La Procura contro l'assoluzione di Scajola: illogica
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La Procura contro l'assoluzione di Scajola: illogica

I pm romani ricorrono contro la sentenza del giudice monocratico che ha assolto l'ex ministro: una decisione viziata di illogicità e travisamento dei fatti.

La Procura contro l'assoluzione di Scajola: illogica
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27 Marzo 2014 - 18.23


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La Procura romana ricorre contro la decisione del giudice monocratico che nel gennaio scorso ha assolto l’ex ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, dall’accusa di finanziamento illecito in relazione alla compravendita di un appartamento in via del Fagutale, a pochi passi dal Colosseo. E’ una assoluzione “viziata di illogicità e travisamento dei fatti”, secondo i pm.

Oggi il ricorso della Procura contro la sentenza che ha prosciolto anche l’imprenditore Diego Anemone per prescrizione del reato. Nel provvedimento di sette pagine il procuratore aggiunto Francesco Caporale e i sostituti Ilaria Calò e Roberto Felici contestano in modo analitico le motivazioni di quella sentenza puntando, in primo luogo, sull’aspetto cardine della vicenda: quell’acquisto “a mia insaputa” da sempre sostenuto dall’ex ministro. Per i pm la lettura che di ciò ne dà il giudice di primo grado “appare superficiale ed acritica” essendo “modellata sulla configurazione, nemmeno paragonabile ad ‘uomo medio’ ma piuttosto ad uno sprovveduto in balia degli eventi”.

Un’immagine che, per i pm, non corrisponde alla figura di Scajola, “indiscutibilmente un uomo politico di grande esperienza che ricopriva al momento del fatto un incarico di vertice ai massimi livelli istituzionali”. Un ruolo, dunque, che «sarebbe stato incompatibile con l’eccezionale ingenuità e straordinaria mancanza di accortezza, consapevolezza, presenza a se stessi, e senso della realtà delineate dal giudice nel tratteggiare la figura del parlamentare Scajoljavascript:Home(‘document.FormName.BlobxTesto’);a quale beneficiario inconsapevole di una somma della portata di un milione e centomila euro”. Non ci sono neppure plausibili ragioni, si legge ancora nel ricorso, per giustificare l’assenza dell’ex ministro al momento del rogito, un atto pubblico, fatto che “avrebbe dovuto essere assunta dal giudice non già come prova della sua ritenuta inconsapevolezza bensì all’esatto contrario, come prova della sua malizia”.

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