Regionali in Sardegna: Pigliaru o Murgia?
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Regionali in Sardegna: Pigliaru o Murgia?

L'ex governatore sardo: non disperdere i voti dell’opposizione a Cappellacci. Un voto dato alla Murgia risulta come un voto dato a Cappellacci. [Renato Soru]

Renato Soru
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4 Febbraio 2014 - 11.21


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di Renato Soru

Dopo Michela Murgia, oggi anche le sue candidate Romina Congera (ex assessore in rappresentanza di Sel nella precedente Giunta Regionale ) e Valentina Sanna (ex Presidente dell’assemblea regionale del Pd), mi attaccano sui giornali poiché in alcuni incontri elettorali ho chiarito ai presenti che occorre non disperdere i voti dell’opposizione a Cappellacci. In tali occasioni ho sostenuto che unvoto dato alla Murgia risulta come un voto dato a Cappellacci, poiché non servirà a scalzarlo dal Governo della Sardegna ma anzi contribuisce al suo tentativo di rimanere al potere per i prossimi cinque anni.

Non voglio rispondere sullo stesso livello personale. Sarebbe fin troppo facile ma anche inutile. Preferisco chiarire agli amici e amiche, a quanti mi hanno sostenuto nel passato, il mio punto di vista.

In cinque anni di malgoverno, Cappellacci ha impoverito la Sardegna, ha interrotto qualsiasi processo di crescita e di modernizzazione, ha portato la Sardegna in un vicolo cieco in cui è impossibile intravvedere un progetto di futuro.

Con Cappellacci la Sardegna ha perso centomila posti di lavoro , ha registrato la crescita della povertà a livelli insopportabili, ha rinunciato, nei confronti del governo Berlusconi, ai diritti già conquistati con la vertenza sulle entrate, causando la perdita di oltre tre miliardi di euro che si sarebbero potuti utilizzare in politiche per la creazione di lavoro e di contrasto alla povertà.

Con Cappellacci la Sardegna ha perso il diritto alla continuità territoriale verso le città italiane (escluse le sole Roma e Milano), non è stata capace di governare la privatizzazione della Tirrenia e quindi realizzare l’allargamento del diritto alla continuità territoriale anche alle rotte marine, sprecando invece quasi trenta milioni di euro tra finanziamento della flotta sarda e sanzioni dell’Unione Europea.

Con Cappellacci, in pochi anni l’Isola ha riconquistato il triste primato della dispersione scolastica (arrivata al 27%) e il crollo dei parametri Ocse Pisa che valutano la qualità dell’apprendimento dei nostri ragazzi. In questi anni sono stati cancellati i finanziamenti alle autonomie scolastiche, i programmi per il tempo prolungato e per il rafforzamento delle competenze di base. E’ stato cancellato il programma Sardinia speaks English. Non sono state spese le risorse europee per la scuola digitale. In questi anni la Regione ha abbandonato a sé stessa la scuola sarda, rinunciando a un ruolo attivo nel dimensionamento scolastico, nella pianificazione della rete territoriale, nel miglioramento o semplice mantenimento dell’ edilizia scolastica. In questi cinque anni Cappellacci e la sua giunta hanno pienamente mostrato con i fatti di non avere una visione di futuro per la Sardegna fondata sulla conoscenza, sull’istruzione, sull’investimento nell’intelligenza dei nostri giovani.

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Con Cappellacci la sanità sarda, senza garantire alcun miglioramento dei servizi, è passata da un disavanzo annuo di 60 milioni di euro (dati della corte dei conti per il 2008) a un disavanzo per il 2013 ormai vicino ai 500 milioni di euro. La Giunta Regionale cerca di nascondere il disastro prevedendo in anticipo per il bilancio della sanità ingenti risorse in aggiunta a quanto previsto dal Fondo Sanitario Nazionale e calcolato in base alle “quote capitarie” stabilite per le tutte le regioni italiane. Le norme nazionali per il rientro del disavanzo della sanità prevedono il commissariamento delle regioni con un disavanzo superiore al 5% del fondo previsto. In Sardegna il disavanzo per il 2012 è stato pari a 390 milioni su 2750 milioni previsti , pari quindi al 14,4% (dati allegati alla finanziaria regionale per il 2014 recentemente approvata) e nel 2015 ha superato il 15% dell’importo previsto dal FSN. La sanità della Sardegna non viene commissariata dal Governo per il nostro status di Autonomia Speciale ma ha superato il limite di ben tre volte ed è urgente che i responsabili di questo disastro vengano sostituiti dagli elettori.

Con Cappellacci per la prima volta nella nostra storia siamo riusciti a perdere centinaia di milioni di euro di risorse europee, disimpegnate per il ritardo nella spesa. Altri duecento milioni di euro circa sono stati salvati poiché fintamente impegnati nella Sfirs in fondi a sostegno del credito alle imprese ma solo minimamente utilizzati.

