Nonostante tutto spero che cresca una foresta formata dalle facce migliori di questa politica
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Nonostante tutto spero che cresca una foresta formata dalle facce migliori di questa politica

Pensando a Gaber e ai 100 anni del Partito comunista sento che abbiamo un disperato bisogno di recuperare idee e valori capaci di farci spiccare il volo per sollevarci dalle bassezze attuali

La targa che ricorda la nascita del Pci a Livorno
La targa che ricorda la nascita del Pci a Livorno
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Michele Cecere Modifica articolo

30 Gennaio 2021 - 11.58


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Il 21 gennaio si è ricordato che cento anni fa a Livorno iniziava la storia gloriosa di un grande partito, il PCI, una storia che iniziava però dalla prima scissione a sinistra, quella del PSI, partito che avrebbe potuto, in quel frangente storico, spingere l’acceleratore nella lotta politica per raggiungere il potere ed evitare al Paese la deriva totalitaria verso il fascismo. Tornano in mente le parole di Giorgio Gaber e del suo  coautore Sandro Luporini nel monologo  “Qualcuno era comunista” del 1991: “…Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggiore partito socialista d’Europa…”. Il monologo teatrale  era stato scritto proprio nel momento in cui la settantennale storia del vecchio PCI veniva archiviata con la formazione del PDS e di Rifondazione Comunista, dopo il crollo del muro di Berlino e il conseguente inizio della globalizzazione. Ovviamente Gaber e Luporini non si riferivano certo al PSI del 1921, dove c’erano grandi figure come Filippo Turati, Claudio Treves, Pietro Nenni e Giacinto Menotti Seratti, per non dire dell’eroico  Giacomo Matteotti, barbaramente assassinato qualche anno dopo dalle squadracce fasciste. Gaber si riferiva certamente a quel PSI che dal 1957 in poi governò con la Democrazia Cristiana, tradendo in buona parte le ragioni della sinistra.

Negli stessi giorni in cui si celebrava l’anniversario della nascita del più grande partito Comunista dell’Europa occidentale,  si svolgeva l’osceno teatrino politico voluto dal senatore Renzi, con l’incredibile  ritorno sulla scena di vecchi personaggi della prima Repubblica (Casini e Mastella), la rievocazione di tristi figure della seconda Repubblica (Razzi e Scilipoti) ma soprattutto l’avvento di nuove figure politiche, come quella del “votante in extremis” (Ciampolillo) e quella del senatore “estemporaneamente responsabile” (Vitali).

 Anche sulla statura dei politici, il grande Gaber aveva avuto parole illuminanti nel poco conosciuto monologo del 1995 “Mi fa male il mondo”:

“… ogni giorno sono lì a farsi vedere. Ma certo, hanno bisogno di noi che li dobbiamo appoggiare, preferire, li dobbiamo votare, in questo ignobile carosello, in questo grande e libero mercato delle facce… facce, facce, facce che lasciano intendere di sapere tutto e non dicono niente. Facce che non sanno niente e dicono di tutto!
Facce esperte e competenti che crollano al primo congiuntivo..
Facce che dietro le belle frasi hanno un passato vergognoso da nascondere.
Facce da bar che ti aggrediscono con un delirio di sputi e di idiozie.
Facce megalomani, da ducetti dilettanti.
Facce ciniche da scuola di partito, allenate ai sotterfugi e ai colpi bassi.
Facce da mafiosi, che combattono la mafia.
Facce scolpite nella pietra che con grande autorevolezza sparano cazzate!
Non c’è neanche una faccia, neanche una che abbia dentro il segno di qualsiasi ideale. Una faccia che ricordi il coraggio, il rigore, l’esilio, la galera.”

La galera a cui alludeva Gaber non era quella auspicata ai politici di tangentopoli ai tempi delle monetine lanciate verso Craxi, ma quella che il fascismo aveva riservato ai coraggiosi oppositori. Chissà cosa direbbe oggi Gaber  delle facce dei Razzi, Scilipoti e Ciampolillo, ma anche di quelli che cambiano disinvoltamente schieramento per mera opportunità o di un Renzi che prima, nel 2018, fa naufragare l’ipotesi di un governo Cinque stelle-PD e solo un anno dopo ne favorisce la nascita, per poi, dopo pochissimi giorni, creare un nuovo gruppo con l’ennesima scissione. Cosa scriverebbe Gaber oggi di un politico che organizza una crisi solo per il suo ego e  per riconquistare il video perduto (dalle tre alle sei dirette TV al giorno nella prima settimana di crisi!) per poi volare a Riad per un incontro lautamente retribuito, oltre al lussuoso jet privato gentilmente offerto dal principe di un paese accusato di non essere propriamente un regno di pace, giustizia e salvaguardia di diritti civili?  E se il motivo recondito dell’uscita di Italia Viva dalla maggioranza fosse proprio l’avvio, a metà dicembre 2020, della procedura di revoca della corposa vendita di armi all’Arabia Saudita, deliberata proprio dal governo presieduto da Renzi nel 2016?

Mentre il rottamatore  continua a cercare di demolire i resti della sinistra, un secolo dopo l’avvio del PCI, se le ideologie sono morte, anche le idee e i valori non se la passano tanto bene. Quelle idee e quei valori che proprio Gaber e Luporini scolpivano indelebilmente in un altro frammento di “Qualcuno era comunista”:

“…Qualcuno era comunista perché pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché era disposto a cambiare ogni giorno, perché sentiva la necessità di una morale diversa, perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita…”.

Ecco…quel volo…abbiamo un disperato bisogno di recuperare idee e valori capaci di farci spiccare il volo o quantomeno di darci la forza di sognare di poter volare più alto per sollevarci dalle bassezze della classe politica di questi ultimi vent’anni, bassezze che ci portano inevitabilmente a rivalutare i politici del secolo scorso. 

Da adolescente mi affezionai ad una frase attribuita dai più a Lao Tsu, “Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”.

Oggi mi piace pensare che quella foresta che cresce silenziosamente possa essere formata dalle facce migliori di questa politica, come quella del giovane ministro Provenzano, autore di una splendida orazione funebre in morte di Emanuele Macaluso nello stesso 21 gennaio,  o dai tanti  giovani che devono tornare con urgenza a far sentire la loro voce per fermare i cambiamenti climatici. Sarebbe il modo migliore per tornare a spiccare il volo.

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