Pd, 70 senatori: basta autogol
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Pd, 70 senatori: basta autogol

Dopo lo stop di un giorno ai lavori alla Camera chiesto dal Pdl, i senatori si rivoltano: ci vuole uno scatto d'orgoglio, tutto troppo paradossale.

Pd, 70 senatori: basta autogol
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11 Luglio 2013 - 18.42


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Il giorno dopo le polemiche interne al Pd per lo stop ai lavori alla Camera richiesto dal Pdl, settanta senatori democratici hanno firmato un documento per rivendicare la scelta di ieri e chiedendo al Pd uno scatto d’orgoglio: “Basta autogol” si legge nella nota.

“La distanza tra quanto comunicato in queste ore e ciò che davvero è accaduto e sta accadendo nelle aule parlamentari è davvero paradossale”, hanno affermato in una nota congiunta i senatori democratici, tra i quali Francesco Russo, Valeria Fedeli, Claudio Martini, Rita Ghedini, Giorgio Tonini, Francesco Verducci, Miguel Gotor, Stefano Collina, Paolo Corsini, Vannino Chiti, Camilla Fabbri, Paolo Guerrieri, Stefano Esposito, Giorgio Santini, Angelica Saggese, Giancarlo Sangalli, Francesca Puglisi e Rosanna Filippin.

Quella dei 70 senatori non è una manifestazione di dissenso verso la scelta di chi ieri ha votato a favore della sospensione dei lavori a Montecitorio, ma verso la cattiva gestione della vicenda sul piano della comunicazione. Come ha sottolineato anche uno dei firmatari, Miguel Gotor: «L’iniziativa è partita da Francesco Russo, che è il senatore più vicino a Enrica Letta che abbiamo a Palazzo Madama. In realtà parlare di spaccatura all’interno dei gruppi parlamentari è una forzatura. La nostra lettera vuole essere una critica alla strumentalizzazione di eventi marginali, fatta da pochi parlamentari che hanno colto l’occasione per criticare il governo».

«Appare in gran parte incomprensibile – si legge sempre nella nota dei senatori – l’occasione che sta perdendo il partito di spiegare e valorizzare le scelte, certo faticose e non facili, dei suoi parlamentari. Siamo concordi nel giudizio critico sugli eventi di ieri, la drammatizzazione di vicende giudiziarie del leader di un partito, il Pdl, con toni e modalità che nessuno di noi ha condiviso. Piacerebbe, però, vedere uno scatto d’orgoglio da parte del Pd e che fossero comunicate meglio le nostre buone ragioni al Paese. A cominciare dalla fatica e dalla responsabilità nel sostenere un Governo chiamato a realizzare riforme a fronte di una crisi gravissima. Sapevamo che non stavamo creando un governo di larghe intese con Merkel o Cameron, ma le condizioni di urgenza cui ci richiamava qualche settimana fa il presidente Napolitano non sono cambiate. E’ demagogico invocare il ritorno alle urne quando tutti sappiamo che il porcellum ci restituirebbe un parlamento altrettanto frammentato e ingovernabile».

«Non sosterremmo un minuto di più questa maggioranza se non pensassimo che possa produrre in tempi certi le scelte di cui il Paese ha bisogno – hanno infine concluso i 70 – ma oggi rivendichiamo che questa è la miglior scelta che si possa fare date le circostanze».

Ad appoggiare la nota dei senatori è poi stata una lettera di 13 deputati indirizzata al segretario del Pd, Guglielmo Epifani, e al capogruppo alla Camera, Roberto Speranza. «Di fronte ai veri e propri insulti rivolti da colleghi Pd ad altri deputati del gruppo, crediamo che sia opportuna una valutazione da parte vostra sulla vicenda, per capire se non siano stati superati i confini minimi della correttezza e della decenza», hanno chiesto Michele Anzaldi, Matteo Biffoni, Luigi Bobba, Simona Bonafè, Ernesto Carbone, Filippo Crimì, Marco Donati, David Ermini, Luigi Famiglietti, Edoardo Fanucci, Federico Gelli, Ernesto Magorno, Laura Venittelli.

I deputati hanno fanno riferimento agli offensivi aggettivi di “sciacalli” e “merda” rivolti da un collega del gruppo parlamentare Pd ad altri deputati democratici che hanno votato a favore. «Si tratta di episodi – hanno aggiunto poi i 13 – che non esitiamo a definire gravi, poiché legittimano addirittura l’insulto pubblico per chi non si allinea, in presenza peraltro di decisioni poco chiare e discutibili che hanno fatto parlare di cedimento a Silvio Berlusconi. Di fronte all’assenza di smentite, che alimenta un clima di scontro e di assoluta mancanza di rispetto tra colleghi di partito, ci chiediamo se situazioni del genere possano essere accettate in un contesto politico comune».

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