L'Europa traballa e Renzi ne approfitta

Renzi ha ragione nel chiedere una valutazione non ragioneristica ma sbaglia a proclamare ai quattro venti che comunque l’Italia farà di testa propria [Nuccio Fava]

Renzi e Juncker
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Nuccio Fava Modifica articolo

23 Ottobre 2016 - 16.41


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Che l’Europa non sia da tempo all’altezza delle sue responsabilità storiche

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è purtroppo di tutta evidenza. Andando all’osso, le cause principali sono due:

l’incapacità di esprimere spirito di solidarietà tra gli stati che la compongono

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ed  esprimere quindi politiche ed prospettive comuni di breve ed medio-lungo periodo; la seconda causa discende di conseguenza dal prevalere di spinte e interessi nazionalistici che bloccano ogni strategia comune.

Come gli capita sempre più spesso, specie in sede Europea, il nostro primo Ministro alza la voce e va in qualche modo all’assalto dei soliti euro burocrati e dei loro criteri ragionaristici di valutare e sanzionare . Questa reazione, forse troppo sceneggiata e sostanzialmente solitaria a sicuramente le sue ragioni specie sul terreno dei migranti e dei rifugiati – il problema forse e più enorme ed sconvolgente del nostro tempo che ignorato egoisticamente che non può che aggravarsi e rendere impossibile una soluzione umana e ragionevole.

Ma anche a proposito dei conti dell’Italia e della sua legge di bilancio, Renzi ha una qualche ragione per chiedere una valutazione non ragioneristica. Sbaglia però a proclamare  ai quattro venti che comunque l’Italia farà di testa propria e proseguirà per la sua strada.

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Anche se  Renzi avesse del tutto ragione ( e non ci fossero rischi non secondari di scoperture  sui conti dell’Italia, avanzati da parte delle altre forze politiche e da non pochi commentatori autorevoli) sarebbe comunque rischioso e forse controproducente un atteggiamento sìffatto.

Che del resto e diverso da parte del nostro Ministro dell’Economia e Finanze alle prese con difficili trattative con le Autorità di Bruxelles, in pieno svolgimento.

Spece in una situazione così delicata dell’Europa, ma che andrebbe seguita come criterio generale dell’agire politico: la ricerca del confronto produttivo e dell’apprezamento delle proprie ragioni, non può avvenire senza un costante sforzo di dialogo e di comprensione reciproca.

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Sin dall’inizio l’Europa si è affermata con gradualità e con sapiente bilanciamento di posizioni differenti, con la fatica di rispetto vicendevole, anche nelle grandi difficoltà successive alla fine del tragico conflitto Mondiale. La lezione che l’Europa ci consegna  è che non ce mai uno solo ad avere  ragione, senza rischiare tentazioni di egemonia deleterie che non portano frutto.

Anche la posizione Italiana sull’ipotesi di nuove sanzioni alla Russia, in rapporto all’attegiamento di Putin sulla Siria e il suo pericoloso espansionismo, ha registrato una clamorosa diversità di valutazione con la  Germania . Si possono avere tante riserve sull’utilità e l’efficacia delle sanzioni, è pur vero che il crescente espansionismo di Putin è una realtà innegabile, fino agli  attacchi informatici alle Agenzie di sicurezza Usa e ai tentativi di interferenza nelle elezioni Americane a favore di Trump.

Dire no alla Merkel rischia, tra l’altro di nascondere preoccupazioni elettoralistiche a difesa degli interessi economici e commerciali dell’Italia comprensibili nell’infuocata campagna referendaria. Non condivisibili tuttavia  rispetto alla ricerca di un nuovo equilibrio geopolitico, alla cui costruzione l’Europa dovrebbe esprimere un contributo non secondario.

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