Agrigento, la capitale della Cultura tradita
Top

Agrigento, la capitale della Cultura tradita

Si è consumato ieri l’ennesimo colpo di scena della travagliata, a dir poco, vicenda di Agrigento capitale italiana della cultura.

Agrigento, la capitale della Cultura tradita
Preroll

globalist Modifica articolo

25 Gennaio 2025 - 22.12


ATF

di Nino Cuffaro*

Si è consumato ieri l’ennesimo colpo di scena della travagliata, a dir poco, vicenda di Agrigento capitale italiana della cultura. Il prof Giacomo Minio, presidente della fondazione che deve sovrintendere e organizzare gli eventi del programma appena presentato, si è dimesso dal suo incarico, su invito del sindaco Franco Miccichè.

A sua volta, il sindaco era stato pesantemente redarguito dal Presidente della regione Renato Schifani, intenzionato ad assumere le redini dell’evento, dopo i tanti “infortuni” che ne hanno costellato il breve tragitto finora percorso. Esce così di scena, per “ragioni di avvicendamento politico” non meglio precisate, l’unico membro titolato presente nel consiglio di amministrazione della fondazione. Il prof. Minio, infatti, seduto accanto ad avvocati e financo ad un dermatologo, è docente in beni culturali, esperto di economia dell’arte e della cultura. Insomma, anche se la sua nomina è stata frutto di scelte politiche, era l’unico in quel contesto ad avere conoscenza della gestione di eventi culturali.

È bene chiarire che la fondazione non ha alcuna responsabilità sui disservizi e gli “incidenti” di queste ultime settimane, essendo limitato il suo compito solo alla organizzazione degli eventi del programma, la cui realizzazione è partita ufficialmente meno da meno di una settimana. Per essere ancora più chiari: non spetta certo alla fondazione l’organizzazione dei servizi al turismo, le indicazioni stradali, la manutenzione delle infrastrutture. Quindi, non è responsabilità della fondazione la sequela di infortuni (gli strafalcioni nella segnaletica, le infiltrazioni di acqua al teatro Pirandello, il maldestro rifacimento dell’asfalto di alcune vie con copertura dei tombini) che hanno fatto ridere l’Italia intera. 

Di sicuro la città non è stata preparata a questo evento straordinario del titolo di capitale italiana della cultura per il 2025. L’amministrazione comunale ha avuto tempo e denaro per intervenire sui temi cruciali che dovevano migliorare la nostra capacità di accoglienza e determinare una svolta nella qualità dei servizi pubblici, infrastrutturando meglio la città, che avrebbe beneficiato delle migliorie ben oltre la durata dell’evento. La nostra giunta, però, non ha definito una sola opera o servizio utile a migliorare l’accoglienza e la vivibilità della città. 

Leggi anche:  Ad Agrigento ora si cercano i tombini asfaltati

– Nessuna iniziativa sul fronte dei parcheggi. Restano incompleti, abbandonati e pieni di spazzatura i parcheggi di piazzale Rosselli e di contrada Cugno Vela. 

– Nessuno dei bagni pubblici è agibile. Ce ne sono diversi in centro (piazzale Francesco Taglialavoro, sottopassaggi di Piazza Marconi, salita Coniglio, Villa Bonifiglio) tutti chiusi per mancata manutenzione. Tre anni fa è stato annunciato con enfasi l’acquistato di due bagni autopulenti alla esosa cifra di 150.000 euro (importo sufficiente per recuperare tutti i bagni esistenti e da ristrutturare) ma nessuno sa che fine abbiano fatto. 

Mancano anche i punti informativi per i turisti. Il programma prevede la creazione, a partire dal mese di gennaio, di un “info point diffuso”, ma ad oggi non ce né traccia. 

-Non esiste alcuna formula promozionale per visitare con un unico biglietto tutti i musei, le aree archeologiche, e i monumenti della città: Valle dei Templi, museo Griffo, Mudia, Teatro Pirandello, museo della città (doveva essere ubicato nell’ex Collegio dei filippini, ma non è ancora pronto). Il biglietto cumulativo sarebbe uno strumento intelligente per incentivare i turisti a fermarsi in città per visitare oltre alla Valle anche il centro storico. 

–  Nonostante i continui proclami, restano chiusi importanti contenitori culturali che avrebbero potuto dare lustro alla città. Mi riferisco al museo civico di piazza Pirandello (chiuso da ben 58 anni) per il quale è stato perso un finanziamento di 1,5 milioni di euro per il completamento della ristrutturazione; l’ex Collegio dei Filippini, che fino a qualche anno fa ospitava la galleria civica di arte moderna; Palazzo Tommasi, ristrutturato per ben due volte negli ultimi 30 anni e mai aperto al pubblico; l’ex ospedale civico di via Atenea (dovrebbe diventare sede dell’Università) i cui lavori avrebbero dovuto essere ultimati da anni, ma è ancora in ristrutturazione. 

