Nel trentesimo anniversario dell’omicidio di Don Peppe Diana da parte della Camorra, Don Ciotti – presidente di Libera – ha deposto una corona di fiori sulla sua tomba al cimitero di Casal di Principe. Il religioso ha quindi rinnovato un appello che ormai da anni porta avanti.
«Mi auguro che si arrivi alla beatificazione di don Peppe Diana perché il martirio è davanti agli occhi di tutti, la sua capacità di dire parole coraggiose e di denuncia ma anche di fare proposte e azioni partendo dalla parola di Dio; nella nostra mente e nei nostri cuori don Peppino è già santo».
Don Luigi ricorda i tempi in cui alla cerimonia di commemorazione di don Peppe «eravamo 4 gatti e sentivo interventi in cui non si riusciva a pronunciare la parola camorra, e che diventavano cerimonie molto sterili e noi non abbiamo bisogno di cerimonie. Negli ultimi anni ci sono stati invece momenti molto più attenti e molto più forti che ci ricordano che dobbiamo avere anche noi il coraggio di usare delle parole. Non dobbiamo dimenticarci però che nonostante le cose belle, importanti, positive, che si sono fatte in questi anni, la presenza seppur in forme diverse delle mafie è molto forte nel nostro Paese. Sparano di meno, sono meno appariscenti, ma hanno trovato nuove forme, sono globalizzati, usano le tecnologie e agiscono ad alti livelli».
Il vero problema, sottolinea don Luigi, «è che siccome ci sono stati notevoli cambiamenti, sta crescendo la percezione che vede la gran parte delle persone pensare che si passa dal crimine organizzato mafioso al crimine normalizzato, invece le mafie non sono una delle tante cose. La mafia – ripete – c’è ed è presente. Ci vuole una risposta collettiva alla peste mafiosa e alla peste corruttiva, abbiamo tagliato in questi anni la malaerba in superficie, ci si è occupati di sintomi, un grande lavoro lavoro di magistratura e forze di polizia, ma bisogna estirpare il male alla radice e per farlo c’è bisogno di politiche sociali, che vuol dire opportunità che si danno alle persone. Se la politica non fa questo non è politica ma è un’altra cosa».