Per fare il ministro dell’Interno bisogna avere delle caratteristiche che Matteo Salvini non ha: essere riservato, schivo e attento alle persone a cui stringi la mano. Per il ruolo che ricopre farsi vedere in atteggiamenti di grande familiarità con un condannato per traffico di stupefacenti non è il massimo, soprattutto dopo che lui stesso avevo denominato gli spacciatori assassini.
Oggi dai quotidiani si scopre la storia dell’ultras del Milan Luca Lucci. Ad esempio la condanna a quattro anni per l’aggressione a un tifoso dell’Inter durante il derby del 2009: Virgilio Motta, all’epoca vera anima del gruppo nerazzurro Banda Bagaj, per quel pugno perderà l’uso dell’occhio sinistro. Tre anni dopo, era il 2012, si suiciderà.
Sull’Espresso a Luglio 2018 usciva un’inchiesta che dimostrava che il volto più noto della Lega a Rosarno nascondeva un imbarazzante segreto. Vincenzo Gioffrè, 37 anni, è stato il regista del successo elettorale di Matteo Salvini nel paese della piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Comune simbolo dello sfruttamento dei braccianti africani, sciolto due volte per mafia, dove il potere della ’ndrangheta è capillare. E dove la Lega ha raggiunto uno dei risultati più sorprendenti delle ultime elezioni, ottenendo il 13 per cento dei voti dopo che cinque anni prima il pallottoliere si era fermato a un misero 0,25 per cento. Ecco la loro foto insieme.
A Macerata invece strinse la mano a Luca Traini, candidato della Lega che dopo il femminicidio di Pamela Mastropietro sparò a delle persone inermi di colore. Ora è in carcere per tentato omicidio con l’aggravante del movente razziale.
Poi ci sono le frequentazioni allo stadio con Parnasi, il costruttore finito nei guai per lo stadio della Roma.
Ma non è finita qui una fotografia del 12 maggio 2015 ritrae Salvini a tavola con i principali leader del movimento neofascista, fra i quali Simone Di Stefano, Gianluca Iannone e lo stesso Francesco Polacchi, titolare del marchio con un picchio stilizzato chiamato “Pivert”, quello indossato da Salvini all’Olimpico durante la finale di Coppa Italia Juventus-Milan. Polacchi ha una condanna a 1 anno e quattro mesi di carcere per i pestaggi avvenuti a Piazza Navona nel 2008. Non proprio uno stinco di santo.