Le primarie non attenuano la profonda crisi italiana

Oggi piangiamo e ammiriamo Nelson Mandela, ma da noi non c'è un vero leader e la vita democratica si è indebolita.

Le primarie non attenuano la profonda crisi italiana
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7 Dicembre 2013 - 17.06


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di Nuccio Fava

Siamo ormai agli spunti finali di una campagna di cui è difficile valutare la portata. Queste primarie all’italiana sono un unicum al mondo di cui però ci si vanta spropositatamente mentre confermano piuttosto la crisi lunga e profonda del nostro sistema politico. Crisi che si è aggravata nel corso della cosiddetta seconda Repubblica dominata dal berlusconismo. Con esso in effetti si fanno ancora i conti nonostante la decadenza dal Senato e la rottura del suo movimento. Sarebbe singolare che fosse ancora lui a dominare la scena verso la terza Repubblica. I veri leader sono rari e tutti oggi piangiamo e ammiriamo Nelson Mandela.

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Lo stesso De Gaulle non è stato investito da primarie, ha preservato lo spirito della Francia libera durante l’occupazione nazista e ha superato la crisi d’Algeria e della terza Repubblica francese. Niente di analogo nella storia italiana dove pure – dal tragico dopoguerra in poi – i leader dei grandi partiti usciti dalla Resistenza forgiarono la nuova Italia democratica con a fondamento la Costituzione repubblica. Dalla crisi della cosiddetta prima Repubblica i processi politici si sono evoluti e- nonostante il conquistato bipolarismo all’italiana- la vita democratica si è fortemente indebolita e il Paese ha complessivamente compiuto passi indietro sul piano interno ed europeo. La crisi di fondo è nata nei partiti, è stata anzi la crisi dei partiti a rappresentare la patologia più grave della nostra vita democratica. Perché senza partiti democratici, aperti alle domande della società, capaci di proporre sintesi politiche efficaci e offrire risposte ai problemi, e rinnovare al tempo stesso i propri gruppi dirigenti senza colloquiare permanentemente con le altre forze politiche in Parlamento e nel Paese, il sistema politico si illanguidisce e perde ogni rapporto con la vita reale delle persone e la funzione di tramite indispensabile con le Istituzioni. Dinnanzi ad una crisi profonda che viene da lontano- aggravata da una corruzione pervasiva e da una videopolitica distorsiva e banalizzante-le primarie appaiono un alibi o tentativo di supplenza per un circuito democratico che si vorrebbe allargato a cittadini volenterosi e sensibili, oltre alle solite truppe cammellate dei diversi candidati. Al Pd non servono o non bastano le primarie.

E’ urgente un’identità chiara e forte, che superi questa perdurante distinzione di ex comunisti ed ex democristiani. Nell’incapacità di una vera sintesi, certo difficile ma indispensabile, si finisce per rappresentare un mero blocco antiberlusconiano vecchio o nuovo che sia. Urgono politiche di governo profondamente rinnovate per uscire dalla crisi e stare originalmente in Europa con la capacità di costruire alleanze per una vera caratterizzazione euro-mediterranea con la centralità della nostra questione meridionale. Non meno rilevante però è la definizione di una forte ispirazione ideale ed etica completamente riconoscibile negli uomini , nei comportamenti, nelle scelte coerenti. Gli esiti del resto delle precedenti primarie- da quella di Prodi alle più recenti di Bersani- non hanno dato risultati esaltanti : molto autocompiacimento ed autoreferenzialità.

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La sfida resta dunque quella della costruzione di un partito davvero democratico secondo il profilo definito nella nostra Costituzione. Anche la sfida dalla nuova legge elettorale dopo la bocciatura del porcellum è parte non secondaria delle nuove urgenze. A nostro avviso è questo l’insieme gravoso dei problemi che stanno difronte al Pd. Con essi dovrà fare i conti chiunque dei tre valorosi sfidanti prevarrà nella contesa.

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