A Palermo c’è stato l’importante appuntamento dei 5 stelle, reduci da un periodo travagliato. Lo stesso successo alle recenti amministrative con la conquista di Torino e soprattutto la conquista del Campidoglio con una affermazione straordinaria della sindaca Raggi, hanno però progressivamente fatto emergere scossoni e sussulti, forse anche piccole gelosie ed invidie, personalismi. Forse inevitabilmente posti davanti agli importanti risultati raggiunti ma contemporaneamente alle enormi responsabilità e difficoltà che ne derivavano, specie nella capitale di fronte ai grandi problemi vecchi e nuovi da affrontare. Chiunque probabilmente avrebbe provato un qualche tremore e riconosciuto difficoltà ed incertezze, e tentato magari di narrarle con semplicità e pacatezza ai cittadini e agli stessi giornalisti. Ha sicuramente pesato l’inesperienza e la tentazione frequente nei politici “tutto è sotto controllo, in ogni caso sono io a decidere”. Atteggiamento controproducente e sbagliato se si considerano le capriole a cui abbiamo assistito per lunghe giornate compreso il no alle Olimpiadi e le modalità molto discutibili che sono state eseguite. Forse la proposta di un referendum sarebbe stata la soluzione più ragionevole, senza ricorrere a giustificazioni moralistiche contro la cementificazione, le ruberie e la corruzione. Slogan che forse faranno presa ma che nascondono malamente la paura e l’incapacità a misurarsi con i grandi problemi e di mettere davvero alla prova la capacità di governo e la trasparenza amministrativa. Si trattava in fondo di saper tenere presente il quadro d’insieme dei gravi problemi di Roma e i singoli interventi indispensabili per avviare a soluzione, con gradualità e coraggio, questioni antichissime e nuove, facendo avanzare nello stesso tempo il disegno di una Roma adeguata al suo ruolo, più umana e più degna. Così non è ancora stato e gli stessi problemi per la composizione della giunta in settori strategici e fondamentali ne sono conferma. Tutto il popolo pentastellato ha però accolto con entusiasmo e calore la sindaca Raggi che non ha però mostrato in alcun modo di trarre insegnamento dalla esperienza maturata in queste settimane. Poteva del resto contare sull’abbraccio di Grillo che come sempre è stato il mattatore assoluto . L’annuncio ufficiale del ritorno come “capo massimo”del movimento ha galvanizzato tutti, militanti e dirigenti, finalmente appagati e rassicurati dal ritorno del grande fondatore e condottiero della straordinaria esperienza dei 5 stelle. La loro battaglia sarà tutta diretta a conquistare il governo e mandare Renzi a casa, come amano dire. Il ritorno alla grande di Beppe Grillo nonostante le apparenze non risolve i problemi che pure esistono, talvolta in forma carsica ma non meno reali e corposi. Si tratta di una incarnazione, per quanto originale e diffusa della risposta populista, capace di cavalcare soprattutto la rabbia e lo scontento. Come ben sappiamo questo populismo cresce non solo in Italia ed è forse l’espressione massima della incapacità, dell’inadeguatezza e delle mancate risposte ai più gravi problemi avvertiti dai cittadini. In questo senso c’è una responsabilità diretta delle forze politiche, del governo e del Parlamento che solo a parole e con promesse dicono di volere affrontare le questioni e i bisogni principali e più urgenti della società italiana. L’assenza di una politica all’altezza delle sfide e percepita dai cittadini inconcludente o, peggio, alle prese anche con gravi fatti di corruzione e con un rapporto malato tra magistratura e politica, porta acqua allo scontento e al populismo. Cresce solo il bisogno del capo, del leader indiscusso che non si limita al caso dei 5 stelle e di Grillo che torna a fare il grande capo. Anche gli stessi schieramenti di destra e sinistra, pur con le loro divisioni e fibrillazioni , puntano alla conquista di un leader che sappia rivolgersi direttamente agli elettori fuori dalle stesse ristrette aiuole dei partiti. Che attraversano del resto una crisi profonda e da cui non è facile intravvedere una via d’uscita. Anche le sarabande, i giri di valzer a cui assistiamo in vista del referendum e del tentativo di rimettere mano all’Italicum, ne sono il segnale più inquietante ed evidente.
Argomenti: beppe grillo virginia raggi