Ultima giornata di campagna elettorale e molto tatticismo. Il sottosegretario Graziano Delrio parla di auspicabile sorpasso del Pd nei confronti del M5s. Ma come? Si direbbe, non era il contrario? Viene quindi da fare alcune riflessioni.
In effetti il movimento guidato da Beppe Grillo ha sempre detto di essere il primo partito, all’indomani delle elezioni politiche, e rivendicato che in assenza del voto all’estero la vittoria sarebbe stata sua. Quindi si parte alla pari con un vantaggio per il M5s. Si ribalta la situazione. Non è Beppe Grillo a dover inseguire, ma il Pd. E questo può essere foriero di molti vantaggi e spiegherebbe alcune posizioni.
In generale i sondaggi, quelli vietati e che sono raccontanti in concistori e gare ippiche, dicono, anche nelle migliori delle ipotesi per Grillo, che il Pd è primo e che il M5s avanzerebbe o di mezzo o di due punti.
Beneficio di inventario ovviamente: dipende molto da quanti andranno a votare, tant’è che lo stesso Renzi parla (vedi il suo intervento dalla Gruber) di voti assoluti, perché le percentuali potrebbero non regalare sorrisi. Certo è che puntare al sorpasso dopo una campagna elettorale giocata sul siamo davanti, potrebbe far dire che il Pd è ben sicuro del suo voto e si sta preparando ad ottimizzare il risultato anche nel caso di un avanzamento dei grillini, che a quel punto, sorpassati, non potrebbero parlare di vittoria, soprattutto se i numeri assoluti fossero deficitari.
Dall’altra parte Beppe Grillo non deve essere così convinto del suo “vinciamo”. Sa di avere tanti voti e piazzarsi secondo. Ma non gli basterebbe: in un movimento politico fatto di nessuna idea, piazzarsi come seconda forza rischia di far andare in crisi movimento, tra le pressioni di chi vorrebbe incidere e di chi invece vuole continuare nel mero sfogo della propria inadeguatezza.
E così abbiamo visto Grillo cercare voti a casaccio: stalinista e oltre Hitler, vivisezionista poi antivisezionista, ma ancora vivisezionista per il padrone di Dudù. Per i processi di piazza per politici e giornalisti e poi andare a Porta a Porta a fare un comizio, in cui l’unica parte che si è capita veramente bene in un profluvio di parole senza realtà è stato quel “ne prendo atto” alla domanda di Bruno Vespa su cosa avrebbe fatto se vincesse il Pd.
Un “ne prendo atto” carico di significati, soprattutto del vuoto che contraddistingue lui e il suo movimento. E ne è la prova l’ultimo tentativo di attribuirsi i meriti e l’eredità di Enrico Berlinguer. Fatto salvo che Enrico Berlinguer aveva un alto ideale della democrazia, che anche all’opposizione ha operato per incidere e molto il Pci ha fatto per far crescere questo paese, soprattutto in ambito sociale e dei diritti.
Caro Beppe giù le mani da Enrico Berlinguer, che non sopportava i “qualunquisti”, quelli che votano chi è contro solo perché sono contro, non perché ne condividono le idee.
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