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L’immagine più emblematica della trasformazione genetica del Pd è quella che raffigura Pierferdinando Casini nello storico circolo Tina Anselmi di Casalecchio, dinanzi alla parete su cui sono affissi i ritratti di Gramsci, Togliatti e Di Vittorio. Ha torto chi dice che il voto del 4 marzo ha cancellato il centro moderato, perché la vecchia Dc resiste, in qualche modo, proprio in questo Pd, che della sinistra conserva ormai solo le foto dei vecchi leader nelle più antiche sezioni, come pure in quel che resta di Forza Italia.
Mentre scrivo sono appena stati nominati i presidenti di Camera e Senato, con una strategia che sembra fatta apposta per completare il saccheggio di Forza Italia da parte dell’alleato Salvini, e la deriva del Pd in favore dei penta stellati dall’altra parte (anche se qui, parlare di destra e sinistra non è mica facile!). Il paradosso di questo voto è che ha consegnato non solo un paese pressocchè ingovernabile, ma anche la surreale situazione in cui chi ha vinto non ha alcun interesse a governare (anche perché non saprebbe da dove iniziare per riuscire a mantenere fede alle promesse della campagna elettorale), mentre è proprio chi ha perso (Forza Italia e Pd) a tifare per un governo, qualunque esso sia, nel timore che tornando al voto in ottobre, le proporzioni della sconfitta sarebbero ancora più tragiche, oltre a confidare nella vecchia massima del “potere che logora” o, se preferite, del “cerino in mano”.
L’unico governo plausibile sarebbe quello dei Cinque stelle col Pd, uniche due forze politiche con le mani libere da coalizioni, visto il disastro dei cespugli alleati col Pd. Ma finchè il Pd resterà un “partito-azienda” nelle mani di Renzi, anche questa opzione resterà una chimera.
E la sinistra? Chi vuole provare a costruire qualcosa a sinistra non può certo farlo partendo dall’operazione leaderistica e poltronistica di Liberi e Uguali, né da quella residuale proposta dalle ceneri di Rifondazione e dei centri sociali in Potere al Popolo. Lo scrittore Maurizio Maggiani, intervistato da “La Repubblica”, dice che lo scopo della sinistra sta in tre parole: pane, giustizia e libertà, ma la sinistra italiana queste tre parole le ha tradite, nel tentativo di conquistare l’elettorato moderato. Nel 2002 non c’era ancora il Pd, era uno dei momenti più vuoti della sinistra italiana, fu il grido di Nanni Moretti a stimolare centinaia di migliaia di persone in tutta Italia per stringersi la mano abbracciando i palazzi del potere, nel tentativo di dare la sveglia ai partiti della sinistra. Ma quel movimento sincero di partecipazione fu in pochi mesi fagocitato e abbindolato da quegli stessi partiti, riemergendo qualche anno dopo come “popolo viola” ma era già tempo di V-day grillino.
Nell’anno 2018, probabilmente, la sinistra di quei girotondi e di quel popolo viola – che poi è quella di “pane, giustizia e libertà” – ha votato per i cinque stelle, anche per marcare la lontananza dai palazzi. E a quella sinistra il Pd, Leu e Pap dovrebbero parlare, naturalmente dopo averla ascoltata dal basso, cominciando subito però, senza attendere il prossimo voto.
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Argomenti: Elezioni