È andato via a 93 anni un altro grande protagonista della storia della crescita, del progresso dell’industria italiana. Fausto Cereti è stato un’eccellenza di quell’Italia che ha creduto nel talento, nell’ingegno e nella grande professionalità. Un paese che dopo una guerra terribile ha saputo alzare la testa ed essere guida in Europa e nel mondo.
Fausto Cereti nasce a Genova nel 1931 laurea in Ingegneria meccanica ed aeronautica, figlio di Carlo Cereti, Rettore dell’Università di Genova negli anni 1948-1962, insignito di numerose onorificenze tra cui la medaglia d’oro ai benemeriti della scuola di cultura e arte, da giovane partecipò alla Guerra ’15-’18, ricevendo la croce di guerra al valor militare e rifiutò il giuramento di fedeltà alla Repubblica Sociale e per questo fu condannato a morte per aver firmato «l’appello antifascista dei 44».
Una famiglia in cui si respirava cultura e impegno. Cereti iniziò la sua carriera nel 1954 alla Fiat Avio come ingegnere aeronautico, nel ’60 diventa responsabile della programmazione, nel 1969 entra in Aeritalia con la carica di assistente del Direttore Tecnico Centrale, si trasferisce per qualche anno negli Stati Uniti a Seattle in una joint venture con la Boeing. Rientrato in Italia, dal 1973 al 1975 è stato direttore del gruppo Velivoli da Trasporto e vicedirettore generale fino al 1978, anno in cui ha assunto la carica di direttore generale fino al 1983 quando venne nominato vicepresidente. Dal 1985 ha ricoperto anche la carica di amministratore delegato.
Nel dicembre 1990 segue la fusione tra Aeritalia e Selenia e diventa presidente della nuova società Alenia. Nel 1996 passa in Alitalia come presidente, incarico che lascia nel 2003. Nello stesso anno, viene eletto presidente dell’Associazione Nazionale Vettori e Operatori del Trasporto Aereo (Assoaereo).
Una vita dedicata al suo lavoro, una missione e una fede incrollabile nel progresso e nello sviluppo industriale. Una figura di spicco del mondo dell’IRI prima e poi di Finmeccanica, di poche parole, grande chiarezza nell’esporle e determinazione nelle azioni. Sempre pronto all’ascolto e all’incontro. Testimone della storia industriale e politica di un’Italia in crescita e proiettata al futuro, sapeva incoraggiare i talenti e trovarne di nuovi con una visione chiara del ruolo del Paese che amava rappresentare. Una bandiera per lo sviluppo dell’aviazione italiana e un pioniere negli accordi europei e nella comprensione che uniti si possono fare grandi cose. Osservava tutti e sapeva comprendere i momenti e le situazioni, non perdendo mai i dettagli, una capacità di analisi e valutazione delle prospettive che ha reso all’Italia grandi meriti e grande prestigio.
Anche all’Alitalia seppe in particolare con Domenico Cempella instaurare un sereno confronto dialettico con i sindacati ed i dipendenti, tanto che negli ultimi anni è stato ricordato per la sua capacità di trovare soluzioni seppur nella fermezza di una politica manageriale attenta. In un’intervista di qualche anno fa dichiarò: “Quando dovevo iscrivermi all’università, mi domandavo se era possibile scegliere una disciplina che mi desse la possibilità di essere remunerato per svolgere un’attività che mi appassionasse; ho avuto la fortuna di vivere in un settore e di esercitare una professione che, sotto questo profilo, mi ha offerto grandi soddisfazioni: sono riuscito ad andare in pensione, dopo 48 anni e mezzo di lavoro, meravigliato che mi pagassero ancora lo stipendio, e ho continuato ad avere ancora delle soddisfazioni».
Raccontava la vicenda Alitalia con passione e anche con dispiacere, diverse le sue interviste sincere e dettagliate nel raccontare la privatizzazione e gli accordi mancati e l’ingresso della politica in quel mondo. Le sue parole rivelavano la saggezza che ho imparato a conoscere da vicino, la sua esperienza era un bene condiviso con chiunque avesse modo di parlare con lui. Era uno degli artefici e promotori di quell’intensa stagione di sviluppo dell’industria pubblica che in pochi decenni portò l’Italia, uscita distrutta dalla guerra, a figurare tra i primi Paesi più sviluppati del mondo.
Fausto Cereti era mio suocero, un secondo padre, una persona che sapeva raccontare ed insegnare, che sapeva rendere le cose complicate facili, un marito straordinario, un punto di riferimento per la sua famiglia e per gli amici. Negli anni non ha mai smesso di credere nell’Italia, nel progresso, nella pace e nella cooperazione. Ha girato il mondo ma aveva grande attaccamento per i luoghi di origine e per i luoghi che lo avevano reso felice. Era la mia bandiera tricolore, da lui ho imparato cosa significa essere italiana ed orgogliosa di esserlo. Lascia ai tre figli ed ai nipoti e pronipoti una grande eredità, lascia al nostro Paese grandi insegnamenti.
“Solo chi sogna può volare!”