di Giuseppe Civati
Dal momento che ogni ora sono richiamato all’ordine, insieme alla dissidente Puppato, alla rinnegata Ricchiuti, al trotzkista Tocci e al pericoloso movimentista Casson (nonché a Mineo, con i suoi caffè scorretti), vorrei ricordare, oltre all’articolo 67 della Costituzione (proprio quello per cui abbiamo preso in giro Grillo, ricordate?), il programma che abbiamo sottoscritto noi e, cosa ancora più impegnativa, i nostri elettori. Perché abbiamo chiesto loro di firmarlo, ricordate, per entrare nell’albo di chi ci sosteneva nel corso di questa legislatura. Già.
In campagna elettorale escludemmo il governissimo (e subito dopo le sue formule più politiche, che poi abbiamo puntualmente accettato), parlammo di necessaria e prioritaria riforma della legge elettorale, spiegammo che avremmo portato una discontinuità forte e giusta rispetto agli anni precedenti.
Il testo della Carta d’intenti lo trovate qui e, nella versione di luglio 2012, qui. Non è WikiLeaks, è il nostro testo base, pubblicato dappertutto.
Alla fine c’è il principio del voto a maggioranza, con un appello alle forze di coalizione, perché sia accettato il voto dei più, certamente. Solo che non c’è più quella coalizione (senza Sel e senza ma) e il richiamo non può prescindente dagli impegni che trovate qui sotto, perché su di essi si basa.
A proposito di presidenzialismo:
Sulla riforma dell’assetto istituzionale, siamo favorevoli a un sistema parlamentare semplificato e rafforzato, con un ruolo incisivo del governo e la tutela della funzione di equilibrio assegnata al Presidente della Repubblica.
Circa la riforma della Costituzione:
La sola vera risposta al populismo è la partecipazione democratica. La crisi della democrazia non si combatte con “meno” ma con “più” democrazia. Più rispetto delle regole, una netta separazione dei poteri, una vera democrazia paritaria e l’applicazione corretta e integrale di quella Costituzione che rimane tra le più belle e avanzate del mondo. Siamo convinti che il suo progetto di trasformazione civile, economica e sociale sia vitale e per buona parte ancora da mettere in atto.
Sul conflitto d’interessi:
Sono poi essenziali norme stringenti in materia di conflitto d’interessi, legislazione antitrust e libertà dell’informazione.
Su fisco e lavoro:
Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Quello successivo è contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra nell’ultimo decennio e in particolare l’idea di una competitività al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che, rimasti orfani della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare nella svalutazione e svalorizzazione del lavoro.
Su confusione e opacità, nella versione di luglio:
Abbiamo alle spalle il decennio di una destra impregnata di promesse e parole che hanno reso più confuse e opache la politica e l’azione del governo. Mentre davanti a noi l’ansia del cambiamento si sente con più forza. Noi – i democratici e i progressisti – questa volta non inviteremo a sognare. Insieme con il Paese che resiste e vuole ripartire apriremo bene gli occhi e ascolteremo. Assumeremo degli impegni. Discuteremo con la società consapevole i traguardi di un’Italia da rifare. Siamo pronti e non siamo soli. Siamo convinti di avere cose da dire, e soprattutto molte cose da fare. Per l’Italia, bene comune.
Se mi richiamate all’ordine e lo fate con toni vibranti, non mi offendo di certo. Solo mi permetto di richiamarvi, a mia volta, al merito degli impegni che ci siamo presi. E non al loro contrario.
Sono sicuro che i nostri elettori capiscano e che in futuro capiranno.
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