Mafia e Pd: lettera aperta a Bersani e Ambrosoli
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Mafia e Pd: lettera aperta a Bersani e Ambrosoli

Perché candidare Grasso a Milano mentre in Sicilia si presentano per l'ennesima volta due politici chiacchierati? Leggete i documenti. [Giuseppe Arnone]

Mafia e Pd: lettera aperta a Bersani e Ambrosoli
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7 Gennaio 2013 - 18.08


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di Giuseppe Arnone

Carissimi Pierluigi Bersani, Umberto Ambrosoli, Pietro Grasso, Rosaria Capacchione,

se il PD è orgoglioso di rieleggere parlamentari (per la settima volta!) Crisafulli e Capodicasa a Palermo, deve mostrare lo stesso orgoglio a Milano e in Lombardia.

Sabato scorso ho portato un poster bus, ovvero un camion con due manifesti die sei metri per tre, avanti casa di Pietro Grasso a Palermo. I manifesti ricordavano a Pietro Grasso da un lato la denunzia di Walter Veltroni sulla questione mafiosa che chiama in causa anche il Partito Democratico nonché l’insegnamento di Paolo Borsellino secondo il quale il cambiamento si realizza con la matita elettorale “più potente di una lupara, più affilata di un coltello”, per usare le sue parole. Dall’altro il poster bus riportava testualmente le frasi pronunziate da Mirello Crisafulli nel colloquio con il capo mafia Bevilacqua registrato dalla Polizia (incredibilmente per puro caso). Crisafulli in quel colloquio dava queste indicazioni al capo mafia: “se quell’impresa vuole quell’appalto deve battere un colpo e deve batterlo forte..” “do il mio assenso e la mia benedizione all’accordo tra quelle imprese” “quell’appalto ai fratelli Gulino l’ho procurato io.. sono miei amici ma erano gli unici che potevano farlo.. per i Gulino garantisco io.”

Per un incredibile errore giudiziario, cui si stenta a credere, le indagini su Crisafulli partirono con oltre un anno di ritardo: un inquirente imbecille attribuì le frasi che abbiamo appena riportato al capo mafia e non a Crisafulli che le aveva pronunziate!!!! Era solo un imbecille o era troppo furbo? Ai posteri l’ardua riposta. L’inchiesta a carico di Crisafulli così malamente condotta veniva archiviata perché, scrivono i giudici, “Crisafulli appare disponibile ad esplorare e ad addentrarsi con il capo mafia Bevilacqua sia nell’area grigia dell’affarismo politico elettorale sia nell’area delle ipotesi strettamente politiche del territorio, ma in ambedue i casi senza fornire alcun apprezzabile apporto causale ai fini associativi”.

Secondo i giudici Crisafulli e Bevilacqua stabiliscono nel colloquio una serie di impegni ma poi non si è raggiunta prova che gli impegni siano stati in effetti mantenuti. In verità l’indagine viene fatta talmente con i piedi che non si individuano neanche – eppure era abbastanza semplice – quali fossero le collusioni esplicitamente ammesse da Crisafulli con gli imprenditori Gulino, quali fossero gli appalti per cui si doveva battere il colpo, ovvero pagare l’evidente tangente. Nella richiesta di archiviazione si legge tra l’altro “globalmente considerata la condotta di Crisafulli può apparire oggettivamente legittimante rispetto al capo mafia Bevilacqua e quindi pericolosamente vicina al sottile confine dell’attività penalmente illecita”. Ed ancora i giudici scrivono che i pentiti escussi hanno anche riferito che “la candidatura del Crisafulli alle elezioni regionali del 2001 avrebbe dovuto essere sostenuta dalla famiglia mafiosa in previsione della possibilità di ottenere per il tramite dello stesso Crisafulli contatti nel mondo imprenditoriale”. Tuttavia l’arresto dei capi mafia di riferimento di Crisafulli avvenuto nel maggio del 2001, continuano i giudici, “arresto avvenuto unitamente ad altri componenti della famiglia mafiosa di Enna, impediva la concretizzazione del progetto.”
Allora se il PD è talmente orgoglioso di Crisafulli da volerlo rimandare al Senato, dobbiamo far conoscere questa storia di “orgoglio” e di impegno civile all’intera Italia, a partire da milanesi che si chiedono ancora come Filippo Penati ha potuto realizzare tutto ciò. La risposta è semplice: se Bersani vuol continuare a “valorizzare” Crisafulli malgrado le sue intercettazioni sugli appalti da truccare e sulle tangenti con il coinvolgimento del capo di Cosa Nostra, chi doveva controllare Filippo Penati e il sistema delle tangenti di Sesto San Giovanni? Per lo meno Penati non lo aveva intercettato nessuno, Crisafulli si.. e sta andando con l’indulgenza plenaria.

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Consiglio a Umberto Ambrosoli e a Pierlugi Bersani di collegarsi a questo indirizzo http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/01/06/posterbus-sotto-casa-di-pietro-grasso-liberaci-dagli-impresentabili-del-pd/215964/ in modo da poter comprendere appieno qual è il dirompente messaggio etico che si offre al cittadino con questo poster bus, piazzato a Palermo innanzi a casa di Pietro Grasso e che sarà piazzato venerdì prossimo per una settimana innanzi al comitato elettorale di Ambrosoli a Milano.

Il poster bus riporta le eroiche gesta sia di Crisafulli che di Capodicasa. Quest’ultimo, parlamentare da sette legislature, è stato vice ministro e presidente della Regione siciliana, è una sorta di gemello del goal di Crisafulli e vale la pena di raccontare ai lombardi con il poster bus anche le sue ultime gesta.

