Conte rompe il silenzio: "Ci vuole un nuovo governo di salvezza nazionale"
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Conte rompe il silenzio: "Ci vuole un nuovo governo di salvezza nazionale"

"Anche in queste ore continuerò a svolgere gli affari correnti fino all’insediamento del nuovo governo. Continuerò a svolgere il mio servizio al Paese, con senso di responsabilità e con profondo impegno".

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26 Gennaio 2021 - 20.06


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Giuseppe Conte ha consegnato le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo il Colle, prima a Palazzo Giustiniani per incontrare la Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, poi il premier dimissionario è andato alla Camera dei deputati per il colloquio con il presidente Roberto Fico. Conte aveva già comunicato le dimissioni nel CdM di questa mattina.  I capi delegazione del M5s Alfonso Bonafede, del Pd Dario Franceschini e di Leu Roberto Speranza avrebbero ribadito in Consiglio dei ministri il loro sostegno a Giuseppe Conte, dopo che il presidente del Consiglio ha comunicato la sua decisione di dimettersi.

In serata ha scritto un post sulla sua pagina facebook dove ha rotto il silenzio:

“Ringrazio l’intera squadra di governo, ogni singolo ministro, per ogni giorno di questi mesi insieme”, avrebbe detto, a quanto si apprende, il premier in Consiglio dei ministri.

Questa mattina ho convocato un Consiglio dei Ministri per comunicare la mia intenzione di dimettermi. Poco dopo mi sono recato al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del Presidente Mattarella. La settimana scorsa, in Parlamento, il Governo ha ottenuto la fiducia in entrambe le Camere, ottenendo la maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati e la maggioranza relativa al Senato. Il Paese, tuttavia, sta attraversando un momento davvero molto difficile. Da ormai un anno stiamo attraversando una fase di vera e propria emergenza. Le diffuse sofferenze dei cittadini, il profondo disagio sociale e le difficoltà economiche richiedono una prospettiva chiara e un governo che abbia una maggioranza più ampia e sicura. È il momento, dunque, che emergano in Parlamento le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica. Le mie dimissioni sono al servizio di questa possibilità: la formazione di un nuovo governo che offra una prospettiva di salvezza nazionale. Serve un’alleanza, nelle forme in cui si potrà diversamente realizzare, di chiara lealtà europeista, in grado di attuare le decisioni che premono, per approvare una riforma elettorale di stampo proporzionale e le riforme istituzionali e costituzionali, come la sfiducia costruttiva, che garantiscano il pluralismo della rappresentanza unitamente a una maggiore stabilità del sistema politico. Questo conta. Che il nostro Paese si rialzi in fretta e possa mettersi alle spalle la pandemia e le tragedie che essa ha arrecato, in modo da far risplendere la nostra nazione nella pienezza delle sue bellezze. Per parte mia, anche in queste ore continuerò a svolgere gli affari correnti fino all’insediamento del nuovo governo. Continuerò a svolgere il mio servizio al Paese, con senso di responsabilità e con profondo impegno. Sono queste le caratteristiche che hanno caratterizzato il mio operato, quello dell’intero governo e delle forze di maggioranza che ci hanno sostenuto, anche quando i risultati raggiunti e le risposte date non sono apparsi all’altezza delle aspettative dei cittadini. L’unica cosa che davvero rileva, al di là di chi sarà chiamato a guidare l’Italia, è che la Repubblica possa rialzare la testa. Allora avremo vinto tutti, perché avrà vinto l’Italia. Quanto a me, mi ritroverete sempre, forte e appassionato, a tifare per il nostro Paese.

Il premier si trova a un bivio: tentare il tutto per tutto nell’ostica aula del Senato o gestire la crisi. Pd e M5s sono in pressing per una soluzione pilotata delle fibrillazioni di maggioranza e mettono in guardia: o si governa il Paese o si va al voto. Lo spiega Barbara Tedaldi sull’Agi.it. Mercoledì è previsto il voto di Camera e Senato sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede sull’amministrazione della giustizia e a palazzo Madama. Il tentativo di convincere la conferenza dei capigruppo convocata per martedì a far slittare di un giorno il passaggio del Guardasigilli in aula è considerata assai difficile. E i numeri sono ancora insufficienti per l’esecutivo. “Abbiamo 48 ore. O c’è una maggioranza o si va al voto” ha scandito domenica Luigi Di Maio, il cui staff sottolinea che c’+ un pieno sostegno a Conte. Il Pd “si sta adoperando per garantire sulla base di un programma di legislatura un governo autorevole con una base parlamentare ampia e stabile” fanno sapere dal Nazareno. E l’ipotesi di un ‘patto tra gentiluomini’ che garantisca al premier di rientrare a palazzo Chigi dopo essersi dimesso ed essere passato attraverso l’apertura formale della crisi, sembra ormai l’orizzonte su cui si starebbero assestando le forze di maggioranza, anche se Leu avanza con Loredana De Petris i suoi “dubbi” su questa soluzione. Una road map che viene invece suggerita anche da Iv, che con Ivan Scalfarotto assicura: “nessun veto su Conte, non si mettano veti su di noi”. Si sta quindi lavorando a una cesura con le ultime settimane; le dimissioni di Conte servirebbero a rimettere intorno a un tavolo le forze di maggioranza, comprendendo anche Italia viva che era uscita sbattendo la porta e una neonata forza di centro, a rimettere mano alla squadra di governo e a stilare un programma di legislatura. Il premier, dopo aver valutato a lungo i pro e i contro, ormai prossimo a una decisione. E sa che se cadesse in aula la sua permanenza a palazzo Chigi non avrebbe alcun futuro, se si dimettesse dovrebbe attendere le consultazioni (che sono pur sempre un’incognita) ma potrebbe sperare in un reincarico. Le telefonate si infittiscono in queste ore, e non è escluso nemmeno un vertice dei leader con il premier, tutti guardano con sospetto il vicino di maggioranza, ma il tempo sta per scadere ed entro mercoledì la situazione dovrebbe giungere a un chiarimento. Il tempo del resto è ormai poco, come ricorda anche il presidente del Parlamento europeo David Sassoli: “Il Recovery fund non aspetta: o parte o non parte”.

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