Macron e il suo governo ancora a picco nei sondaggi
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Macron e il suo governo ancora a picco nei sondaggi

L'indice di fiducia per lui in tre mesi passato dal 43 al 30 per cento. Non va meglio a Philippe. I francesi si aspettavano molto di più nei primi mesi della presidenza

Emmanuel Macron
Emmanuel Macron
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Diego Minuti Modifica articolo

4 Settembre 2017 - 07.13


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Certi amori non finiscono, diceva Antonello Venditti, e forse in questo spera ancora Emmanuel Macron, anche dopo avere visto che l’ennesimo sondaggio lo vede in netto calo nella stima dei francesi che pure, pochi mesi fa, lo hanno portato trionfalmente all’Eliseo.
Nella parabola discendente Macron è in buona compagnia, perché i francesi stanno perdendo fiducia anche nel suo primo ministro, Edouard Philippe, che doveva essere il braccio armato di ”En marche” e che invece sta deludendo la gente molto di più di quanto accade fisiologicamente a distanza di poco tempo dalle elezioni.
A dare un’ulteriore sberla a ‘le roi Macron’ ed alle sue ambizioni ‘imperiali’ è stato il sondaggio di YouGov France per Le HuffPost e CNEWS pubblicato questa mattina.
I gradini della discesa di Macron sono chiarissimi nei loro numeri e forse anche allarmante perché un calo ci può stare, soprattutto quando un governo muove i primi passi, ma non in queste dimensioni. A fine giugno la popolarità del presidente era al 43 per cento, a fine luglio aveva subito un brusco calo fino al 36 per cento. A fine agosto il tasso di popolarità è letteralmente collassato, attestandosi al 30 per cento. Solo un dato può essere di qualche sollievo per Macron ed è quello della leggera risalita della fiducia che gli riconoscono i suoi simpatizzanti. Poca cosa rispetto al tracollo generale. Agli estremi, Macron perde credito sia a sinistra (12 per cento, – 7 punti) che a destra (9 per cento, – 5 punti)
Male, ma rispetto a Macron ‘malino’, va anche al primo ministro Philippe, anche lui alle prese con un calo nell’indice della fiducia che gli viene accordata dagli elettori. Ed anche per lui la curva della parabola discendente non lascia spazio ad interpretazioni: l’indice di gradimento a fine giugno era al 39 per cento, a fine luglio al 37, a fine agosto al 32.
Analizzare questi dati non è difficile, anche perché Macron ha – finalmente – dato avvio alla stagione delle riforme che, nel disegno che ha della Francia del futuro, dovrebbero consentire al Paese di rendere più veloci e migliori le dinamiche del lavoro. Già, ma per definizione le riforme vanno a toccare elementi consolidati e per questo alla fine qualcuno rimane scontento, perché è stato fatto poco o troppo. Come sta accadendo con la riforma del mercato del lavoro sulla quale la sinistra radicale di Jean-Luc Mélechon, il fondatore di ”La France insoumise”, la Francia che non si piega, ha preannunciato guerra senza quartiere.
Quel che appare evidente è che Emmanuel Macron, finite le feste dopo il trionfo, si trova davanti ad una Francia che da lui si aspettava e si aspetta molte più cose di quante ha effettivamente fatto. Se voleva incarnare, agli occhi dei suoi concittadini, l’uomo del fare, Macron sta deludendo proprio coloro che lo avevano votato firmando una cambiale in bianco ad un presidente ed ad un partito senza alcuna base ideologica, se non quella dell’  ‘ora arrivo all’Eliseo e cambio tutto’.

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