Un Pd dalla parte dei poveri e degli operai

Parla Gianni Pittella, primo vicepresidente del Parlamento Europeo e candidato alla segreteria del partito: sto preparando la piattaforma programmatica.

Un Pd dalla parte dei poveri e degli operai
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14 Settembre 2013 - 15.58


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di Fabio Luppino

Gianni Pittella, 54 anni, primo vicepresidente del Parlamento Europeo, è in campo per la segreteria del Pd. Parteciperà alle primarie, quando si faranno. “Il congresso dovevamo averlo già fatto”. E invece… Critico con Epifani, “un garante di parte, non va bene”, critico con le larghe intese, “la voce del Pd non si è sentita”, chiederà il voto su Europa e Mezzogiorno. “Un vero partito nazionale deve partire da qui”.

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Allora, Gianni Pittella candidato segretario del Pd?

Certo, mi dica lei, devo andare dal notaio…

Se lo faccia spiegare…

Quando si apriranno le procedure per la presentazione della candidatura, raccoglierò le firme. Sto preparando la piattaforma programmatica, intanto.

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Ecco, ma ancora non si sa quando si farà il congresso. Secondo lei, quando si deve fare?

Si deve fare il più presto possibile, dovevamo già averlo fatto. L’attuale dirigenza ha perso tempo con una discussione inutile sulle regole. In quattro mesi non siamo riusciti a dire nulla al Paese e il dibattito si è trascinato sul si vota con gli iscritti o con i cittadini, il 24 o il 27, insieme i vari segretari… La gente si è annoiata, se non disgustata. Prima si fa e meglio è.

Il segretario può fare il candidato premier oppure no?

È un falso problema. La norma può rimanere l’attuale, fermo restando fare le primarie per essere candidato premier.

Primarie aperte, primarie chiuse?

Apertissime. Un partito che ha intere regioni senza tesseramento e che quando c’è è nelle mani di qualche persona non può pensare di fare primarie solo con i tesserati, così come il congresso.

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Epifani, quindi, è stato deludente nella gestione di questa fase?

Assolutamente. Doveva fare il reggente e il garante, ma è stato un uomo di parte e mi dispiace. Ha avuto un atteggiamento partigiano.

Su quali temi Pittella cerca i voti per fare il segretario del Pd?

Il primo elemento è l’europeismo. Voglio un Pd che lavori per cambiare le regole europee che non vanno bene, dal rigore al patto di stabilità. Anche la struttura politico-istituzionale va cambiata. Deve essere la battaglia principale del mio partito e che si metta in rete con le altre forze socialiste e riformiste europee.

E poi?

Il Pd deve essere un partito nazionale che sappia recuperare la centralità del Mezzogiorno con proposte concrete ed efficaci. Partirei dall’istituzione di zone economiche speciali (Zes) in cui ci siano fiscalità di vantaggio, procedure burocratico-amministrative snellissime in modo che si possa delocalizzare con convenienza al Sud.

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Ma ci sarà dell’altro…

Completiamo le infrastrutture, il piano di Lupi è un piano parziale. Metà Sud è senza Tav, una vergogna internazionale…

Anche i condannati alla Salerno Reggio Calabria sono decenni che aspettano…

Certo, ma non si può arrivare in treno con la Tav a Salerno e poi nulla. Va rafforzato il sistema portuale: spagnoli e portoghesi ci stanno togliendo mercati. Infine la legalità deve essere garantita anche utilizzando i fondi europei.

Al resto d’Italia cosa dice il candidato segretario?

Dobbiamo impegnarci sull’industrializzazione, rispettosa dell’ambiente, ma è un settore decisivo.

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Il Pd si bea di essere l’unico partito non personale, può essere. Ma il partito non si è dimenticato di evocare speranze nell’elettore?

Noi non abbiamo evocato un sogno, una speranza da condividere con gli altri. Dobbiamo batterci per l’eguaglianza, concetto bellissimo. Ci dobbiamo battere per i più poveri, per gli emarginati per i più deboli. Non è un caso che il Pd non prenda più voti tra gli operai, tra i giovani. Ci restano, e nemmeno tutti, impiegati e pensionati.

Premesso che dopo i disastri post elettorali al governo delle larghe intese non c’era alternativa, secondo lei ci si poteva stare in un modo diverso?

Ero contrario. Adesso che c’è deve andare avanti, anche se non avrei accettato la sospensione dei lavori del Parlamento per i processi di Berlusconi, una vera caduta di stile. Un orizzonte, seppur limitato, glielo dobbiamo dare, ci sono alcune cose sul piano economico che si devono fare. Ma detto questo a mancare totalmente è stato il punto di vista del Pd.

Un anno fa per molti dirigenti del Pd Matteo Renzi era il nemico interno inviato dalla destra. Oggi gli stessi lo indicano come il toccasana. Troppi salti mortali, non trova?

Non era un nemico un anno fa né oggi è il salvatore della patria. Allora non l’ho votato, ma l’ho sempre considerato una risorsa importante per il partito, capace di allargare i consensi. Dopo la sconfitta elettorale e la fallimentare gestione del dopo elezioni siamo davanti a macerie. Penso che Renzi sia il leader giusto per guidare il Paese e che sia giusto che voglia guidare il Pd. Il suo contributo porterà un allargamento dei consensi al Partito Democratico. Ma il dibattito congressuale non si può ridurre ad una conta su Renzi, parliamo invece di idee. Sulle idee il sindaco di Firenze non dà risposte su alcune questioni, a partire da quella europea, al Mezzogiorno e al tipo di partito che vogliamo costruire. Io sono contro il partito personale, sono per un partito federale, con personalità forti sul territorio.

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E Cuperlo?

Una bellissima intelligenza. Peccato che sia diventato il rappresentante della leadership che ha portato il partito alla sconfitta.

Quali errori ha compiuto Bersani da non ripetere per il futuro?

L’errore più grave è aver sottovalutato il tema Europa. Grillo voleva far uscire l’Italia dall’euro, Berlusconi ha fatto l’anti Merkel e noi non siamo stati capaci di dire al primo sei un imbroglione perché dall’euro non si può uscire, può solo fallire con grave danno per tutti gli italiani. E non siamo stati capaci di dire al leader Pdl tu eri insieme alla Merkel e a Sarkozy a varare tutti i provvedimenti di austerità che stanno pagando le famiglie italiane. Nel dopo elezioni Bersani si è comportato come uno che ha vinto e invece abbiamo perso. Si doveva fare un governo di scopo per tornare al voto con una nuova legge elettorale.

Il fantasma dei 101 franchi tiratori di Prodi quanto peserà sul futuro del Pd?

È una delle pagine più buie della storia parlamentare italiana, espressione di un partito malato grave. Il congresso deve affermare il principio della responsabilità: le decisioni prese dopo discussione e confronto devono essere vincolanti per tutti.

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