Una denuncia durissima: ”Tutto ciò che sta accadendo porta alla conclusione che i soldati in strada stiano eseguendo gli ordini di sparare per uccidere, emanati dal governo in carica”. Lo dichiara Emerlynne Gil, vicedirettrice per le ricerche sull’Asia di Amnesty International, commentando i dati forniti dall’Associazione di assistenza ai prigionieri politici, secondo cui il 3 marzo le forze di sicurezza di Myanmar hanno ucciso almeno 22 manifestanti, in molti casi colpendoli alla testa o alle spalle. Dal colpo di stato del 1° febbraio, i manifestanti uccisi sono stati almeno 48.
Gli stessi battaglioni dell’esercito che stanno sopprimendo le proteste sono gli stessi che, secondo Amnesty International, hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani in passato.
Le Nazioni Unite dopo aver compiuto una missione di accertamento dei fatti hanno richiesto un processo ai danni del generale Min Aung Hlaing, a capo della giunta militare, insieme ad altri alti ufficiali dell’esercito di Myanmar, per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio dopo un sostanziale incremento del numero di morti.
”Quelle forze armate che fino a ieri hanno agito con impunità nelle aree dove sono presenti le minoranze etniche stanno ora portando le loro tattiche nelle strade delle città di Myanmar”, ha concluso Gil.