Rottura Salvini-Di Maio. Il Colle lancia Fico per l'alleanza Pd-M5S
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Rottura Salvini-Di Maio. Il Colle lancia Fico per l'alleanza Pd-M5S

Al presidente della Camera il mandato esplorativo. Mentre Di Maio saluta (quasi definitivamente) Salvini. L'ira di Forza Italia fatta fuori, Martina apre ai 5Stelle: 'Vediamo, ma senza ambiguità'

Il capo dello Stato
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23 Aprile 2018 - 18.16


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E quindi va così. Che Mattarella chiede a Fico, presidente della Camera, di esplorare un’ipotesi di governo Cinque Stelle- Pd. E tutto questo accade a poche ore dalla vittoria del centrodestra in Molise, una specie di Linea Gotica per Berlusconi (soprattutto) e Salvini. E mentre Forza Italia, Fratelli d’Italia e ovviamente Lega brindano, ognuno di par suo, sull’alto Colle si assume un altro punto di vista. E nessuno è più amico di nessuno. Volano stracci, insulti. Si moltiplicano gli arrivederci. Perché la partita in gioco è Palazzo Chigi. Vediamo un po’ insieme cosa è accaduto in questa giornata convulsa.

L’ira di Salvini. Fino a metà mattina il leader leghista era certo di avere il prossimo governo in pugno. Poi la doccia fredda.Tanto che dice: “Sondare quale governo? Pd-5Stelle. Hanno perso in Italia, hanno perso in Molise, se ci date una mano straperderanno domenica in Fvg. Io non voglio vedere Renzi, Serracchiani o la Boschi al governo per i prossimi cinque anni. Non è giusto, non è normale, non è rispettoso” spiega. “Bisogna rispettare sempre le indicazioni del Presidente ecc. ecc. ma farò di tutto perché non accada questa presa in giro”, ha aggiunto.
Secondo Salvini per formare il governo “si potrebbe fare la stessa cosa che avete fatto voi con la ricostruzione in Friuli: se quelli con cui dovreste ricostruire cominciano a litigare e non si mettono d’accordo, alla fine possiamo tirarci su le maniche e provare a far da soli”. Solo poco prima aveva augurato buon lavoro a Mattarella. “Sottovoce ci tengo che gli arrivi da Trieste questa indicazione – aveva detto – : a) facciamo veloce; b) noi le idee ce le abbiamo chiare e il programma è pronto; c) se ciascuno scende dal piedistallo e ci mettiamo da domattina alla scrivania a lavorare, diamo, tempo una settimana, un governo agli italiani che risponde al voto degli italiani e cominciamo a smontare pezzo per pezzo le schifezze del Partito democratico”, aveva detto il leader della Lega.

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Di Maio intanto si smarca: “Dal suo comportamento ho capito che Salvini non vuole assumersi responsabilità di governo – dice – . Perché sinceramente non riesco proprio a capire come mai preferisca stare all’opposizione per il bene dei suoi alleati, invece di andare al Governo per il bene degli italiani. E dovra’ darne conto a tutti gli imprenditori, pensionati, professionisti, giovani che lo hanno votato per vederlo al Governo e invece ha reso il loro voto ininfluente. Non si dica che non c’ho provato fino alla fine, adesso buona fortuna. Ho chiesto a puù riprese a Matteo Salvini di sedersi al tavolo come leader della Lega per discutere i termini del contratto di governo. E’ cosa nota che abbiamo delle differenze programmatiche, ma e’ altrettanto chiaro che abbiamo tanti obbiettivi in comune che potremmo realizzare. Penso alla Legge Fornero, alla riduzione delle tasse, ai diritti dei lavoratori, alla lotta alla burocrazia, al sostegno alle famiglie e ai loro figli, alla sicurezza su tutto il territorio nazionale solo per citare i primi che mi vengono in mente. Alcuni mi hanno anche detto di aver esagerato in questo ‘corteggiamento’, chiamiamolo così. L’ho fatto perché era doveroso dare questa opportunità all’Italia. L’ho fatto perche’ raggiungere quei risultati elencati poco fa sarebbe straordinario per il cambiamento dell’Italia”.

