Ecco chi è Carola Rackete, la capitana della Sea Watch che ha umiliato Capitan Nutella
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Ecco chi è Carola Rackete, la capitana della Sea Watch che ha umiliato Capitan Nutella

Si racconta:"La mia vita è stata facile, ho potuto frequentare tre università, sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto".

Carola Rackete
Carola Rackete
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27 Giugno 2019 - 07.00


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“Basta, ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So a cosa vado incontro ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo. Mi ricevete? Sto entrando nelle vostre acque territoriali”.
Parla alla radio con voce sicura, al suo fianco ci sono le altre dieci donne del team di Sea-Watch 3. Verena, la dottoressa che ha curato i migranti in queste due settimane al largo e che dice “vi prego, fateci sbarcare che loro non ce la fanno più”. E Haidi, la mediatrice culturale che con pazienza spiega ai 42 cosa sta succedendo.

La comandante della Sea-Watch e il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini. Quando la nave nel primo pomeriggio fa rotta su Lampedusa in rete parte l’urlo, come racconta Marta Serafini sul Corriere.it. «O capitana, o mia capitana». Carola che con un colpo di timone fa quello che nessuno prima di lei aveva mai osato.

I compagni a terra però si preoccupano. Perché ora Carola rischia grosso. Incriminazione per favoreggiamento di immigrazione clandestina, il sequestro della nave e una multa da 50 mila di euro. Ma la «Capitana» non è il tipo che si ferma di fronte a un decreto. Già giorni scorsi Rackete aveva risposto agli strali di Salvini. «Non riporterò i migranti in Libia, né tantomeno in Olanda, vorrebbe dire circumnavigare l’Europa, sarebbe ridicolo», aveva scandito sicura. Poi quando Strasburgo ha rigettato il ricorso presentato dalla sua Ong è andata dai suoi «passeggeri» e li ha informati. «Fosse per me sarei già attraccata a Lampedusa fin dal primo giorno».

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All’arrivo in porto il tono di voce è ancora calmo. «Le autorità italiane sono appena salite a bordo e ci hanno controllato i documenti. Ma non ci fanno sbarcare», spiega. Trentun’anni, passaporto tedesco, Rackete è cresciuta a Hambühren, nella stessa Bassa Sassonia dove i depositi di armi della Seconda Guerra Mondiale oggi sono stati trasformati in edifici residenziali, tra piste ciclabili e foreste. Poi Carola lascia mamma e papà e va a studiare va all’estero, alla Edge Hill University nel Lancashire, in Gran Bretagna. Si diploma con una tesi sugli albatros, prende un master. «Amo la natura e gli animali». Il profilo perfetto della ragazza tedesca che si batte per l’ambiente. E per i diritti. Così dopo la laurea si mette al timone di una nave rompighiaccio nel Polo Nord per uno dei maggiori istituti oceanografici tedeschi l’Alfred Wegener, per cui lavora dal 2011 al 2013. Cinque lingue sul curriculum, a 25 anni è secondo ufficiale a bordo della Ocean Diamond. E due anni dopo è sull’Arctic Sunrise di Greenpeace. Avanti fino al 2016, quando è volontaria di Sea-Watch. Sono gli anni in cui alle Ong ancora è permesso stare in mare senza problemi.

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Carola che ci crede e che non si arrende. In poco tempo diventa coordinatrice dei team di avvistamento di Moonbird e Colibrì, i piccoli aeroplani della Ong che pattugliano il Mediterraneo alla ricerca dei barconi in difficoltà. Lì impara cosa significa scrutare per ore e ore l’orizzonte in attesa di un puntino nero. E apprende la delicata arte di districarsi tra i messaggi in codice della capitanerie. Roma, Tripoli, Malta. Per diventare una che forza il blocco bisogna studiare.

I sovranisti di lei dicono che è una figlia di papà, lei invece di sé a La Repubblica ha raccontato: «La mia vita è stata facile, ho potuto frequentare tre università, sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto ho sentito un obbligo morale: aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità».

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