Stabilità e scuola: l'Italia è ancora indietro
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Stabilità e scuola: l'Italia è ancora indietro

Siamo ancora un paese sottosviluppato dal punto di vista delle coperture del fabbisogno per la ricerca e l'istruzione. [Luigi Berlinguer]

Stabilità e scuola: l'Italia è ancora indietro
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30 Dicembre 2014 - 16.56


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di Luigi Berlinguer

Dalle fonti pubbliche nella legge di stabilità appena approvata in via definitiva, è emersa una maggiore affermazione al finanziamento della ricerca. Questo non avviene per tutti i settori scientifici, ma è significativo. Lo stesso analogamente per la scuola dove lo stanziamento di un miliardo di euro per il 2015 previsto dalla Legge di Stabilità per la stabilizzazione dei precari, rappresenta comunque un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti che hanno registrato tagli profondi e negativi per la funzionalità del sistema formativo.

Tutto questo porta ad alcune considerazioni. Prima di tutto va rilevato che in Italia siamo ben lontani non solo dall’obiettivo di Europa 2020, cioè del 3% sul Pil di finanziamento alla ricerca, ma anche rispetto alla già inferiore percentuale europea di tale spesa.

Siamo ancora un paese sottosviluppato dal punto di vista delle coperture del fabbisogno per la ricerca e l’istruzione. In più non siamo ancora protagonisti di un altro necessario obiettivo, quello di potenziare l’Area di Ricerca Europea (ERA), perché in Europa l’organizzazione e la spesa per l’attività di ricerca sono ancora in larga misura affidate ai singoli stati.
Siamo lontani ancora dall’obiettivo contenuto nella nostra iniziativa di parlamentari europei denominata una Maastricht per la Ricerca che, soprattutto, puntava a costituire un pool di ricercatori europei da affiancare ai ricercatori nazionali.

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Fatte queste considerazioni è innegabile che gli aspetti sovrarichiamati dei segnali che provengono dalla legge di stabilità sulla ricerca e sulla scuola sono un fatto importante, che sarebbe sbagliato ignorare e che al contrario devono costituire un punto di partenza perché la pressione del mondo scientifico e scolastico continui ad esercitarsi per ottenere risultati ancora più rilevanti.

In effetti in un quadro così duro di carestia e di riduzione della spesa, che sembra non doversi arrestare, l’inversione di tendenza non solo accende una luce di speranza, ma dimostra che è persino possibile convincere i responsabili politici a farlo.

Un atteggiamento che insista solo su un’insufficienza di questi segnali e che si arrocchi su una posizione di scetticismo e amarezza non aiuta un’azione per ottenere di più e soddisfare le esigenze che tutti condividiamo.
In più un atteggiamento costruttivo potrebbe rivelarsi utile anche agli effetti di un arricchimento della proposta in materia di contenuti sull’organizzazione della ricerca e della scuola di cui sicuramente il Governo ha bisogno.

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E, pertanto, avanti tutta!

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