Il Pd farà mancare voti a Letta

Semmai dovesse diventare premier non avrà con sé tutti. La direzione ha fotografato lo sfascio di un partito. Che ha rinviato il confronto vero. [Fabio Luppino]

Il Pd farà mancare  voti a Letta
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23 Aprile 2013 - 19.25


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di Fabio Luppino

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Ipocriti sono entrati, ipocriti sono usciti. Il documento di sostegno a Napolitano votato dalla direzione pd non vuol dire niente, non ci avventuriamo a definirlo carta straccia per rispetto di coloro che hanno il culto della vera politica. Come potranno molti deputati e senatori pd votare con gioia per un governo in cui, si dice, Mariastella Gelmini tornerà a fare il ministro dell’Istruzione? L’ipoteca di Berlusconi che reclama un esecutivo fortemente politico stringe ogni ora che passa come un cappio. Larghe intese vuol dire una cosa sola: o ci stai o te ne vai.

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Il Pd ha consumato una direzione di anime morte in cui il vero tema politico, cosa siamo dove andiamo quando ce lo diciamo, è stato rimosso. Così come è stato liquidato frettolosamente l’addio di Bersani, fino a venerdì il capo indiscusso, anche se già senza esercito. Fantasmi, figurine. Matteo Orfini riesce a candidare Renzi premier in diretta televisiva, ma quando la cosa si fa seria non riesce nemmeno ad entrare nel concetto, fischi a parte. Certo, anche questo un elemento su cui si è riflettuto poco: se il segretario sulla parodia di un comico ci può impostare la campagna elettorale, allora liberi tutti. Da anni il Pd fa battaglia politica sui media. Si scannano a mezzo stampa, ovviamente solo dopo le sconfitte. Per cui l’esito della direzione non ci dice proprio nulla su quel che avverrà. Lo stesso Enrico Letta, semmai dovesse essere il premier scelto, può contare sui voti di Scelta civica e del Pdl, ma deve cominciare a fare la conta di quanti pd non lo sosterranno in Parlamento, e saranno certamente molto più dei sette contrari di oggi.

La ditta non c’è più, evaporata insieme al suo conduttore. L’indistinto su tempi e modi di un confronto politico vero nell’Assemblea nazionale renderà tortuoso il cammino del governo, a prescindere da chi lo guiderà. Per dare il segno dell’impalpabilità delle posizioni in campo: è stato Umberto Ranieri, dato da tempo agli studi sul riformismo che non è mai stato, a lanciare Renzi premier. Che Ranieri si trovi in consonanza con Orfini dice tutto dell’inconsistenza delle linee politiche in campo.

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C’è da aspettarsi, dunque, che senza dirlo apertamente, una bella truppa di piddini voti sul governo come Cinque Stelle e Sel, caso per caso. Con la debolezza di chi non può chiedere niente. Senza più un leader e una politica.

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