Iniziamo da cosa dicono di lui i pentiti importanti, quali sono le sue azioni con cui liscia il pelo ai collusi con la mafia, cosa hanno accertato gli investigatori. Tutte cose pubbliche. Il principale dei pentiti siciliani dell’ultimo decennio, quel Maurizio Di Gati che ha contribuito a procurare la condanna a Totò Cuffaro ed è il testimone chiave nel processo contro il presidente Raffaele Lombardo, parla ampiamente e con riscontri di Capodicasa. Afferma, il pentito, che Capodicasa era ritenuto all’interno di Cosa Nostra “eventualmente a disposizione, una brava persona (per i mafiosi…)”, comunque un amico, e che era noto anche il canale all’interno delle cosche per avvicinare l’ex presidente della Regione e l’ex vice ministro Capodicasa. Dice Di Gati che per chiedere favori, lavori, appalti a Capodicasa il canale era quello del sindaco On. Calogero Gueli. Ed in effetti Gueli è stato rimosso per mafia, sono stati condannati in via definitiva per mafia il figlio e il genero, sono state comprovate le attività illecite e di collusione delle società di costui e dei congiunti mafiosi. Gueli scaricava su Capodicasa e i suoi uomini fior di voti di preferenza. Quando è morto Capodicasa ha partecipato, quale oratore ufficiale al primo lutto cittadino della storia di un sindaco rimosso per mafia con i figli in galera per mafia. E nella commemorazione ufficiale i carabinieri scandalizzati hanno registrato queste parole pronunziate solennemente da Capodicasa ad onore del defunto: “corvi, sciacalli e iene”.

Corvi, sciacalli e iene erano gli uomini dell’antimafia che avevano abbattuto il sistema illegale e di collusioni mafiosi della potentissima famiglia dei Gueli a Campobello di Licata. Secondo Bersani, Capodicasa sarà uno dei capolista del PD in Sicilia. Con buona pace del super poliziotto Attilio Brucato che in Tribunale ha ricostruito fior di incontri tra Capodicasa e uno dei grandi uomini della corruzione, con collusioni con i capi di Cosa Nostra, della realtà siciliana, l’imprenditore Gaetano Scifo. Scifo era stato arrestato con l’accusa di corruzione aggravata da mafia assieme al gotha della mafia agrigentina, fu poi condannato per fatti di corruzione per 45 miliardi di lire in combutta con i boss di Cosa Nostra. Appena scarcerato la Polizia scopre che partecipa a fior di incontri nella sede di Capodicasa con al centro una serie di interessi illeciti di Scifo relativi ai grandi centri commerciali (anche per questo Scifo è sotto processo).

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E se andiamo più lontani nel tempo va ricordato che Capodicasa, segretario regionale del PDS, scelse come sua segretaria particolare, ovvero sua ombra, per alcuni lustri, la moglie (e socia in affari loschi) di quel colluso, sopranominato Mister Miliardo, che già Pio La Torre aveva individuato come uomo marcio da cacciare dal Partito e che poi fu pure sospettato di essere uno dei possibili responsabili dell’omicidio La Torre in combutta con i suoi amici di Cosa Nostra.

Vorrei che Bersani comprendesse che io sono un vecchio compagno del PCI, sono tra quelli che hanno pianto innanzi al volto di Pio La Torre bucato dai proiettili di Riina. Sono tra quelli che ha conosciuto e apprezzato, anche nelle cene, grandi uomini come Paolo Borsellino. Di me, secondo il racconto di importanti pentiti, i vertici di Cosa Nostra hanno cominciato ad occuparsi, con riunioni ad hoc, nel 1993, quando dovevano impedirmi di essere eletto sindaco di Agrigento. Da ultimo, un altro pentito, ha raccontato di aver proposto lui al boss provinciale, Giuseppe Falsone, di “tapparmi la bocca” perché parlavo assai contro i mafiosi.

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Tutto questo è utile che Bersani lo sappia perché non mi fermerò: anche a costo di avviare un digiuno di protesta dentro il poster bus innanzi al comitato elettorale di Umberto Ambrosoli per ottenere da Ambrosoli una posizione netta per mettere fuori i collusi dalle liste dal Pd. Non solo in Lombardia ma anche in Sicilia.

Spero che anche Renzi legga questa mia nota e comprenda che i milioni di italiani che lo hanno votato attendono da lui una parola chiara anche e soprattutto su queste questioni del rinnovamento della politica: sarebbe paradossale non aver provocato la non-ricandidatura di Walter Veltroni, che ha denunziato queste porcate, e invece tacere di fronte alle sette legislature di Capodicasa e Crisafulli, e soprattutto sui fattacci collusivi immorali ed indecenti che abbiamo sopra documentato.

La responsabilità politica in Sicilia non esiste più. Ai tempi di Pio La Torre e di Berlinguer rendere note queste cose, accertare simili comportamenti, significava essere cacciati letteralmente a calci. Adesso vogliamo proprio vedere cosa succede portando un bel poster bus che ricostruisce questi fatti, persino con le foto del funerale con lutto cittadino del sindaco rimosso per mafia, al centro della antimafiosa Milano. Nel cuore della rossa Bologna. Io, il primo segnale a Bersani e ai suoi uomini l’ho dato: se insistono con gente simile i cittadini devono avere chiaro che i valori di Berlinguer sono stati buttati nel cesso. E a Bersani infine voglio ricordare la pubblica denunzia del suo predecessore Walter Veltroni: “la lotta alla mafia chiama in causa anche il Pd. in questi mesi ho taciuto di fronte a cose insopportabili. Il Pd va profondamente rinnovato al sud.”

Se Bersani vuole spiegato come si truccano le primarie, come si fanno votare i fantasmi, può leggere una mia ricostruzione documentata e d’annata sull’ultimo numero di Micromega del 2007.

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