La Sicilia tende a rendere, sempre, tutto più difficile. Evita le linee rette per congiungere due punti, preferisce ammalianti girigogoli. E’ un vizio. Vien fuori soprattutto in politica, e si vede in questa lunghissima e sfibrante fase: il tratto di strada che ha portato prima alla realizzazione del governo Lombardo, poi alla sua fine, quindi alla più vicina e travagliatissima scelta dei candidati. Stesse difficoltà a destra come a sinistra. Con qualche novità e con qualche anomalia. Ecco, le anomalie. Questa è un’altra caratteristica della politica in Sicilia, anomalie che hanno spesso fatto parlare di “Laboratorio Sicilia”. Senza aprire la storia, andiamo all’oggi.
Il 28 ottobre saranno in due a contendersi la Presidenza della Regione Siciliana, Rosario Crocetta e Gianfranco Miccichè. Si, probabilmente sulla scheda ce ne saranno altri, ma la sfida sarà a due. Il primo adesso è candidato del Pd – lui che dopo una militanza a Rifondazione era approdato appunto al Partito Democratico – ma, anomalia, era stato lanciato, o meglio rilanciato dall’Udc, il partito che fu di Cuffaro. Rilanciato perché Crocetta candidato lo è stato fin dal primo momento, con o senza il Pd, aveva detto anche in una nostra intervista. Il PD prima di ingoiare il rospo, ha spaziato in lungo e in largo alla ricerca di un candidato. Ad essere sinceri, quando ha visto che avrebbe perso la partita due volte, la prima contro Crocetta, la seconda con il candidato di centrodestra, si è guardato in faccia e con onestà e realismo ha scelto Crocetta.
Andiamo a Micciché. Lui presidente della Regione voleva diventarlo quando tutto era più facile e la macchina berlusconiana andava a gonfie vele. Sono passati alcuni anni, e ci riprova, ora leader di Grande Sud, forte di un rapporto sempre saldo con il Cavaliere che l’ebbe al fianco agli esordi della discesa in campo, e vincendo le ritrosie che esistono all’interno del gruppo dirigente del Pdl, soprattutto nella Sicilia orientale. Lui dice che in questi anni ha studiato la Sicilia, soprattutto i meccanismi che non la fanno crescere, ed ora si dice pronto. A Crocetta lo unisce l’idea che per rivoltare le cose si debba partire dal rovesciamento e dalla ricostruzione della macchina burocratica. I tempi di crisi incoraggiano scelte fatte con l’accetta.
Crocetta e Micciché, due candidature che dividono e che sono pensate per nuove alleanze o per ricomposizioni, come nel caso del secondo.
Crocetta candidato nasce nel segno di una piccola rivoluzione: si ritrova col partito che fu di Cuffaro e che adesso è nella mani di uomini nuovi che con Crocetta sono d’accordo nel mettere paletti rigidissimi a chi non ha le carte in regola con la giustizia e con la legalità, come il segretario regionale, D’Alia e il sindaco di Porto Empedocle, Firetto, felice che il nuovo possa partire dall’esperienza dei sindaci. E Crocetta a chi lo critica, come Fava (candidato) o come la Borsellino, avanza questo risultato per ribattere alle accuse di essersi schierato con chi ha determinato la sciagura dell’Isola. C’è da dire che a determinare gli umori in alcune forze politiche,c’è il peso grave dello sbarramento per entrare in Assemblea regionale, tema questo presente nei sogni, e negli incubi, di Sel.
Niente ideologismi e un patto antimafia, questa la road map di Crocetta. Chi ci sta, salga pure. E’questo il modo contemporaneo per dirsi di sinistra, dice in sostanza l’ex sindaco di Gela, che rivendica d’aver sfidato il potente boss Emanuello. E a dirlo è uno che per rivendicare la propria storia politica inciampa pure in qualche gaffe, come il riferimento a Renato Curcio per chi cerca candidati di sinistra, nel la sinistra vecchio modo di intenderla.
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Argomenti: pdl