Il rapporto con il Pd: “Non sarà un’alleanza- precisa Di Maio – Voglio dirlo chiaramente ai nostri attivisti: quello che valeva per la Lega, vale anche per il Pd. Le condizioni non cambiano: vogliamo un contratto di governo, fatto a partire dal nostro programma e sulla base redatta dal prof. Giacinto Della Cananea. L’obbiettivo di questo contratto è realizzare quanto abbiamo promesso in campagna elettorale, per migliorare finalmente la qualità della vita degli italiani, non la nostra ma la loro, perchè il nostro programma non è nè di destra nè di sinistra, ma di puro buonsenso e non siamo disposti a rinunciare i nostri valori”.

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Dialogo con serietà e coerenza – ammonisce il segretario reggente Maurizio Martina – a partire da una questione fondamentale e prioritaria: la fine di ogni ambiguità e di trattative parallele con noi e anche con Lega e centrodestra. Per rispetto degli italiani, dopo 50 giorni di tira e molla, occorre su questo totale chiarezza”. Ma non tutti nel Pd concedono aperture al presidente della Camera, fanno muro in particolare i ‘renziani’. “Non ci sono le condizioni minime per una maggioranza politica tra Cinque Stelle e Pd – afferma il capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Andrea Marcucci – ascolteremo il presidente Fico con la dovuta attenzione, ma per noi le distanze sul programma restano molto marcate”.

La partita friulana. A questo punto archiviata la vicenda del Molise, il voto degli elettori di questo angolo estremo dell’ Italia acquisisce ancor maggiore importanza. E dunque si sposta nella regione del nord-est la passerella dei big della politica, tra i quali spicca il leader della Lega Matteo Salvini, il più assiduo frequentatore della zona. Dopo le visite dei giorni scorsi, il capo del Carroccio è arrivato ieri sera a Monfalcone – ex bastione della sinistra operaista, ora convertito al centro destra – ed oggi ha svolto un tour de force macinando varie centinaia di chilometri tra la Venezia Giulia e il Friuli. Salvini martella il territorio in cerca di una affermazione senza precedenti. I sondaggi danno il candidato della Lega Massimiliano Fedriga parecchi punti avanti rispetto agli altri tre competitori. Ma la Lega intende cavalcare il momento buono per fare “cappotto” e diventare unico protagonista politico, magari polverizzando l’alleato Forza Italia che il 4 marzo scorso non ha certo brillato. Si ripropone qui, in scala, la frizione che si sta consumando a livello nazionale con Berlusconi. Salvini in ogni incontro ripete agli elettori come un mantra lo stesso principio: “Non date per scontato nulla, sarà una battaglia all’ultimo voto, andate alle urne anche se sarà bel tempo”. Analogamente, anche il Partito Democratico si dà da fare e oggi è giunto in piazza della Borsa, in centro a Trieste, il segretario nazionale, Maurizio Martina. Quattro tappe in poche ore nella zona orientale della regione, tra cui Fiumicello, il paese natale di Giulio Regeni, dove è andato a portare un saluto. Dopo l’ennesima batosta in Molise, il Pd non sembra in grado di ottenere un riscatto dalle urne domenica prossima, ma lo sforzo dei Dem è concentrato sul candidato Sergio Bolzonello (numero due dell’amministrazione Serracchiani) perché si aggiudichi almeno la seconda posizione, garantendosi così l’accesso al Palazzo. Martina ha fatto leva sull’orgoglio locale: “Trovo vergognoso che alcuni leader del centro destra e non solo siano venuti qui più pensando a palazzo Chigi che non al destino di questa comunità”. Pochi giorni fa a Trieste è stato siglato un Patto tra Liguria, Lombardia, Veneto e il presunto futuro presidente della regione Fedriga. Martina ha messo in guardia dal pericolo che con regioni così potenti il Friuli Venezia Giulia possa finire risucchiato e stritolato. A giocarsela con Bolzonello è il candidato M5S, lo scienziato Alessandro Fraleoni Morgera, impegnato in queste ore a mantenere la posizione. Nessuna speranza, invece, per il quarto candidato, Sergio Cecotti, ex presidente della Regione ed ex sindaco di Udine.

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