unico paragone possibile, ma solo in termini di rapporti di forza, si potrebbe fare con l’assetto venutosi a creare nei primissimi anni 2000, con Forza Italia e AN da un lato e DS e Margherita dall’altro. Ma parliamo di svariate ère politiche fa.
I rapporti di forza tra le aree, infatti, sono oggi molto diversi. L’attuale sistema politico non è più quel “tripolarismo asimmetrico” fotografato dalle ultime elezioni politiche (2018), ma non si è (ancora?) stabilizzato in quel nuovo bipolarismo (tra centrodestra da un lato e asse giallo-rosso dall’altro) che pareva inevitabile fintanto che l’esecutivo era guidato da Giuseppe Conte. L’avvento del Governo Draghi potrebbe anzi aver messo i bastoni tra le ruote di questo processo, ma non possiamo ancora sapere se si tratta di una parentesi o di un punto effettivo di rottura.
Di certo, i politici guardano i sondaggi. E la domanda che ci eravamo posti ormai più di un mese fa, quando la Lega di Salvini si è “convertita” al draghismo comincia oggi ad avere quella che somiglia a una risposta: in termini di consenso, la mossa di Salvini non sembra aver giovato alla Lega, mentre – all’opposto – la scelta di FDI di rappresentare l’unica opposizione (o perlomeno l’unica numericamente di un certo peso, sia in termini di consenso sia di rappresentanza parlamentare) sembra aver dischiuso al partito di Giorgia Meloni nuovi orizzonti. Si spiegano forse così le recenti mosse di Matteo Salvini, le pressioni sul Governo (di cui fa parte la stessa Lega) per riaprire le attività prima possibile, e il tentativo di costituire un nuovo fronte europeo con i conservatori del premier ungherese Orbán.
Da questo punto di vista, però, gli sforzi del leader leghista potrebbero essere frustrati. Non solo perché lo stesso Draghi ha escluso che vi possa essere un’accelerazione sulle riaperture; ma anche perché gli italiani stessi, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sembrano affatto così ansiosi di riaprire tutto. Il prolungamento delle zone rosse e arancioni per un altro mese (fino al 30 aprile) previsto dal nuovo decreto vede favorevoli il 50% degli italiani, contro il 46% di contrari.
Certo, si tratta di un’Italia spaccata in due: ma proprio il fatto che non vi sia un’opzione nettamente più gettonata dell’altra fa capire quanto sia un terreno scivoloso, soprattutto per un partito che fa parte del Governo.
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