Non è stato previsto alcun piano di potenziamento del servizio di trasposto. Il comune ha prorogato lo scorso anno il contratto alla TUA (la stessa ditta da trent’anni) nonostante le tante contestazioni all’efficienza della ditta e, soprattutto, senza rivedere il servizio alla luce del maggior afflusso previsto per il 2025. Non si è presa neanche in considerazione l’idea di aumentare la frequenza delle corse e di istituirne delle nuove. Per esempio, tra il Villaggio Mosè, dov’è collocata la maggior parte degli alberghi, e il parco pirandelliano. 

Leggi anche:  Agrigento, Mattarella: “Cultura non è ammirazione di vestigia del passato ma alzare lo sguardo verso il domani”

Per quanto riguarda la pulizia e il decoro, la situazione è sotto gli occhi di tutti. Pertanto, è superfluo ogni commento.

Ma di cosa si sono occupati i nostri amministratori in questi quasi due anni di tempo, dalla proclamazione del marzo 2023 ad oggi? I cinque milioni stanziati dalla regione, a cui si sono aggiunte nel tempo altre risorse, non dovevano servire a rendere la città più organizzata ed accogliente? 

Ma oltre all’’impreparazione e alla conseguente disorganizzazione della città, ci sono altri due elementi che rappresentano un vero è proprio vulnus dello spirito che ha portato il progetto redatto da Roberto Albergoni a vincere il titolo di Capitale della Cultura per Agrigento. Il programma emblematicamente sì intitola “Il sé, l’altro e la natura” e individua i due aspetti fondamentali della candidatura di Agrigento nelle politiche di accoglienza ed integrazione dei migranti e nella tutela e valorizzazione dell’ambiente e del territorio. 

Il sé e l’altro 

Fin dalle prime pagine del programma, il senso dell’accoglienza viene evidenziato con forza e chiarezza: “L’accoglienza è ricerca dell’armonia…”, “L’altro, il diverso da noi, arricchisce la nostra comunità se questa sa essere accogliente”, “Nel confronto di culture …. la diversità emerge come valore”, etc. 

Questa premessa, però, finora non è stata rispettata. 

Pochi sanno che nostro comune è stato inserito dal governo nazionale nel programma ministeriale “Coopera”, il cui obiettivo è quello di potenziare l’offerta dei servizi delle amministrazioni pubbliche, aumentando la loro capacità di gestione e realizzazione di centri, progetti di accoglienza ed assistenza sociosanitaria rivolti ai cittadini migranti. In veste di partecipante il comune di Agrigento ha ricevuto un anticipo di 59.300 euro per l’elaborazione di specifici progetti di accoglienza e assistenza. Ma, il comune non si è attivato e dopo una specifica diffida ha dovuto restituire alcuni mesi fa il finanziamento ricevuto. Un altro fallimento per incapacità operativa o per precisa scelta politica di non attenzionare la situazione dei migranti?

Leggi anche:  Agrigento, Mattarella: “Cultura non è ammirazione di vestigia del passato ma alzare lo sguardo verso il domani”

Nel programma da svolgere nel 2025 è presente, con debutto nel mese di gennaio, il progetto Avenir, un catamarano progettato per il salvataggio in alto mare dove si afferma lo spirito di fratellanza e si pratica il multilinguismo, per venire incontro a chi cerca rifugio in Europa. Del catamarano, però, non c’è ancora traccia. L’iniziativa è, per così dire, in alto mare, ma solo in senso figurato.

La natura 

Quanto al rispetto della natura e alla valorizzazione dell’ambiente, i segnali che arrivano dalla nostra amministrazione sono tutti in controtendenza. Basti pensare allo scempio della Villa del Sole; allo stato di abbandono Parco del Parco Icori e al disinteresse che lo circonda; alla continua cementificazione dei terreni ancora liberi nelle zone di Zingarello e Cannatello; alla mancata redazione del nuovo piano urbanistico generale, che imporrebbe lo stop al consumo di suolo. Da segnalare, anche, che non si sa niente del punto del programma relativo alla costruzione del “Giardino della Pace”, inserito tra i progetti di terra, che dovrebbe sorgere a ridosso delle rovine del castello di Poggio Diana. Un progetto internazionale che vorrebbe omaggiare Caltabellotta come città della pace, in ricordo del trattato del 1302 che pose fine alla Guerra dei Vespri Siciliani. 

La sensazione netta è che la città sia arrivata a questo appuntamento assolutamente impreparata, incapace a cogliere la grande opportunità che le si è presentata, che tutto sia improvvisato, che non ci sia una guida capace e sicura del percorso da fare e dell’approdo da raggiungere. Sicuramente avremo più visitatori, molti operatori economici incrementeranno i loro affari, qualche politico avrà ben foraggiato le proprie clientele, ma la città probabilmente non conserverà alcun segno tangibile e duraturo di questo straordinario. 

*segretario cittadino Pd di Agrigento

Native

Articoli correlati