A Viterbo, gli uomini della polizia di Stato e poliziotti turchi hanno arrestato il boss della mafia turca Boyun Baris, cittadino turco di 40 anni.
Boyun sarebbe dietro a un agguato armato commesso lo scorso 21 marzo ai danni di un locale a Istanbul di proprietà del noto chef e macellaio dei vip turco, Salt Bae. «Hanno fatto una sparatoria, i ragazzi di Besiktas, già stavano cercando una scusa, gli ho detto `Fatelo´».
All’alba due uomini in motocicletta – come confermato dalla polizia turca – avevano sparato oltre colpi contro il ristorante. «L’acredine di Boyun» nei confronti di Salt Bae, con oltre 53 milioni di seguaci su Instagram, è spiegata dallo stesso quando, intercettato, definisce «Nusret il kebabbaro, il socio dei Sarallar», la nota organizzazione criminale rivale di quella del 39enne facente capo a Burhanettin.
Per il gip di Milano Roberto Crepaldi, accogliendo l’impianto accusatorio della pm Bruna Albertini, «appare evidente» che Boyun, 40 anni a giugno, «stia continuando dall’Italia», dove ritiene di aver trovato protezione, insieme ai suoi uomini, «una guerra per conquistare la supremazia su altri gruppi criminali che hanno infestato, a suo giudizio, lo stato turco, lotta che evidentemente non coinvolge solo l’aspetto criminale ma anche quello istituzionale, accusato di fiancheggiare e favorire altre organizzazioni». In questo quadro «gli attentati, gli omicidi, le gambizzazioni sono certamente funzionali a imporsi rispetto agli altri gruppi criminali ma anche a spezzare il legame esistente, sempre nell’ottica di Boyun, tra queste e lo Stato, orientando i comportamenti delle istituzioni e sostituendosi, evidentemente, a quei legami».