di Fabio Luppino
Solo il Pdl poteva tenere in vita il tentativo Bersani. Tutti gli altri avevano già ampiamente staccato la spina, anche la metà dei Democratici. L’appoggio non c’era e il segretario Pd non voleva andare avanti condizionato da Berlusconi. Questo dietro l’esito negativo dopo i colloqui al Colle.
Aveva in mano un governicchio. Si può girare come si vuole, ma la gestione di questa settimana da parte del segretario Pd è stata disastrosa. In sette giorni la non vittoria si è trasformata in una deriva politica e personale per il leader democratico. Anche nel partito la resa dei conti è vicina.
Il pallino ora nelle mani di Napolitano, che, come anticipato da “Globalist”, ha sbarrato la strada verso il Parlamento a Bersani, ma il leader pd è entrato da sconfitto nel colloquio finale. Il Capo dello Stato a questo punto ha totalmente in mano la situazione. Potrebbe condurre rapide consultazioni domani e affidare un nuovo incarico sabato. Vedremo. L’unica cosa certa è che non si avrà giuramento prima di martedì prossimo.
La scelta dovrebbe cadere su una personalità in grado di costituire il cosiddetto governo di scopo chiesto da più parti. La fresca polemica con Caselli fa scendere e di molto le quotazioni di Pietro Grasso. Laura Boldrini resta un’outsider possibile, ma il nome più in auge da diversi giorni resta quello del ministro Fabrizio Barca. Lo voterebbe il Pd, lo voterebbe Monti, lo voterebbe una parte del Pdl, avrebbero seri imbarazzi a non votarlo i parlamentari Cinque Stelle. Si separerebbe dalla partita governo quella per la Presidenza della Repubblica. Chiunque decidesse di non votare un governo Barca si candiderebbe al suicidio politico. L’insofferenza degli italiani non risparmierebbe nessuno. A partire dai Cinque Stelle.
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