Con Cappellacci la Sardegna ha interrotto le politiche di messa in sicurezza del territorio, di tutela dell’ambiente e del paesaggio della Sardegna. Anzi, con il nuovo Piano Paesaggistico Regionale recentemente approvato ma impugnato dal Governo, prevede di riportare in tutti i piani di lottizzazione precedentemente cancellati, circa 35 milioni di nuovi metri cubi che cancelleranno definitivamente la bellezza delle coste sarde. Con il nuovo Ppr si prevede la possibilità per chiunque di edificare in campagna, anche avendo a disposizione un solo ettaro. Si tratta di una politica disastrosa che sottrae la campagna alla sua naturale vocazione di produzione di cibo, attraverso il lavoro . Una politica miope in un pianeta che ha visto nel secolo scorso la popolazione mondiale passare da poco più di un miliardo a circa sette miliardi, che rende evidente la necessità – ribadita in tutte le occasioni anche dall’Unione Europea – di interrompere il consumo di suolo agricolo e anzi proteggerlo al fine di garantire cibo per la vita e qualità ambientale.

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Mi fermo qui. Per questi e per altri motivi credo che per tutti i noi l’obiettivo irrinunciabile sia interrompere l’esperienza di Cappellacci e della destra al governo della Regione. La Sardegna non merita e non sopporterebbe altri cinque di malgoverno come quelli appena trascorsi. Sarebbe veramente colpevole attardarci ancora nella demagogia invece che iniziare subito a riadeguare i nostri progetti e i nostri comportamenti, ritardare ancora nell’agguantare le opportunità che -pur in mezzo a molte difficoltà e alla necessità di molto impegno- i grandi cambiamenti in atto dell’innovazione tecnologica, del digitale e della globalizzazione ci offrono.

Tuttavia, il centrosinistra vince le elezioni se mantiene l’impegno, se non si divide. Dividersi, rinunciando a migliorare le cose dall’interno, non è mai stata una buona risposta. Ancor più oggi. Dividersi può assecondare le aspettative di qualcuno ma raramente costruisce in maniera stabile, dividendosi e rimanendo soli si può andare più veloci ma solo uniti si può arrivare lontano.

A pochi giorni dal voto credo sia giusto confrontarsi con la realtà. Ci sono solo due possibilità in campo: la vittoria di Cappellacci e della destra o la vittoria di Pigliaru e del centrosinistra.

Io sto con Pigliaru . Sto con la sua idea di Sardegna che è stata ed è anche la mia. Sto con la sola possibilità di realizzarla.

A pochi giorni dal voto, e con la necessità di una motivazione immediata per chiedere il sostegno a Francesco Pigliaru, a quanti mi hanno sostenuto in passato e oggi per diversi motivi sono tentati dal voto alla Murgia, ho richiamato e continuo a richiamare la necessità del solo voto effettivamente utile a scongiurare il proseguo dell’esperienza Cappellacci, poiché altrimenti “la Sardegna continuerà a piangere” direbbe un noto pubblicitario.

Avendo a disposizione più tempo, ho già avuto modo di dire in maniera estesa, e continuerò a farlo, perché il progetto di Michela Murgia non mi ha convinto e non convince.

Abbiamo superato le ideologie ma non i valori. Per questo non mi convince chi va dicendo che destra e sinistra siano la stessa cosa.
Credo nel protagonismo di ciascuno ma altrettanto nell’umiltà e nella capacità di stare insieme agli altri, di non dividere, di stare insieme al percorso di chi è venuto prima e di chi verrà dopo di noi. Per questo, quando è toccato a me, insieme a quanti mi hanno sostenuto con Progetto Sardegna, ho portato il mio contributo nel centro sinistra.

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Non mi ha mai convinto l’indipendentismo, rimango convinto che sia l’ora di abbattere confini e non di tracciarne di nuovi.
Trovo le affermazioni di Michela Murgia sul Ppr pericolosamente vicine a quelle spesso fatte da Cappellacci: l’idea che tutto debba essere demandato ai singoli territori, rinunciando all’idea di una visione e di una responsabilità unitaria, non solo sarda ma anche italiana ed europea. In questi anni i il PPR e le coste della Sardegna sono state salvate dalla promessa di cementificazione di Cappellacci grazie alla responsabilità condivisa con lo Stato, prevista dal Codice Urbani. Trovo definitivamente superata l’idea quasi tribale che i valori naturali e paesaggistici appartengano unicamente alla comunità locale più vicina e che questa ne possa disporre aldilà di una visione e di interessi più generali.

Trovo profondamente sbagliata la lettura che Michela Murgia da del periodo della Rinascita e delle politiche di industrializzazione della Sardegna. Sbagliata per il passato e nella valutazione dell’opportunità per il futuro.
Trovo il suo programma in tema di trasporti, di sanità, di semplificazione dell’amministrazione regionale, estremamente generico e vago. Pieno di molti buoni principi ma del tutto assente di dati di contesto, di consapevolezza del lavoro già svolto in precedenza, e soprattutto di proposte concrete.

Ho molto rispetto dell’impegno politico, quando viene portato avanti con passione e mettendo al centro gli interessi generali. Michela Murgia ha fatto in questi mesi un grande lavoro di animazione politica in giro per la Sardegna e di questo Le va dato atto. Con idee anche molto diverse dalle mie, con le quali mi piacerebbe confrontarmi in futuro. Tuttavia credo che anche il mio impegno di questi anni meriti almeno altrettanto rispetto. Anche quando esercito la mia responsabilità ricordando che fra dieci giorni il vero confronto sarà tra Cappellacci e Pigliaru, e sottolineo agli elettori di centro sinistra e a quanti mi hanno sostenuto nel passato che un voto dato alla Murgia è comunque un voto sottratto alla responsabilità di mandare a casa Cappellacci.

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