di Fabio Luppino
Quando maledici tutte le volte che si presenta il giorno; quando abbassi lo sguardo davanti ai tuoi figli; quando il cervello è sempre in moto, ma le mani ti sembrano inutili; quando esci da casa e non sai dove andare; quando vaghi in un supermercato in cerca di quello che costa meno per mettere insieme il pranzo con la cena; quando usi le tue parole migliori per dare sostanza all’istruzione dei tuoi figli, che però vedono te laureato e senza lavoro.
Ore qualunque di un giorno come oggi, domani e quanti altri ancora. Il quotidiano degli invisibili, che tornano numeri ogni qual volta si producono statistiche: sui senza lavoro, sulla povertà, sull’indigenza di famiglie insospettabili. Milioni di persone che complessivamente hanno perso milioni di reddito e continuano a perderlo. Stanno in un tunnel senza uscita. Vivono invisibili, muoiono invisibili, magari per un ictus e d’infarto e non hanno nemmeno quei tre minuti di sconcerto nazionale dedicati ai coraggiosi suicidi, che dopo aver annaspato a lungo, aver vissuto umiliazioni senza speranza, aver abusato della solidarietà familiare sentita anche come colpa, decidono di farla finita.
Percorsi bui di persone comuni, di imprenditori capaci, di lavoratori espropriati. Quando l’ingegno non serve più e si vive di depressione e farmaci. L’altra faccia sempre più ingombrante della cassaintegrazione o del fisco crudele che ruba alle imprese oneste sette mesi di fatturato solo per pagare le tasse.
Così va da mesi, da anni, con lo sguardo della politica rivolto altrove. Con Grillo ad usare il suo 25% per deliziarci di paradossi, Bersani intento a non perdere una poltrona traballante, Berlusconi a tentare di cancellare i guasti profondi che ha prodotto la sua attività di governo sul tessuto economico-sociale dell’Italia. Gli espulsi non votano, o non sperano di cambiare le cose facendolo. Alcune migliaia hanno guardato a Grillo, ma oggi gli resta la rabbia per un’illusione perduta. Squinzi, il presidente di Confindustria, ricorda quante imprese stanno morendo nel frattempo. Siamo in una economia di guerra con gli uomini espulsi, le donne impiegate, ma vincolate alla flessibilità. Così, senza futuro, senza il barlume prossimo di una ricostruzione. Con la politica, senza cuore.
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