Pierpaolo Sileri, viceministro della salute, ai microfoni di ‘Un Giorno da Pecora’ su Rai Radio1 ha dichiarato: “basta chiacchiere come quella secondo cui le regioni cambiano colore di rischio Covid in base all’orientamento politico. I dati sulla situazione nelle varie regioni vengono trasmessi quotidianamente, e se disgraziatamente in 2-3-4 giorni si dovesse avere una regione in cui c’è un netto peggioramento allora bisogna intervenire tempestivamente. Si può passare dal giallo all’arancione o al rosso, ma attenzione: vale anche il contrario”.
Sileri si augura, a questo proposito, che “magari tra 10 giorni una regione come Lombardia abbia un andamento tale da poter tornare a essere arancione se non addirittura gialla”.
Tornando a chi lamenta ‘colori’ decisi in base a logiche politiche, Sileri ripete che “io una cosa del genere non posso sentirla, e manca di rispetto ai miei colleghi medici e infermieri che rischiano di morire sul campo. Così come quando si dice che i numeri inviati” dalle Regioni “sono numeri modificati con dolo. Davvero non credo che sia così. Credo che vi sia anche una difficoltà nel raccogliere i dati, specie dove il virus corre di più”.
“Se su quei numeri dobbiamo controllare, controlliamo e controlleremo ancora di più”, assicura il viceministro. “Se ci si accusa nelle Regioni e anche a livello centrale di aver mancato qualcosa e di doverlo migliorare sono il primo a dirlo – puntualizza – ma non ci sto a creare un clima di panico e sfiducia nelle istituzioni. Questo non aiuta i cittadini e non aiuta i nostri sanitari sul campo. Le regioni – ribadisce Sileri – le facciamo rosse, arancioni o gialle a seconda dei numeri”, attraverso “un sistema sartoriale” grazie al quale “stiamo cercando, in un momento di crisi internazionale, di salvare l’Italia e gli italiani”.
La logica difesa dall’esponente M5S, medico, è quella di disporre “chiusure razionali in tempo utile per non arrivare a un lockdown nazionale. Aspettiamo di controllare i risultati di queste soluzioni sartoriali e cerchiamo di parlare meno”. I cittadini hanno bisogno di “notizie semplici e fruibili e di speranza, che non è solo il nome del mio ministro”, conclude.
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